Tre ragioni per cui le persone non credono nel Natale
“Anche gli atei amano il presepe!”
Avevo postato su Facebook quattro potenziali copertine per il mio nuovo libro sul Natale, nella speranza di ricevere commenti dai miei amici non credenti. Questo commento attirò la mia attenzione. L’amica che l’aveva postato è cresciuta in un contesto cristiano e ora è un’atea amorevole, generosa, allegra. Espone i suoi figli ad ogni tradizione religiosa possibile affinché diventino dei bravi cittadini del mondo. Ma nonostante tutto questo, ama il presepe.
A Natale abbiamo l’opportunità unica di interagire con amici e vicini di casa non credenti. Per molti, il Natale porta con sé sentimenti di nostalgia che scaldano il cuore. Per altri, suscita sentimenti di solitudine o sconforto. In entrambi i casi, questi sentimenti aprono uno spiraglio, una crepa, un buco della serratura attraverso cui possiamo far penetrare un po’ della luce del Vangelo. Ma per far questo, dobbiamo prendere in seria considerazione le ragioni per cui i nostri amici non credenti potrebbero essere piuttosto scettici riguardo la storia del Natale.
Ecco tre ragioni che le persone potrebbero avere per credere che la storia del Natale è inverosimile.
1. Gesù non è realmente esistito
Per alcuni non credenti, l’esistenza stessa di Gesù è in dubbio. La storia del Natale sarà anche carina (un mito per lo più innocuo su un bambino nato mentre gli angeli cantano) ma il loro presupposto è che, al di fuori della Bibbia che è di parte, non ci sia nessuna chiara evidenza che Gesù sia mai nato, men che meno da una vergine.
Quindi, esiste un vero dubbio di natura storica sull’esistenza di Gesù di Nazaret? No.
Come dice Bart Ehrman, uno studioso del Nuovo Testamento notoriamente scettico: “La realtà è che qualunque cosa si possa pensare su Gesù, egli è certamente esistito”. Come se non bastasse, Ehrman afferma che questa posizione “è sostenuta da praticamente ogni esperto di questo pianeta”. Sappiamo che Gesù è realmente esistito da evidenze esterne ai testi neotestamentari—da documenti scritti da persone che nemmeno amavano i cristiani. I loro scritti confermano i fatti basilari della vita di Gesù: che era un Rabbì ebreo del primo secolo che diceva di essere “il Cristo”, che fu condannato a morte sotto il governatore romano Ponzio Pilato, e che fu successivamente adorato dai suoi seguaci.
Questa ragione non dovrebbe più frapporsi tra il Vangelo e i nostri amici non credenti. Con delicatezza, dobbiamo abbattere questa barriera di cartapesta.
2. I Vangeli sono stati scritti troppo tardi per essere credibili
Ti ricordi fatti avvenuti 35-45 anni fa? A seconda della tua età, la tua risposta sarà una di queste tre:
“No, non sono ancora così vecchio”.
“Forse. Ho alcuni ricordi dei miei primi anni di vita che potrebbero anche essere accurati”.
“Certamente! Lascia che ti racconti quella volta in cui . . .”
Il Vangelo di Marco è stato scritto con ogni probabilità 35-45 anni dopo gli eventi in esso riportati. Abbiamo buone ragioni per credere che si basi sulle memorie di Pietro. I miei genitori si ricordano chiaramente eventi e conversazioni importanti dopo tutto quel tempo, tra cui il racconto della mia nascita. (È stato un parto molto veloce).
Il Vangelo di Giovanni, l’ultimo ad essere scritto, è stato probabilmente composto circa sessant’anni dopo la morte di Gesù, e ci sono buone evidenze per pensare che sia stato scritto da un testimone oculare della vita di Gesù. I miei nonni mi raccontano molte storie risalenti a così tanto tempo fa, compresa la volta in cui mia nonna entrò in travaglio quando era incinta di mia madre dopo che mio nonno la fece ridere troppo gettando un pan di zenzero troppo cotto contro il muro.
Gesù aveva scelto 12 discepoli il cui lavoro a tempo pieno era quello di viaggiare insieme al loro Signore e imparare i suoi insegnamenti. Come attori che imparano un copione, essi impararono le parole del loro Rabbì e osservarono le sue opere, e dopo la sua morte (o, come insistono i credenti, dopo la sua risurrezione) andarono in giro ad annunciare il suo messaggio e a raccontare le loro storie.
Gesù aveva anche molti altri seguaci, tra cui diverse donne che viaggiavano con lui sin dall’inizio del suo ministero pubblico. I quattro Vangeli del Nuovo Testamento furono scritti quando questi primi testimoni oculari cominciarono a morire. Era fondamentale che la loro testimonianza fosse conservata con accuratezza.
3. La nascita verginale è un mito
Per alcuni, credere in Dio appare ragionevole, ma credere a una nascita verginale soprannaturale è un po’ troppo —soprattutto perché il primo Vangelo (Marco) non dice nulla sulla natività di Gesù. Ma se c’è un Dio che ha creato l’universo, non è irrazionale pensare che egli potrebbe anche creare un essere umano in un modo unicamente soprannaturale. In realtà, sarebbe irrazionale pensare che non potrebbe farlo.
E anche se Marco, che è di gran lunga il Vangelo più corto, non comincia con la nascita di Gesù, esso dice sin dall’inizio che Gesù è il “Figlio di Dio” (Marco 1:1). Infatti, Marco ci dice che quando Gesù fu battezzato, una voce dal cielo dichiarò: “Tu sei il mio diletto Figlio; in te mi sono compiaciuto” (Marco 1:11).
Ma che dire della scienza moderna? Non ha forse escluso la possibilità di un miracolo come la nascita verginale? No. La scienza spiega il normale funzionamento della natura. I miracoli sono, per definizione, anomali. Alcuni dei massimi scienziati mondiali credono nella nascita verginale—non perché essi non comprendano come funziona la riproduzione umana, ma perché credono nelle affermazioni di Gesù su chi egli è e nelle testimonianze storiche su di lui.
E allora?
Molti non credenti hanno molte altre ragioni per rifiutare la storia del Natale: la delusione nei confronti della chiesa, la loro percezione dell’ipocrisia di noi cristiani, il conflitto tra la fede cristiana e diversi principi dei credi moderni occidentali.
Quest’anno, nel prepararci per il Natale, prepariamo noi stessi e le chiese che serviamo ad aprire le porte di casa e dei nostri cuori agli amici e ai familiari non credenti. Armiamoci di risposte alle domande che potrebbero farci, non per vincere una discussione, ma per preparare il terreno davanti a loro e invitarli in questo Natale.
Perché anche gli atei amano il presepe.
Rebecca McLaughlin ha un dottorato dalla Cambridge University e una laurea in teologia da Oak Hill Seminary di Londra. È l’autrice di The Secular Creed: Engaging Five Contemporary Claims (TGC, 2021) e Confronting Christianity: 12 Hard Questions for the World’s Largest Religion(Crossway, 2019). Puoi seguirla su Twitter, Instagram, o sul suo sito internet.
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