Quando la paura è peccaminosa

Tratti comuni della paura

Conosciamo tutti la paura. Quando hai paura, il tuo corpo reagisce: senti l’adrenalina scorrere mentre il tuo cuore batte a mille, il tuo respiro accelera e i tuoi muscoli si irrigidiscono. A volte può essere una cosa estremamente divertente: pensiamo alla scarica di adrenalina quando andiamo sulle montagne russe o assistiamo a una partita importante. A volte può essere un’esperienza terrorizzante, con il panico che ti attanaglia completamente, non riesci a pensare e non puoi fare altro che tremare, sudare e agitarti. Dietro a queste esperienze ci sono dei pensieri comuni. Le nostre diverse paure hanno tratti comuni, un DNA comune.

Tuttavia, è importante riconoscere che esistono diversi tipi di paura. La confusione su questo punto è pericolosa. Prendiamo ad esempio il modo in cui alcuni cristiani vedono la mancanza di riverenza e stupore per Dio nelle nostre chiese e pensano che la risposta consista nel rendere le persone spaventate da Dio. Come se il nostro amore per Dio avesse bisogno di essere mitigato dall’avere paura di lui.

La Scrittura parla in modo piuttosto diverso. Prendiamo, per esempio, Esodo 20, in cui il popolo d’Israele è riunito intorno al Monte Sinai:

Or tutto il popolo udiva i tuoni, il suono della tromba e vedeva i lampi e il monte fumante. A tal vista, tremava e stava lontano. E disse a Mosè: «Parla tu con noi e noi ti ascolteremo; ma non ci parli Dio, altrimenti moriremo». Mosè disse al popolo: «Non temete, Dio è venuto per mettervi alla prova, perché ci sia in voi timore di Dio, e così non pecchiate»”. (Esodo 20:18-20)

Qui Mosè fa un contrasto tra avere paura di Dio e temere Dio: coloro che lo temono non avranno paura di lui. Eppure egli usa la stessa parola “temere” per entrambi. Evidentemente c’è un timore di Dio che è desirable, e un timore di Dio che non lo è.

Diamo ora uno sguardo ai diversi tipi di timore di Dio che incontriamo nella Scrittura.

Paura peccaminosa

Il primo tipo di timore di Dio è condannato dalla Scrittura. Sono stato tentato di chiamarlo “timore sbagliato”, ma c’è un senso in cui è giusto per i non credenti avere paura di Dio. Il Dio santo è terribile per coloro che sono lontani da Lui. La chiamerò invece “paura peccaminosa”, perché è una paura di Dio che deriva dal peccato.

Questa paura peccaminosa di Dio è il genere di paura che Giacomo dice che i demoni hanno, dal momento che essi credono e tremano (Giacomo 2:19). È la paura che ebbe Adamo quando peccò e si nascose da Dio (Genesi 3:10). La paura peccaminosa ti porta lontano da Dio. Questa è la paura del non credente che odia Dio, che teme di essere smascherato come peccatore e perciò fugge da Dio.

Questa è la paura di Dio che è in contrasto con l’amore per Dio. È la paura radicata nel cuore stesso del peccato. Temendo e ritirandosi da Dio, questa paura genera il dubbio che razionalizza l’incredulità. È il motore dell’ateismo e dell’idolatria, che induce le persone a inventare “realtà” alternative al posto del Dio vivente. Prendiamo, per esempio, lo scomparso Christopher Hitchens, uno dei “quattro cavalieri” del “Nuovo Ateismo” dell’inizio del ventunesimo secolo. Hitchens amava descriversi come un “antiteista” perché era contrario alla possibilità stessa dell’esistenza di Dio. Ma questo anti-teismo, lo disse chiaramente, era motivato dalla paura di Dio. Intervistato da Fox News su che cosa pensasse riguardo alla possibilità dell’esistenza di Dio, egli rispose:

Penso che sarebbe alquanto orribile se fosse vero. Se ci fosse una supervisione e sorveglianza divina permanente, totale, ininterrotta di tutto quello che fai, non avresti mai un momento quando sei sveglio o dormi in cui non sei osservato, controllato e vigilato da una qualche entità celeste dal momento del tuo concepimento al momento della tua morte. Sarebbe come vivere in Corea del Nord.1

Fraintendere Dio

Hitchens ha tragicamente frainteso Dio e perciò aveva paura di Dio. L’esperienza di Christopher Hitchens dimostra che questa paura peccaminosa che fugge da Dio nasce in buona parte da un’errata comprensione di Lui. Il servitore infedele nella parabola di Gesù delle dieci mine manifesta esattamente questo problema quando si lamenta ingiustamente con il suo padrone: “Ho avuto paura di te che sei uomo duro” (Luca 19:21). Egli non vede nulla della bontà del suo padrone: nella sua miopia il grand’uomo è solo avaro e severo, e perciò il servitore è semplicemente impaurito.

Questa è la cecità che Satana ama infliggere alla nostra concezione di Dio. Satana vorrebbe presentarci Dio come una pura minaccia, perché quando percepiamo Dio in quel modo, fuggiremo da lui spaventati.

Eppure, anche se questa paura porta gli uomini lontano dal loro Creatore, non sempre li porta lontano dalla religione. Avendo presentato Dio come un essere duro e tremendo, questa paura conferisce alle persone la mentalità di uno schiavo che obbedisce in modo riluttante al suo padrone non per amore ma unicamente per paura della frusta. Per timore servile, gli uomini compiranno doveri di ogni tipo pur di placare un Dio che segretamente disprezzano. Agli occhi del mondo possono apparire come cristiani devoti ed esemplari, sebbene alquanto privi di gioia.

Il terrore della santità 

Un altro componente di questa paura peccaminosa è il timore di dover abbandonare il peccato, o quello che potremmo chiamare il terrore della santità. C. S. Lewis esplorò tale idea nel suo libro Il grande divorzio, una storia che ha inizio nella città grigia (l’inferno). Sebbene tutti lì hanno paura del buio, pochi osano salire a bordo dell’autobus che porta in cielo, perché hanno ancora più paura della luce. Anche se le tenebre li avvolge di orrori indescrivibili, la luce è più spaventosa perché li smaschera.

Quando l’autobus arriva nella splendente bellezza dei prati celesti, una delle anime spettrali dell’inferno grida: “Non mi piace. Mi infastidisce!”2 Poi arrivano le persone solide, gli abitanti del cielo, a cui scrive Lewis, “due degli spettri urlarono e corsero verso l’autobus”.3 Il loro splendore è terrificante per i raggrinziti spettri dell’inferno.

“Vattene via!” strillò lo Spettro. “Vattene via! Non vedi che voglio restare da solo?”

“Ma ti serve aiuto”, disse il Solido.

“Se ti resta ancora una minima traccia di buon sentimento”, disse lo Spettro, “stai lontano. Non voglio aiuto. Voglio essere lasciato solo”.4

La paura, per gli spettri, consiste nel rendersi conto che per dimorare in cielo devono rinunciare alla loro “dignità” o autonomia, alla loro miseria, alla loro rabbia, alle loro lamentele. Essi non possono immaginare di vivere senza le cose che li deformano e gli impediscono di essere felici, e tremano davanti alla prospettiva della liberazione e della purificazione. La loro paura è una lotta contro la gioia. È una paura della luce e un rifiuto di abbandonare le tenebre.

Sono la ricchezza e l’energia della pura vita del cielo ad essere così insopportabili e spaventevoli per gli spettri. Farebbero qualunque cosa pur di evitarlo. I peccatori preferiscono le loro tenebre e catene alla luce e alla libertà del cielo, e pertanto essi hanno il terrore della sua santità.

Paura peccaminosa nei cristiani

Purtroppo, i cristiani non sono immuni a questa paura peccaminosa. Scarso insegnamento, momenti difficili e le accuse di Satana possono alimentare questa paura servile di Dio. Quale erbicida possiamo usare? È opera del diavolo promuovere una paura di Dio che rende le persone spaventate da Dio per far desiderare loro di fuggire via da Lui. L’opera dello Spirito è l’esatto contrario: produrre in noi un meraviglioso timore che ci conquista e ci attira a Dio.

Note:

  1. Christopher Hitchens, intervista su Hannity & Colmes, Fox News, 13 Maggio 2007.

  2. C. S. Lewis, Il grande divorzio (Jaka Book, 1979), 17.

  3. Ibid., 18.

  4. Ibid., 46-47.


Michael Reeves (PhD, King’s College, Londra) è presidente e professore di teologia presso Union School of Theology a Bridgend e Oxford, Regno Unito. È l’autore di Delighting in the Trinity; Rejoicing in Christ e La fiamma inestinguibile. Alla scoperta del cuore della Riforma (Coram Deo, 2019).

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