Perché le persone negative hanno bisogno della controversia
Nel romanzo di Walter Percy, L’uomo che andava al cinema, il protagonista Binx Bolling fa questa riflessione:
Ogni volta che mi sento triste, vado in biblioteca e leggo riviste polemiche. Non sono né un liberale né un conservatore, nondimeno l’odio che gli uni portano nei confronti degli altri mi fa sentire vivo. In verità, questo odio mi appare come uno dei pochi segni di vita rimanenti al mondo. Questa è una delle tante cose al mondo ad essere sottosopra: tutte le persone amichevoli e amabili mi sembrano come morte; solo quelle che odiano mi appaiono vive.
In questo paragrafo, Percy potrebbe aver riassunto la sua epoca, ma sicuramente ha riassunto anche la nostra.
Per certo le controversie sorgono in ogni epoca, dal momento che le persone hanno opinioni divergenti su questioni importanti, e a volte sono persino in disaccordo sull’effettiva importanza di tali questioni. Ma la Scrittura parla ripetutamente di coloro che hanno quello che l’apostolo Paolo chiama “un interesse morboso in questioni e dispute di parole” (1 Timoteo 6:4, Nuova Diodati). Naturalmente, Paolo era più che disposto a dire la sua nelle controversie, dal resistere a Pietro per essersi rifiutato di mangiare con i Gentili al tono appassionato di alcune lettere ai Corinzi.
Ma questo era diverso dal desiderio delle contese per amore dalle controversie, come l’amore coniugale lo è da un’orgia. Infatti, le contese da cui Paolo ci mette in guardia hanno la stessa origine delle orge, le “opere della carne” (Galati 5:17-21). E senza il ravvedimento, contese e immoralità sessuale conducono alla stessa fine: condanna e morte (Galati 5:21). Quelli che sollevano continuamente “questioni stolte” devono essere corretti e, se non rispondono alla correzione, devono essere considerate persone traviate che si condannano da sé (Tito 3:9-11).
Il servo del Signore, invece, deve “fuggire le passioni giovanili” ed evitare le “dispute stolte e insensate, sapendo che generano contese” (2 Timoteo 2:22-23). Di nuovo, vediamo l’immoralità sessuale legata al desiderio pugilistico di litigare.
Perché succede?
Zelanti per il passatempo del pettegolezzo
Nel corso degli anni ho visto cristiani impegnarsi nella controversia quando essa si era resa necessaria, e ho osservato il modo in cui quelli che sono simili a Cristo tra di essi molte volte lo fanno con un sentimento di amore per il bene, e per il bene di quelli che ritengono essere in errore, non per amore della guerra fine a se stessa. E ho visto quelli che ritenevo essere “zelanti per la verità” col tempo dimostrarsi essere zelanti semplicemente per sentirsi zelanti. Questi ultimi erano quelli che combattevano quasi per ogni cosa. Con il passare degli anni, ho scoperto che molte di queste persone nascondevano ferite profonde e spesso peccati scandalosi. Un pastore anziano mi disse: “Niente rende le persone più arrabbiate verso gli altri che la vergogna per se stesse”. Questo si è dimostrato essere vero innumerevoli volte.
Ma la vita dell’uomo che andava al cinema di Percy è altrettanto illuminante. Senza la vita data dallo Spirito, una persona cercherà il senso della vita nelle sensazioni. Questo è il tipo di vita che un romanziere non credente ha paragonato alla scossa elettrica che fa saltare la zampa di una rana morta. Spesso, la litigiosità non è altro che un tentativo disperato di trovare uno scopo o un motivo per sentirsi importanti o per dare una risposta alla noia che attanaglia la vita di tutti i giorni.
Un altro pastore anziano, ora con il Signore, anni fa mi disse quanto fosse frustrante che le persone andassero da lui e gli dicessero: “È davvero orribile quello che il tal dei tali sta dicendo su di te... ” o “Sul tuo sermone della settimana scorsa... ” e così via. Egli mi disse:
Non che non me ne importi. È che me ne importa troppo, e cerco di non farci caso. È irrilevante nello schema della vita, ma mi induce a trovare il mio valore nell’approvazione altrui anziché nell’obbedienza a Cristo, e mi impedisce di amare le persone che dicono quelle cose come voglio amarle. Potrei amarle molto più facilmente se non sapessi quello che dicono.
Gli chiesi come mai la gente continuasse a riferirgli quello che gli altri dicevano. “Beh, alcuni di loro pensano che io vorrei saperlo, vogliono farmi sapere che sono con me e che stanno pregando per me”, egli disse. “Ma molte volte è solo la natura umana. Il pettegolezzo è piacevole, e fare pettegolezzi sui pettegolezzi lo è ancora di più perché ti fa spettegolare pur fingendo di non farlo”.
Fece una breve pausa e disse: “Ma più che altro, è intrattenimento. Per molta gente, questi drammi, che siano nel loro posto di lavoro, nel loro vicinato o nella loro chiesa, sono soltanto una specie di telenovela”. Poi alzò le spalle e sorrise, e tornò a fare quello che stava facendo: andare all’ospedale a visitare gli ammalati.
Penso spesso a lui, e mi chiedo che cosa avrebbe fatto con i social media.
Di nuovo, a volte sorgono delle dispute, e a volte queste controversie sono necessarie per essere fedeli allo Spirito. Ma proprio come una persona coinvolta nell’immoralità sessuale può sempre convincersi che il suo è un caso speciale di “amore”, “anime gemelle” o “destino”, la persona che ha un desiderio malsano per la controversia può sempre convincersi di essere un guerriero per Cristo, e non di essere uno schiavo delle proprie passioni.
Compassione per chi è intrappolato nel peccato
Sapendo questo, è necessario avere compassione per chi è perennemente dedito alla controversia. Non lo fa da una posizione di forza, al contrario. Avere questa compassione non significa mettere tali persone in ruoli di leadership o permettere loro di dettare il corso di una conversazione; sarebbe una cosa poco amorevole e controproducente, come incaricare un alcolizzato a distribuire opuscoli evangelistici al night club del quartiere. La compassione dovrebbe tuttavia indurci ad amarli e a pregare per loro, pur rifiutandoci di assecondare il loro desiderio malsano di controversia per amore della controversia. Si può vedere il risultato finale di questo tipo di vita nella persona piena di rabbia e amarezza che, come un nostalgico della Guerra Civile che vuole tenere vive alcune memorie del passato, cerca di riprodurre la caccia alle eresie che una volta lo faceva sentire vivo e apprezzato. Tutto mentre cerca di convincere se stesso e gli altri che sta “difendendo la verità”, quando sta solamente difendendo se stesso. Egli ha cercato di controllare gli altri con l’intimidazione e la paura, ma queste armi non funzionano più e quello che non era mai stato in grado di dare o di ricevere era amore.
Lo Spirito, del resto, ci rende conformi a Cristo, unendoci a lui e rendendoci simili a lui. Gesù era certamente polemico, ma le sue controversie non nascevano a causa del suo tribalismo, ma a causa del suo rifiuto di piegarsi al tribalismo (Matteo 21:45-22:22; Luca 4:26-28; 19:7). Inoltre, se si guarda alle controversie suscitate da Gesù, è singolare il fatto che in poche di esse egli disse la propria su quello che le persone intorno a lui stavano già discutendo e di discussioni in corso ce n’erano parecchie.
Gli zeloti erano contro gli erodiani, i sadducei contro i farisei, e così via. A volte Gesù rispose alle loro domande polemiche, e a volte non lo fece, sapendo che volevano soltanto litigare anziché affrontare realmente la verità. A dire il vero, egli fece nascere controversie su questioni che non erano state sollevate a quel tempo: se il tempio fosse effettivamente una casa di preghiera per tutti i popoli; se il piano di Dio si estendesse ai Gentili; se il Figlio dell’uomo sarebbe stato crocifisso.
Nelle rare occasioni in cui vediamo Gesù adirato, non lo è mai per proteggere il suo senso di valore, mai per indignazione per una cosa detta in modo da essere accettato da una tribù, e certamente mai per ottenere potere. La sua ira non era mai litigiosa, mai animalesca, mai dalle opere della carne. È il diavolo che ha “gran furore, sapendo di aver poco tempo” (Apocalisse 12:12). Il diavolo è un animale in trappola, non un pastore né un agnello.
La noia e la mancanza di vita che portano a litigare per amore del litigio può voler dire che, alla fine, l’unica cosa che trovi interessante è la controversia, anche se ti porta ad aver ragione. Questo non porta a nulla di buono, solo al genere di atteggiamento che attende ansiosamente l’opportunità per cogliere gli “oppositori” in fallo. Gesù dovette sopportare questa mentalità rivolta contro di lui (Matteo 22:15), ma non si adeguò mai ad essa.
In tempi come questi, si è spinti a lasciare alle anime ferite sempre in cerca di liti di dettare l’agenda, alla quale poi si deve rispondere. Ci saranno sempre persone che diranno ai leader: “Qualcuno sta dicendo questo; devi rispondere”. Questo vuol dire che la risposta ad ogni incendio è la benzina. Eppure nella Scrittura, Gesù tante volte si allontana sia dall’adulazione della folla (Giovanni 15) sia dalla volontà di contesa di altri (Matteo 26:51-56).
Allontanati dalle questioni stolte
L’apostolo Paolo invocava una forma di controversia per affrontare quelli che sollevavano controversie “stolte”: “Ammonisci l'uomo settario una volta e anche due; poi evitalo” (Tito 3:10). Questo è un genere molto diverso di controversia: inizia con mansuetudine e ragionevolezza, e finisce con l’allontanarsi dalla persona anziché mettersi a litigare con l’altra parte. In un certo senso, questo è uno svantaggio per chi cerca di essere simile a Cristo, ma è lo stesso tipo di “svantaggio” che hanno le persone durante il pranzo del Ringraziamento che non brandiscono armi da fuoco e rovesciano i mobili per avere ragione. Certo, quelli che sparano attraverso il cartongesso e urlano bestemmie avranno probabilmente “l’ultima parola”, ma vorresti essere al loro posto? No. La tua considerazione conclusiva sarebbe: “Il prossimo anno dovremo portarci più cocaina e armamenti, se vogliamo farci ascoltare”? No. Quello che diresti è: “Questo è disfunzionale. Il prossimo anno andremo al Ringraziamento da un'altra parte, anzi, ce ne andiamo adesso”.
Anni fa, Mark Noll scrisse sullo “scandalo della mente evangelica”. Lo scandalo era che di mente non ce n’era molta. Forse ora lo scandalo è quello del sistema limbico evangelico, nel senso che il sistema limbico è tutto quello che ci è rimasto.
A volte dobbiamo essere pronti a “dire la nostra” in una controversia, ma spesso quello che serve è qualcuno che stimi di più la propria anima rispetto all’avere qualcosa da dire. Per quanto riguarda quelli che si sentono vivi solo se litigano, il modo per vincere non è vincere al loro gioco, ma giocare un gioco completamente diverso.
Russell Moore (MDiv, New Orleans Baptist Theological Seminary; PhD, The Southern Baptist Theological Seminary) è il presidente della commissione per l’etica e la libertà religiosa della Southern Baptist Convention e membro del consiglio direttivo di The Gospel Coalition. Ha scritto molti libri, tra cui Onward: Engaging the Culture without Losing the Gospel (2015), The Storm-Tossed Family: How the Cross Reshapes the Home (2018), e Courage to Stand: Facing Your Fear Without Losing Your Soul (2020). Lui e sua moglie, Maria, sono genitori di cinque figli.
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