Perché i pastori devono essere molto di più che dei professionisti
Diventare simili a Dio
La conoscenza di Dio che conduce al timore del Signore non è una conoscenza sterile. Coloro che temono Dio imparano a conoscerlo così bene che essi diventano realmente santi, fedeli, amorevoli e misericordiosi come Lui. La fedeltà di Abramo a Dio nell’offrire suo figlio Isacco, per esempio, era una prova che egli temeva Dio (Genesi 22:12). Come un fuoco che arde nel cuore, il timore del Signore ha un effetto purificante: “Con il timore del Signore si evita il male” (Proverbi 16:6; vedi anche Esodo 20:20). Distrugge i desideri peccaminosi e alimenta quelli santi. E la parola “desideri” qui è fondamentale, perché il timore del Signore non trattiene i credenti dal peccato nel senso che ci induce semplicemente a modificare il nostro comportamento per paura di una punizione. Ma ci porta ad adorare Dio, e così a odiare il peccato, e a desiderare di essere simili a Lui in ogni cosa.
Diventare simili a Dio significa diventare felici. Dopotutto, Dio è il Dio “beato” o felice (1 Timoteo 1:11). Lo Spirito che ci è stato dato è lo Spirito del timore del Signore, che ci porta a condividere il diletto di Cristo nel timore del Signore (Isaia 11:2-3). Temere Dio significa entrare in questa benedetta vita divina. Verrebbe naturale aspettarsi che il timore di Dio ci renda cupi e seriosi, ma è l’esatto contrario. Diversamente dai nostri timori peccaminosi, che ci rendono irrequieti e tetri, il timore di Dio ha un effetto profondamente esaltante: ci rende felici. E come potrebbe non averlo dal momento che ci porta a conoscere questo Dio?
Credenti dal cuore grande
Notiamo, per esempio, che “il timore del Signore” e “la consolazione dello Spirito Santo” sono associati nella vita della chiesa primitiva: “Così la chiesa, per tutta la Giudea, la Galilea e la Samaria, aveva pace, ed era edificata; e, camminando nel timore del Signore e nella consolazione dello Spirito Santo, cresceva costantemente di numero” (Atti 9:31). Temere Dio significa conoscere la consolazione dello Spirito e la felicità e la soddisfazione di Cristo in Dio.
Oltre a renderci felici, il timore del Signore allarga i cuori dei credenti, rendendoli come quello di Dio. Pensiamo alla bellissima storia del profeta Abdia, ai giorni di Elia:
La carestia era grave in Samaria. E Acab mandò a chiamare Abdia, che era il sovrintendente del palazzo. Abdia era molto timorato del SIGNORE; e quando Izebel sterminava i profeti del SIGNORE, Abdia aveva preso cento profeti, li aveva nascosti cinquanta in una spelonca e cinquanta in un'altra, e li aveva nutriti con pane e acqua. (1 Re 18:2-4)
Lungi dal rendere Abdia egocentrico e insensibile, il timore di Dio lo rese profondamente generoso e pieno di compassione nei confronti di quei profeti braccati e bisognosi, perché il timore del Signore è l’esatto contrario di un cuore indurito. Infatti, Proverbi 28:14 contrappone intenzionalmente i due cuori:
Beato l'uomo che è sempre timoroso! Ma chi indurisce il suo cuore cadrà nella sfortuna.
Questo cuore tenero e generoso verso gli altri in realtà è un cuore che trabocca a causa di un amore preesistente: il nostro cuore tenero e affettuoso verso Dio. Questo significa che quelli che temono Dio hanno, per usare un’altra parola spesso fraintesa, un cuore geloso per Dio. Charles Spurgeon spiegò:
È una delle verità più solenni nella Bibbia: “Io, il Signore, il tuo Dio, sono un Dio geloso”. Era prevedibile, perché un grande amore ha sempre un pericoloso vicino chiamato gelosia che abita non troppo lontano. Quelli che non amano, non provano nessun odio, nessuna gelosia, ma laddove c’è un amore intenso e infinito, come quello che arde nel cuore di Dio, deve esserci gelosia.1
Una giusta gelosia
Questa giusta gelosia non va confusa con l’invidia egoistica: questo è un amore che non abbandonerà l’amato né si accontenterà di sostituti. Come Dio Padre è geloso del Suo amato Figlio, e come Cristo è geloso della Sua sposa, la Chiesa, così pure coloro che temono Dio provano in se stessi una gelosia d’amore per Dio. Essi diventano gelosi nello stesso modo in cui Egli è geloso. Essi lo adorano, perciò non possono sopportare che la Sua gloria venga diminuita o derubata da idoli o da persone. La falsa dottrina li infastidisce, non perché essa contraddice le loro opinioni ma perché mette in dubbio Lui. Il moralismo religioso diventa ripugnante per loro perché esso deruba la gloria della Sua grazia.
Poi, da questo cuore sensibile che apprezza Dio in tutta la sua gloria cresce un’altra delle qualità di Cristo: l’umiltà. “Non insuperbirti, ma temi”, scrisse Paolo (Romani 11:20), perché tremare per lo stupore davanti a Dio impedisce a una persona di confidare in se stessa. Questa è la chiave della vera umiltà, che non consiste tanto nel cercare di pensare meno a se stessi, quanto nel meravigliarsi di più davanti a Lui. Un vero e felice timore di Dio eclissa il proprio io. In altre parole, è l’antidoto all’orgoglio e alla mancanza di preghiera che nasce dall’orgoglio. Quando Dio è così meraviglioso ai nostri occhi da portarci a rallegrarci e tremare, non possiamo fare a meno di lodarlo e di abbandonarci a Lui e dipendere da Lui in preghiera. È impossibile considerarci grandi o auto-dipendenti. Non solo, ma questo timore ci livella e ci unisce come chiesa. Alla luce della magnificenza misericordiosa di Dio, davanti a Lui siamo tutti allo stesso livello come mere creature e peccatori. Questo timore non ammette vanto davanti a Dio, e perciò non ammette nessuna élite e nessun credente di serie B nella chiesa. E poiché questo timore è un’adorazione amorevole, esso lega insieme tutti coloro che sono sullo stesso livello davanti a Dio. Il timore ci riunisce nella comunione calorosa e umile di un amore condiviso.
Gioioso, amorevole, umile e geloso per Dio, il giusto timore di Dio fa la differenza tra una religiosità vuota e diabolica e la fede che ci rende meravigliosamente simili a Cristo. Fa anche la differenza tra ministeri vuoti, avidi, professionalizzati e ministeri che portano vita di persone integre che si dilettano in Dio e sono soddisfatte in Lui.
Note:
C. H. Spurgeon, “Godly Fear and Its Goodly Consequence”, in The Metropolitan Tabernacle Pulpit Sermons, 63 vols. (London: Passmore & Alabaster, 1855–1917), 22:233.
Michael Reeves (PhD, King’s College, Londra) è professore di teologia presso Union School of Theology a Bridgend e Oxford, Regno Unito, di cui è anche presidente. È l’autore di Delighting in the Trinity, Rejoicing in Christ e The Unquenchable Flame.
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