Pastori, scegliete di essere grati invece di mormorare

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Stai vivendo un anno difficile?

Quando i membri di chiesa scelgono il conflitto al posto della riconciliazione, mostrano più entusiasmo per la politica che per il discepolato, danno più peso all’opinione improvvisata di un opinionista che alle tue convinzioni ben ponderate, si lasciano ingannare dal peccato invece di seguire la Scrittura, rifiutano il consiglio degli amici per seguire idoli che portano alla rovina, trovano il tempo per attività scolastiche ed eventi sportivi ma saltano gli incontri di chiesa, e criticano la tua leadership per le decisioni che hai preso di recente, lamentarsi per queste rimostranze e per questi pesi appare naturale.

Non sei il solo. La tentazione a mormorare contro la chiesa mette a dura prova tutti i pastori. Ma non restare bloccato lì. Stai attento a non abituarti ad avere un atteggiamento irritato nei confronti del popolo di Dio.

L’esempio di Mosè

Mosè non ha fatto il pastore, ma ha guidato il popolo di Dio. Come te, sapeva che cosa voleva dire guidare pecore che mordono, scalciano e si allontanano dal gregge. Quindi probabilmente puoi capire perché a volte era abbattuto o perché distrusse le tavole di pietra. Forse non farai mai quello che Mosè ha fatto, ma puoi capire come è arrivato a farlo.                                                                                                                                               In Numeri 11, c’è già una lite tra Mosè e Israele. Israele dava regolarmente voce alle sue critiche contro l’operato di Mosè, contro la sua guida e la sua competenza, e Mosè cadde in preda all’ira a causa della loro ostinazione.

Durante una prova nel deserto, un gruppo di persone scontente chiamate in modo appropriato “accozzaglia” (Numeri 11:4) sparse in giro le proprie lamentele e provocò una divisione che si estese come un cancro. Si lamentavano di come le cose fossero migliori quando avevano una leadership diversa. Nonostante il favore di Dio su Mosè fosse evidente, lo volevano rimuovere dalla sua posizione. Avrebbero preferito servire il Faraone come schiavi che seguire Mosè come uomini e donne liberi. (Fortunatamente per Mosè, email, petizioni online e social media non esistevano).

I continui lamenti alla fine schiacciarono Mosè. Egli reagì mormorando contro le persone che Dio aveva affidato alle sue cure (11:11–14). Chiese a Dio perché gli fosse capitato un popolo del genere. Era irritato ed esasperato. L’amarezza stava mettendo radici sempre più profonde. Il divario tra leader e seguaci si era ampliato, e il peso della responsabilità nel ministero sembrava troppo grande da portare.

Ogni pastore conosce la tentazione a concentrarsi sui problemi della sua chiesa. Possiamo gravitare attorno alle persone difficili e ai problemi che ci scoraggiano. Quando facciamo così, o perlomeno quando rimaniamo lì, la nostra fiducia in Dio inizia a indebolirsi, e il nostro amore per le persone si affievolisce. Dopo un po’ ci viene l’esaurimento––o forse tagliamo i ponti con le persone––perché serviamo con un atteggiamento di irritabilità piuttosto che di grazia.

L’esempio di Paolo

Paolo non era al riparo da situazioni o persone difficili. S trovò faccia a faccia con i falsi insegnanti, sperimentò l’apostasia e il tradimento, conobbe la calunnia e il pettegolezzo, affrontò il conflitto e la divisione. La gente metteva in dubbio il suo apostolato, preferiva altri leader e parlava male della sua autorità e dei suoi doni.

Ma quello che emerge dalle lettere di Paolo è il modo in cui egli sceglie continuamente la gratitudine invece del mormorare. Egli vegliava su congregazioni peccaminose e membri di chiesa imperfetti, ma questo non oscurava l’opera buona di Dio. Tenendo sempre i suoi occhi sui doni buoni e sulla crescita, egli trovava motivi per ringraziare.

Un esempio viene da Colossesi. Paolo dice che quando pensa a questa chiesa, ringrazia Dio per essa (Colossesi 1:3). Non vorresti che questo fosse vero anche del tuo modo di pensare nei confronti della tua chiesa?

Al primo posto nella mente di Paolo non c’è la falsa dottrina, le divisioni nella chiesa o le dannose pratiche ascetiche. Paolo affronta queste questioni successivamente, per cui non è che le ignori. Ma il suo primo pensiero è la gratitudine. La sua reazione istintiva quando pensa alla chiesa è la celebrazione e non il lamento.

Egli ringrazia Dio per la fede, l’amore e la speranza prodotte dallo Spirito (1:4–5). Egli rende grazie per come il vangelo di Gesù trasforma degli estranei in membri della famiglia (1:2), dà loro un’eredità eterna (1:5), e fa crescere un frutto che si diffonde nel mondo (1:6). Nessuna di queste cose è opera loro o opera di Paolo; è opera di Dio. Paolo sa questo, ed è grato per le cose piccole e grandi che Dio sta compiendo in mezzo a loro.                                                       Paolo può assumere un atteggiamento di gratitudine a Dio per una chiesa imperfetta perché crede che in ultima analisi è Dio il responsabile del benessere della chiesa. Certo, Paolo ha un ruolo in tutto questo. Certo, egli incoraggerà e ammonirà, insegnerà e avvertirà (1:28). Ma la chiesa è la sposa di Cristo solo. L’opera buona iniziata in loro è un’opera che Dio porterà a termine nella sua fedeltà (Filippesi 1:6). Paolo non mette tutto il peso della loro crescita, salute o perseveranza sulle sue spalle. Egli avverte un giusto di responsabilità e fa tutto quello che può per pascere la chiesa, ma la affida a Dio e lascia che sia lui a portare questo peso.

Il ringraziamento allarga la nostra prospettiva. Anche se è facile concentrarsi su difetti, fallimenti e frustrazioni che portano allo scoraggiamento, scegliendo di ringraziare apriamo gli occhi per vedere come Dio è all’opera nella sua chiesa. Metti al primo posto la gratitudine per ciò che Dio sta facendo anziché mormorare per quello che non sta facendo. Questo non significa semplicemente essere ottimisti o attingere dal pensiero positivo. Significa riposare e rallegrarsi nelle benedizioni di Dio a cui forse non facciamo caso.

Modi pratici per ringraziare

Concludo con otto spunti pratici per stimolare la tua gratitudine per la chiesa in cui Dio ti ha messo.

  1. Ricorda la fedeltà e la potenza di Dio nel passato di questa chiesa.

  2. Ringrazia Dio per aver salvato queste persone per mezzo dell’opera redentrice di Cristo. Anche se non vedi molto frutto, il vangelo ci dà sempre un motivo per esultare nella misericordia, nella grazia e nell'amore di Dio.

  3. Osserva come Dio è all’opera. Non sminuire le piccole benedizioni, i piccoli passi verso la maturità, o la crescita modesta. Osserva e celebra queste cose.

  4. Integra il ringraziamento per la tua chiesa nei momenti di preghiera, nelle testimonianze e nelle conversazioni tra gli anziani. Così come il mormorio si diffonde, così pure la gratitudine si diffonde.

  5. Crea un contesto in cui le persone condividono come Dio sta operando nelle loro vite o che cosa sta insegnando loro. A volte non sappiamo quello che Dio sta facendo perché le persone non hanno l’opportunità di condividere queste cose.

  6. Vivi per fede mentre preghi con ringraziamento. Servi, predica, prega, insegna, visita le persone, pasci, discepola e compi il tuo ministero ringraziando Dio per quello che egli farà prima che tu possa vederne il frutto.

  7. Parla con chi è nuovo nella tua chiesa. Spesso queste persone sono lì perché vedono segni di salute spirituale. Possono essere alcune delle voci più rinfrescanti da ascoltare, perché sono pronte a condividere come vedono Dio all’opera o perché sono grate per il ministero della tua chiesa.

  8. Quando pensi alla tua chiesa e ti senti irritato e scoraggiato, allontana il tuo cuore dal mormorare e guidalo verso la gratitudine. Conta le tue benedizioni, e ringrazia Dio perché puoi affidare questa chiesa alla sua cura amorevole e saggia.


Dustin Crowe è il pastore per il discepolato della Pennington Park Church a Fishers, Indiana. Puoi seguirlo su Twitter o visitare il suo blog. E’ l’autore di The Grumbler’s Guide to Giving Thanks: Reclaiming the Gifts of a Lost Spiritual Discipline.

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