Le donne dovrebbero essere pastori? Che cosa insegna esattamente 1 Timoteo 2:12?

Applicare 1 Timoteo 2:12 nel contesto della chiesa locale è insidioso: “Poiché non permetto alla donna d'insegnare, né di usare autorità sull'uomo, ma stia in silenzio”. Che cos’è che Paolo non permette, esattamente?

Alcuni pensano che Paolo non abbia scritto 1 Timoteo, e pertanto concludono che tale affermazione non abbia autorità apostolica. Altri notano una contraddizione con Galati 3:28 (“non c'è né maschio né femmina; perché voi tutti siete uno in Cristo Gesù”) e affermano che il genere di una persona è irrilevante per il servizio nella chiesa.

Ma supponiamo che una donna devota membro di una chiesa complementariana (ovvero di una chiesa nella quale solo gli uomini che possiedono i requisiti biblici possono ricoprire il ruolo di pastore) legga 1 Timoteo 2:12 e si chieda: Che cosa significa che non mi è permesso di “insegnare né di usare autorità sull’uomo”? Quali dovrebbero essere le sue conclusioni, e per quale motivo? È una buona domanda da porsi in un contesto in cui “donne che fanno professione di pietà” (v. 10) sono chiamate a imparare (v. 11). Ciò implica mettere in pratica ciò che la Scrittura insegna.

Suggerisco che con “insegnare” e “usare autorità sull’uomo” Paolo intendesse riassumere al suo più giovane collega di lunga data Timoteo le principali responsabilità del pastore di una congregazione: (1) insegnare mediante l’esposizione fedele della Scrittura, come Gesù ha nutrito i suoi discepoli, e (2) vigilare e pascere in modo caritatevole, come Gesù si è preso cura dei suoi seguaci e come i primi conduttori cristiani lo hanno imitato (per es., 1 P 5:1-5).

In questo breve esame dell’applicazione di 1 Timoteo 2:12 non è possibile fare un’esposizione completa del brano nel suo contesto. Ho fatto questo altrove (vedi The Letters to Timothy and Titus, 137–89), e altri articoli su questo sito hanno affrontato questi argomenti, tra cui le obiezioni più frequenti dei critici egualitariani. E anche un’esposizione di questo tipo potrebbe non fornire una risposta soddisfacente alla domanda posta precedentemente. Non esiste un singolo brano difficile della Scrittura che contenga una spiegazione completa del suo fondamento logico. Ciò che un singolo versetto afferma fa parte di un insieme più ampio di brani che gettano luce su quel versetto.

Dal contesto completo di 1 Timoteo 2:12 possiamo vedere come questo brano dia istruzioni alla donna devota—vale a dire alla donna che ha risposto alla chiamata del Vangelo di credere in Cristo e che vuole vivere per la gloria di Dio. Questo brano la incoraggia a ricercare determinate cose e ad evitarne altre.

Cosa la donna devota è incoraggiata a ricercare 

Le cose da “ricercare” sono almeno le seguenti:

1. Dovrebbe affermare la piena dignità delle donne accanto a quella degli uomini (Gen 1:27).

2. Dovrebbe affermare la sua unicità sessuale, che complementa quella dell’uomo (Gen 2:18) e rende possibile l’avanzamento della razza umana voluto da Dio attraverso la procreazione (Gen 1:28).

3. Dovrebbe tenere presente l’entrata del peccato nel mondo, che ha implicazioni punitive (ma in ultima analisi redentive) sia per la donna che per l’uomo (Gen 3:14-19).

4. Consapevole del peccato personale e collettivo, dovrebbe vedere nella venuta di Cristo lo stesso annuncio gioioso che Elisabetta, Maria e Anna la profetessa, sue antenate nella fede, videro (Luca 1-2).

5. Essendosi ravveduta dei suoi peccati e avendo creduto nel messaggio del Vangelo (Marco 1:15), dovrebbe seguire le orme dei primi zelanti seguaci di Gesù, come le molte donne che assisterono Gesù e i Dodici con i loro beni (Luca 8:3), testimoniarono la crocifissione di Gesù (Marco 15:40-41), resero la prima testimonianza conosciuta della sua resurrezione nonostante lo scetticismo degli apostoli (Luca 24:10-11), e presero parte alla vita della chiesa e alla sua opera con diligenza (Romani 16, per esempio, è pieno di nomi femminili come Febe, Prisca, Maria, la madre di Rufo, Trifena, Trifosa e Giunia). Nel Nuovo Testamento, il discernimento necessario per esortare e guidare la congregazione non ha mai avuto origine dagli uomini senza tenere conto delle donne. Anzi, leader come Gesù e Paolo hanno lavorato accanto alle donne, ne hanno riconosciuto i doni e hanno creato strutture per massimizzare il loro contributo all’impatto del Vangelo nella chiesa e nel mondo.

6. Infine dovrebbe sostenere l’ordine congregazionale implicito nella scelta di Gesù di dodici uomini, rispecchiato nella pratica apostolica (uniforme nel Nuovo Testamento) di designare uomini devoti, e non donne, nel ruolo di pastori, anziani e vescovi, il che ci riporta a 1 Timoteo 2:12.

La donna che fa professione di pietà (2:10) è chiamata ad imparare nel contesto dell’adorazione comunitaria (2:11). Non offre istruzione pastorale (“insegnare”) e vigilanza (“esercitare autorità”). Tuttavia le donne e le mogli devote nella chiesa hanno (o almeno dovrebbero avere) normali opportunità di fornire il loro apporto nella cura pastorale della chiesa. Gli uomini ordinati al ministero occupano una posizione particolare di responsabilità nella congregazione, e beneficiano della saggezza delle donne nella congregazione. Se ci sono relazioni sane tra i pastori e le donne all’interno della congregazione, questi fratelli terranno conto delle preoccupazioni e dei suggerimenti delle loro sorelle nelle loro preghiere, nel loro servizio e nelle loro iniziative. Anzi, li porteranno nel loro cuore.

Quando non è così, c’è qualcosa che non va ed è necessario fare i necessari aggiustamenti. Questi cambiamenti possono comportare l’adozione di pratiche pastorali migliori e un rinnovamento spirituale, l’equipaggiare mariti e mogli a ricercare dinamiche sante nei loro matrimoni, e altri aggiustamenti che purifichino e rafforzino i legami tra maschio e femmina all’interno della chiesa.

Cosa la donna devota è incoraggiata ad evitare

Che cosa 1 Timoteo 2:12 incoraggia la donna devota ad evitare? Più direttamente, nel moderno contesto occidentale, dovrebbe evitare l’impulso a risentirsi per i posti che determinati uomini sono stati chiamati ad occupare e in vista dei quali sono stati equipaggiati.

Mentre dovrebbe cercare di contribuire al massimo al mandato, riguardante tutti i cristiani, di fare discepoli (Mt 28:19-20), dovrebbe evitare quegli incarichi nella chiesa che la porterebbero ad assumere i compiti tipici dell’insegnamento pastorale, come l’esposizione biblica e l’esortazione. Non dovrebbe predicare sermoni alla chiesa riunita, né dovrebbe essere coinvolta nella cura pastorale di uomini, qualunque forma essa potrebbe assumere nella struttura della sua chiesa. Le donne dotate e chiamate al ministero del discepolato (come lo sono tutte le donne credenti, in una certa misura) potranno trovare altre donne che hanno bisogno della loro cura e influenza.

Questo non esclude che le donne possano avere ruoli di leadership nell’amministrazione. Molto spesso interi staff pastorali sono diretti logisticamente dal genio organizzativo di un amministratore donna. Ma l’amministratore di una chiesa non è il pastore della chiesa. I due ruoli possono accavallarsi, ma non vanno né accorpati né invertiti.

Ambiti di servizio sovrapposti, non identici

In una trattazione breve come questa è difficile, oltre che inopportuno, essere troppo specifici e dettagliati. Le usanze di una denominazione e le dinamiche di una congregazione variano notevolmente, e, in vari contesti, cristiani complementariani hanno opinioni divergenti in materia di applicazione.

Ma da Gesù agli apostoli fino alle chiese del Nuovo Testamento, possiamo vedere che Dio ha chiamato gli uomini (per quanto immeritatamente) e non le donne a pascere le congregazioni. Le donne hanno ambiti di servizio sovrapposti, che vanno dalle loro vite private fino alla collaborazione con altre persone nella gamma completa di attività e iniziative di una chiesa. Tuttavia il loro mandato non è identico a quello degli uomini. Glorificare Dio e godere di lui nella vita personale e della congregazione consiste, tra le altre cose, nella dolce sinergia del cammino comune di donne e uomini con Cristo. Questo modello di leadership pastorale richiede promozione dell’altro, devozione e reciproco sacrificio di sé—in conformità con l’esempio di Cristo, con le sue istruzioni e la sua missione.

Molte benedizioni ci attendono su questa strada, e 1 Timoteo 2:12 getta un utile raggio di luce su di essa.


​Robert W. Yarbrough è professore di Nuovo Testamento presso il Covenant Theological Seminary, St. Louis, Missouri. È anche attivo nel diffondere il Vangelo negli altri continenti.

DISCLAIMER: Gli articoli postati da Impatto Italia esprimono le posizioni e la sensibilità dell’autore.

Il presente articolo è un’opera di elaborazione di traduzione di IMPATTO ITALIA. Il suo utilizzo totale o parziale è proibito in ogni forma previa richiesta e autorizzazione di Impatto Italia (impattoitalia@gmail.com). Il contenuto del presente articolo non è alterabile o vendibile in alcun forma.

L’uso del presente articolo è autorizzato dall’editore originale ©TGC. La risorsa originale può essere consultata al seguente link: https://www.thegospelcoalition.org/article/1-timothy-2-12-teach/

© IMPATTO ITALIA