L’amore è il frutto di una gioia sovrabbondante in Dio

L’apostolo Paolo mi ha fatto scoprire, meglio di ogni altro autore biblico, la verità che Dio è maggiormente glorificato in me quando io sono maggiormente soddisfatto in lui. E’ stato entusiasmante scoprire che glorificare Dio e soddisfare la mia anima non sono due cose in conflitto tra loro. Ho raccontato la storia di questa scoperta altrove.

Ma c’è un secondo capitolo in questa storia che mi rende ancora più riconoscente nei confronti di Paolo. Devo a lui, più che a chiunque altro, un’altra scoperta fondamentale che ha cambiato la mia vita. Se la prima scoperta riguardava come risolvere la tensione tra il desiderio di glorificare Dio e il desiderio di essere felice, la seconda scoperta riguardava come risolvere la tensione tra il desiderio di essere felice in Dio e il desiderio di amare gli altri.

Un’altra tensione irrisolta

E’ possibile amare veramente le persone se, nel fare loro del bene, stai cercando la pienezza della tua gioia? Dopotutto, fu lo stesso Paolo a dire: “L’amore . . . non cerca il proprio interesse” (1 Corinzi 13:4-5). E da un’altra parte: “Nessuno cerchi il proprio vantaggio, ma ciascuno cerchi quello degli altri” (1 Corinzi 10:24). E ancora: “Or noi . . . dobbiamo sopportare le debolezze dei deboli e non compiacere a noi stessi” (Romani 15:1). Come puoi dire di amare le persone se, nell’atto stesso di amarle, stai cercando la tua gioia?

Questa domanda appariva altrettanto urgente della prima su come glorificare Dio ricercando al tempo stesso la mia gioia. Gesù disse che “il grande e il primo comandamento” è amare Dio (Matteo 22:38). Ma aggiunse che il comandamento di amare il nostro prossimo “è simile a questo” (Matteo 22:39). Perciò la questione di come amare le persone con un cuore che non riusciva a smettere di desiderare di essere felice — anzi, con un cuore che non osava smettere di voler essere felice, per timore che Dio non fosse disonorato dal mio non essere felice in lui — quella questione era urgente quanto ogni altra.

In che modo quindi la ricerca della gioia in Dio è collegata all’amore per gli altri? Paolo mi ha mostrato che una vera gioia in Dio suscitata dallo Spirito non impedisce di amare le persone, anzi, è colma di amore per le persone. E’ una gioia che tende ad estendersi. La gioia in Dio cresce quando la si estende agli altri affinché anch’essi possano condividerla.

Paolo ci indica la via

Paolo ci dà la più chiara illustrazione di questo principio nel Nuovo Testamento. Si trova in 2 Corinzi 8:1-2, dove Paolo cerca di spronare i Corinzi all’amore portando ad esempio i credenti della Macedonia e il modo straordinario in cui essi avevano mostrato amore.

Ora, fratelli, vogliamo farvi conoscere la grazia che Dio ha concessa alle chiese di Macedonia, perché nelle molte tribolazioni con cui sono state provate, la loro gioia incontenibile e la loro estrema povertà hanno sovrabbondato nelle ricchezze della loro generosità  . . . Non lo dico per darvi un ordine, ma per mettere alla prova, con l’esempio dell’altrui premura, anche la sincerità del vostro amore. (2 Corinzi 8:1-2, 8)

Notiamo attentamente che la “gioia incontenibile” dei Macedoni non era dovuta a circostanze piacevoli. Si trovavano in “estrema povertà” e in “molte tribolazioni”. “La loro gioia incontenibile” era dovuta alla “grazia di Dio” che era stata loro “concessa” (2 Corinzi 8:1). I loro peccati erano stati perdonati. L’ira di Dio era stata sostituita dal sorriso del favore eterno. La colpa era stata rimossa. Le porte dell’inferno erano state chiuse. Le porte del cielo erano state aperte. Lo Spirito Santo ora dimorava in loro. I loro cuori prorompevano di speranza. Tutto questo grazie all’opera compiuta da Cristo, quando essi non meritavano nulla di tutto ciò. La grazia di Dio era stata concessa (2 Corinzi 8:1).

Questa “gioia incontenibile” diventò una fonte di amore per le persone. Non potrebbe essere più chiaro: “La loro gioia incontenibile . . . [ha] sovrabbondato nelle ricchezze della loro generosità” (2 Corinzi 8:2). Questo era amore. Lo definì in questo modo nel versetto 8: “. . . la sincerità del vostro amore”. La definizione di Paolo di amore sincero che esalta Dio è perciò questa: L’amore è la gioia in Dio che sovrabbonda per soddisfare i bisogni degli altri.

Gioia per amore

Questa definizione è più profonda di quanto non appaia a prima vista. Paolo non sta dicendo: “La vera felicità richiede amore per le persone”. Ciò è vero. Una persona che non ama non sarà felice nel lungo termine. Ma questa è una semplificazione eccessiva che non coglie un punto fondamentale. Il punto non è che per avere la gioia più autentica dobbiamo amare le persone. Il punto è invece che quando la gioia in Dio sovrabbonda nelle vite di altri sotto forma di generosità, quel sovrabbondare di gioia è amore. O per dirla in modo diverso: non cerchiamo semplicemente di amare per essere felici, ma cerchiamo di essere felici in Dio per amare. E’ stata “la loro gioia incontenibile” che ha sovrabbondato in amore (2 Corinzi 8:2).

Questo pensiero mi appariva talmente radicale che volli esaminarlo alla luce del resto della Scrittura. E’ vero che la mia gioia è strettamente collegata al mio amore per le persone? Quello che scoprii era una successione di comandamenti biblici:

  • amare la misericordia, non solo praticarla (Michea 6:8);

  • fare opere di misericordia con gioia (Romani 12:8);

  • accettare con gioia la ruberia di beni per servire i carcerati (Ebrei 10:34);

  • essere un donatore allegro (2 Corinzi 9:7);

  • fare della nostra gioia la gioia di altri (2 Corinzi 2:3);

  • pascere il gregge di Dio volenterosamente e di buon animo (1 Pietro 5:2); e

  • vegliare sulle anime con gioia (Ebrei 13:17).

Per me tutto ciò era sorprendente. Non stiamo parlando di qualcosa di marginale o di un’intuizione brillante. E’ qualcosa di penetrante che trasforma radicalmente la vita: la ricerca di un amore sincero per le persone include la ricerca della gioia, perché la gioia in Dio è una componente essenziale dell’amore sincero. Questo è molto diverso dal dire: “Amiamo il prossimo perché fare questo ci renderà felici”. Questo è dire: “Cerchiamo di essere talmente pieni di gioia in Dio in modo che essa sovrabbondi in un amore che si sacrifica per gli altri”.

Un amore che sopporta ogni sofferenza

La parola sacrificio potrebbe apparire paradossale. Se la nostra gioia sovrabbonda per gli altri, e se la nostra gioia cresce estendendola ad altri, perché parlare di sacrificio? Il motivo è che il sentiero per la suprema gioia in questa vita è spesso un sentiero di grande sofferenza. Nell’età a venire, dopo il ritorno di Gesù, il dolore non ci sarà più. Ma non ancora. In questa vita, l’amore richiede sempre sofferenza. Potrebbe, infatti, richiedere di sacrificare le nostre vite. Ma Paolo traccia per noi il sentiero quando dice: “Sono lieto di soffrire per voi” (Colossesi 1:24). “Sovrabbondo di gioia in ogni nostra afflizione” (2 Corinzi 7:4). “Ci gloriamo nelle afflizioni” (Romani 5:3).

Ci sono dei motivi per questo strano e meraviglioso genere di gioia che supera l’afflizione e addirittura cresce in essa. Un motivo è che Gesù ci ha insegnato: “Vi è più gioia nel dare che nel ricevere” (Atti 20:35). Sovrabbondare di gioia in favore degli altri ci arricchisce. Un altro motivo è che anche se “faranno morire parecchi di voi”, alla fine “neppure un capello del vostro capo perirà” (Luca 21:16, 18). Gesù aveva detto: “Chiunque vive e crede in me, non morirà mai” (Giovanni 11:26). Il mondo pensa che moriamo, ma Gesù ci porta istantaneamente con se senza interruzione di vita. Un terzo motivo è la promessa: “Il vostro premio è grande nei cieli” (Matteo 5:12). Infine, il più grande atto di amore mai compiuto è stato sostenuto dalla gioia in Dio: “Per la gioia che gli era posta dinanzi egli sopportò la croce” (Ebrei 12:2).

Ecco perché, nei miei 33 anni di ministero pastorale, il testo a cui tornavo continuamente è stato 2 Corinzi 6:10: “Afflitti, eppure sempre allegri”. Sempre. Allegri e allo stesso tempo afflitti. Non solo sequenzialmente. Simultaneamente. Per amare gli altri non è necessario aspettare che il dolore passi, perché la gioia non aspetta.

E in questi 33 anni, il canto che lo staff pastorale cantava ripetutamente è stato “It Is Well with My Soul” (nella versione italiana è tradotto “O mio cuor, calmo sta”):

Se pace qual fiume m’inonda dal ciel,

O il duolo si abbatte su me,

Qualunque la sorte, ripeter potrò

“O mio cuor, calmo sta in Gesù”.

L’amore sincero compie molti sacrifici per la persona amata. C’è molto dolore e molta afflizione. Ma in Cristo non c’è un sacrificio estremo. Gesù ci chiama certamente a rinunciare a noi stessi, ma la sua argomentazione per la rinuncia a sé è questa: “Chi perderà la sua vita per amor mio e del vangelo la salverà” (Marco 8:35). Dall’altra parte della rinuncia a sé — e anche della morte — c’è la gioia eterna alla presenza di Dio.

L’amore non dà malvolentieri

Non ho mai incontrato persone che si sono offese perché i sacrifici che facciamo per il loro bene portano gioia a noi. Anzi, “amare” soltanto per senso del dovere  — o peggio, “amare” malvolentieri — non fa sentire le persone amate. Le fa sentire un peso. Per questo motivo sono certo che Paolo sarebbe d’accordo con l’autore di Ebrei quando dice ai suoi ascoltatori di fare in modo che i conduttori veglino sulle loro anime “con gioia e non sospirando; perché ciò non vi sarebbe di alcuna utilità” (Ebrei 13:17). Servire malvolentieri non è di nessuna utilità per le persone. O, da un punto di vista positivo, trovare gioia nel servire le persone è di grande utilità per esse. E’ amore.

Senza dubbio è per questo che Paolo disse ai Corinzi: “Avendo fiducia, riguardo a voi tutti, che la mia gioia è la gioia di tutti voi” (2 Corinzi 2:3). Certo! Se vieni da me e vuoi che io sperimenti gioia — ovvero, se vuoi amarmi — vieni con gioia. E la gioia migliore di tutte è la gioia in Dio. Portami questa gioia. Falla sovrabbondare su di me. Io mi sentirò amato, e tu sarai felice.

Dunque Paolo c’è riuscito di nuovo. Non mi ha mostrato soltanto che la mia ricerca della gloria di Dio e la mia ricerca di felicità combaciano, ma mi ha insegnato anche che quel desiderio insaziabile di felicità è in accordo con l’amare le persone. Un amore sincero per le persone, generato dallo Spirito, che esalta Cristo e si sacrifica per gli altri è il frutto di una gioia sovrabbondante in Dio che cresce rispondendo ai bisogni degli altri. Come posso non amare l’uomo che, dopo il Signore Gesù, mi ha mostrato, in modo più chiaro di chiunque altro, la bellezza di questo modo di vivere?


John Piper (@JohnPiper) è insegnante di desiringGod.org di cui è anche il fondatore. E’ rettore del Bethlehem College & Seminary. Per trentatré anni è stato pastore della Bethlehem Baptist Church di Minneapolis, Minnesota. Ha scritto più di 50 libri, tra cui “Desiderare Dio. Meditazioni di un edonista cristiano” e il recente Why I Love the Apostle Paul: 30 Reasons.

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