La missione può mettere in pericolo la tua salute

Nel 2014, il virus Ebola colpì la Liberia con un tasso di mortalità del 50 per cento. Quando un missionario americano si ammalò e ritornò negli Stati Uniti per essere curato, una  opinionista definì il suo comportamento “stupido” e “narcisista”. Perché non se ne è rimasto in America invece di “svignarsela” in una “fogna infestata dalle malattie” del “Terzo Mondo”, si lamentò.

Sembra che la logica di questa commentatrice non fosse motivata dalla paura che la patologia mortale potesse diffondersi in America. Piuttosto, lei mise in discussione questo missionario per avere lasciato gli USA in primo luogo. Considerava il suo lavoro narcisista perché pensava che egli fosse motivato dal desiderio di essere eroico.

Suppongo che alcuni missionari possano apparire sciocchi o egocentrici. Ma non è per questo che ci spostiamo dall'altra parte del mondo e serviamo il Signore in luoghi pericolosi. Invece, noi missionari siamo disposti ad affrontare il rischio e la realtà della malattia—e anche della morte—perché crediamo che il Vangelo doni la vera vita.

Accettare il rischio

Mentre scrivo, la mia faccia è gonfia il doppio delle sue dimensioni normali. Ho la febbre associata ai sintomi della parotite. Il dolore sordo diventa acuto quando muovo la mascella. Da quando sono arrivato in Liberia nel gennaio 2022, ho contratto la malaria due volte; non mi sono mai sentito così debole in vita mia. Se le nostre vite sono un sacrificio vivente, il letto di malattia è un altare dove siamo offerti in libazione (Romani 12:1; Filippesi 2:17).

La chiamata di un missionario consiste nell’accettare il rischio. Paolo sapeva bene questo. In Galati 4:13, egli dice che la sua “malattia” è stato il motivo per il quale egli ha predicato il Vangelo in Galazia. Molti ritengono che la spina nella carne di Paolo fosse una malattia, probabilmente la malaria (2 Corinzi 12:7).

Anche se così non fosse, la malattia mette a nudo la debolezza umana. Paolo credeva che quando la debolezza di un missionario è in mostra, la gloria e la potenza della grazia di Dio risplende. Nel letto di malattia Gesù dichiara: “La mia grazia ti basta, perché la mia potenza si dimostra perfetta nella debolezza” (2 Corinzi 12:9).

La mia malattia è una contraddizione vivente del vangelo della prosperità proclamato qui in Liberia. Una volta ho sentito il pastore della chiesa accanto a casa nostra dire dagli altoparlanti: "Chiunque serve Dio nel ministero può aspettarsi di godere di buona salute in questa vita”. Non è stata la mia esperienza. Tuttavia, credo in un altro Vangelo. Mi chiedo se gli americani che mi dicono che “il luogo più sicuro dove stare è nella volontà di Dio” intendono la stessa cosa di quel predicatore di prosperità.

Figli malati

Una delle realtà più tristi per i missionari che hanno figli è che non stai accettando il rischio solo per te stesso; lo stai accettando anche per i tuoi figli. Nel mondo post-COVID, alcuni sembrano pensare che il valore più alto della vita consista nel mantenere la tua famiglia sana e non diffondere malattie. Ma la vita di un missionario richiede di rinunciare a tale etica per amore di Cristo.

In una chiesa che frequentavamo, c’erano almeno due membri che avevano l’epatite C. Ogni settimana dopo il culto si mangiava insieme condividendo il cibo, e ogni settimana cercavamo di evitare di toccare i bicchieri condivisi della comunità, pregando al contempo per la protezione dei nostri figli.

Poche cose ti fanno mettere in dubbio la tua chiamata missionaria come esporre i tuoi figli alla sofferenza. Recentemente, alcuni figli dei nostri amici hanno avuto un attacco di colera. Altri amici missionari hanno chiesto preghiere perché loro figlio vomitava sangue a causa di un’infezione allo stomaco. Quando tengo in braccio mio figlio febbricitante, mi chiedo se ne vale la pena. Mi pare di sentire i commenti benintenzionati di alcuni in patria: “Non posso credere che porterai lì i tuoi figli”. Il mio cuore si riempie di ansia, dubbio e paura.

Una volta, quando eravamo missionari in una piccola città della Mongolia, i livelli di ossigeno di nostra figlia di tre anni si abbassarono. Facemmo un viaggio di emergenza verso la capitale, Ulan Bator. Mentre guidavamo per ore nella steppa gelata, il mio cuore soffriva. Posso accettare l’idea di venire offerto come sacrificio, ma quando sull’altare ci sono i tuoi figli, ti preoccupi della tua salute mentale. La mia scelta di venire qui ha causato questo. E se Dio non ascoltasse le nostre preghiere? Sono stato uno stupido a venire qui?

Grazia e gloria

In quei momenti, Dio ascolta le nostre preghiere. Egli ci ascolta ogni volta che siamo ammalati. La sua grazia è con noi nella malattia. Questo non significa che in questa vita siamo invulnerabili, come sostiene il vangelo della prosperità. Tuttavia, significa che la malattia e l’infermità non possono distruggerci alla fine. Infatti, noi crediamo che il Signore usa ogni male come strumento per il nostro bene e la sua gloria (Romani 8:28-39).

Un missionario che accetta la realtà della malattia crede che la sofferenza fisica sia uno strumento che Dio usa per il suo bene (non che la sofferenza sia un bene in se stesso). La sofferenza, inclusa la malattia, produce in noi un carattere simile a quello di Cristo (Romani 5:3-4). Questo è vero non solo per il missionario ma per ogni discepolo di Cristo. A casa o nel campo di missione, le malattie ci danno un’opportunità unica di avere fiducia nelle promesse di Dio e di essere contenti nelle circostanze difficili.

Viene un giorno in cui la malattia non ci sarà più perché il peccato non ci sarà più. In quel giorno, Gesù asciugherà ogni lacrima ed eliminerà ogni malattia per coloro che lo seguono (Apocalisse 21:4, 27). Oggi vediamo Gesù con gli occhi della fede mentre egli ci sostiene nella nostra ansia e afflizione. Ma allora, lo vedremo con i nostri occhi. La malattia scomparirà per sempre alla presenza del risorto Re di gloria.

Strumenti di guarigione

Dato il pericolo di contrarre malattie in tutto il mondo, non c'è da stupirsi se alcuni considerano la vita di un missionario stupida e narcisista. Se il Vangelo non è vero, i missionari cristiani sono davvero da compatire. Se Gesù non è risorto dai morti e se non cancella la malattia per sempre, stiamo perdendo tempo.

Ma se Cristo è risorto, predicare il perdono dei peccati nel suo nome è lo strumento per portare guarigione, pienezza e vera prosperità al mondo. Anche se noi missionari siamo consapevoli che nel nostro cuore può esserci orgoglio e desiderio di approvazione, il narcisismo non è il fattore determinante che ci spinge ad andare in missione. Il nostro obiettivo è piacere a Dio e glorificare Cristo tra le genti affinché trovino la vita in Lui.


Ryan Currie (ThM, Bethlehem College and Seminary) è il Preside di GraceLife College and Seminary in Liberia. Si dedica alla formazione di leader di chiesa all’estero dal 2015 ed è un dottorando presso il South African Theological Seminary.

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