In un’epoca distratta, l’arte ci aiuta a prestare attenzione
In passato, per scattare una bella foto era necessario possedere una macchina fotografica costosa. E sapere come metterla a fuoco correttamente. E portare a sviluppare le foto in un laboratorio fotografico per averle in un formato condivisibile. Fotografare era un’attività complicata (e costosa).
Lo smartphone ha cambiato tutto questo.
Oggi, chiunque può scattare foto di qualsiasi cosa, dando vita a un flusso casuale e costante di fotografia nella quale qualunque cosa catturi lo sguardo può essere velocemente documentata e condivisa, con poco sforzo e senza alcuna preoccupazione. Tuttavia, anche se ora possiamo fare più foto più velocemente, questo non vuol dire che stiamo necessariamente facendo foto migliori.
Una buona foto richiede un approccio più lento e contemplativo. Fare una bella foto vuol dire concentrarsi attentamente su quello che ti sta davanti, riservandogli tutta la tua attenzione. Devi pensare alla luce che circonda l’oggetto o la persona, a come comporre la foto, a quale angolazione usare e a come i colori interagiscono con lo sfondo. Questo significa che devi guardare attentamente, e osservare così attentamente significa prestare grande attenzione.
Nell’era digitale frenetica, iperstimolante e distratta in cui viviamo, la nostra capacità di prestare attenzione (una disciplina fondamentale per la nostra salute spirituale) è stata gravemente compromessa, ma l’arte può aiutarci a recuperare questa capacità fondamentale.
L’attenzione è il principio della devozione
Dirk Devries, che si definisce “un fotografo contemplativo”, scrive a riguardo in questo modo:
La fotografia . . . offre un mezzo di meditazione e riflessione, un metodo di preghiera, una chiave per aprire l’immaginazione, una via di accesso nella quiete, nella profondità e nel significato. Per tutti coloro che vi si dedicano, la fotografia contemplativa è un invito a rallentare e osservare, ad aumentare la consapevolezza, a vedere lo straordinario nell’ordinario. La fotografia può essere una forma di contemplazione, una disciplina spirituale mossa non dal desiderio di produrre qualcosa, ma dal desiderio di elaborare qualcosa, di aprirsi ed essere presenti, pronti ad essere ritemprati, a ricevere un’illuminazione.
Un buon esercizio spirituale da fare sarebbe quello di prendere la tua macchina fotografica digitale e andare in giro per il tuo quartiere, facendo spesso delle pause per esaminare e fotografare le strutture suggestive, gli splendidi colori e le forme curiose che incontri. Fermati e passa del tempo a scrutare la bellezza che scopri, lasciando che essa ti trasmetta un messaggio sul Dio che l’ha creata. Che cosa ti dice su di Lui la complessità di una foglia caduta, i nodi della corteccia di un albero o l’esplosione di colori di un fiore di campo? Se pensi “ma non c’è niente da fotografare qui”, significa che non stai veramente osservando con attenzione.
Naturalmente, puoi dedicarti a questo genere di visione contemplativa anche senza una macchina fotografica. I tuoi occhi possono svolgere la stessa funzione. I principi che useresti per impostare uno scatto sono gli stessi che possono aiutarti a rallentare e osservare davvero le cose con il tuo occhio nudo. Il punto dell’esercizio non è avere una fotografia da mostrare quando hai finito, ma allenarti ad osservare attentamente come farebbe un fotografo. Prestare attenzione a quello che hai davanti, adesso. Essere veramente presente. Come Mary Oliver, le cui poesie spesso hanno la precisione di un fotografia, ci ricorda: "L'attenzione è il principio della devozione”.
Non è soltanto la fotografia che può farci da maestra; tutte le arti possono istruirci su come essere veramente consapevoli e veramente presenti.
L’arte ci aiuta ad essere presenti
Spendiamo molte delle nostre energie a rimuginare sul passato e a preoccuparci per il futuro. In questo modo perdiamo il contatto con l’adesso, con il momento presente. L’arte può aiutarci ad imparare ad essere pienamente presenti nel momento. Non solo ad essere lì, ma ad essere totalmente lì.
Per l’autore spirituale Jean-Pierre de Caussade, questa idea di vivere nel presente ha anche il senso di vivere nella Presenza. Egli chiama questa attitudine di consapevolezza “il sacramento del momento presente”. Egli credeva che Dio è all’opera in ognuna delle nostre storie personali, e che Dio ci parla continuamente attraverso le cose che osserviamo e ascoltiamo, così come attraverso le nostre esperienze. Il momento presente è un momento in cui possiamo sperimentare la Presenza di Dio se prestiamo attenzione, e tutte le piccole cose della nostra vita diventano dei potenziali portavoce divini che egli usa per comunicare con noi.
Penso a Frate Lorenzo, il monaco che scrisse sulla pratica della presenza di Dio. Il suo obiettivo era di arrivare alla consapevolezza che Dio era all’opera nella sua vita in ogni momento, senza mai perdere di vista la sua presenza. Anche se svolgeva un umile lavoro nella cucina di un monastero, imparò ad ascoltare Dio in mezzo allo strepito e allo sferragliare delle pentole, delle padelle e dei piatti. (Forse potrebbe aiutarmi a cambiare il mio modo di pensare sul lavare i piatti . . .)
Questi grandi autori ci ricordano che non dobbiamo andare alla ricerca di chissà quali esperienze spirituali. Possiamo trovare Dio nelle cose ordinarie e banali, e possiamo discernere la sua guida per le nostre vite prestando attenzione a ciò che egli ci rivela nel momento presente, in accordo con la sua Parola.
Come rimanere vigili
Ma è necessario prestare attenzione. Come C. S. Lewis scrisse memorabilmente:
Possiamo ignorare, ma non possiamo assolutamente sfuggire alla presenza di Dio. Il mondo è pieno di Lui. Egli cammina dappertutto in incognito, e l’incognito non è sempre difficile da penetrare. La cosa difficile è ricordare, prestare attenzione. Anzi, svegliarsi. Ancora di più, rimanere vigili.
I grandi artisti e i grandi autori spirituali hanno lo stesso obiettivo: insegnarci a rimanere vigili.
Possiamo rallentare. Possiamo calmare il caos interiore. Possiamo concentrarci. Possiamo essere pienamente presenti. Dobbiamo mettere da parte la nostra tendenza di voler analizzare e valutare tutto, e pensare solo ad essere completamente presenti. Lasciamo le cose come sono e lasciamo che ci parlino. Che siano un paio di stivali consumati, una semplice ciotola bianca, delle foglie punteggiate dalla pioggia, un’alba o il canto d'un uccello.
L’arte può aiutarci ad imparare come prestare attenzione. Ho scoperto che osservare l’arte, ascoltare musica o una poesia, leggere un passaggio descrittivo in un romanzo o guardare un film può obbligarmi a rallentare, a calmare i miei pensieri inquieti e a farmi vedere un nuovo scorcio della bontà di Dio. Un momento in cui posso vedere la meraviglia nell’ordinario.
Perché, in un senso molto reale, non c’è nulla di ordinario.
Nota dell’editore:
Tratto dal libro di Terry Glaspey, Discovering God through the Arts: How Every Christians Can Grow Closer to God by Appreciating Beauty & Creativity (2021). Pubblicato da Moody Publishers. Usato con permesso.
Terry Glaspey è l’autore di Discovering God Through the Arts, 75 Masterpieces Every Christian Should Know, Not a Tame Lion: The Spiritual Legacy of C. S. Lewis, The Prayers of Jane Austen e altri libri. È uno scrittore e redattore freelance che insegna al Northwind Seminary.
Il presente articolo è un’opera di elaborazione di traduzione di IMPATTO ITALIA. Il suo utilizzo totale o parziale è proibito in ogni forma previa richiesta e autorizzazione di Impatto Italia (impattoitalia@gmail.com). Il contenuto del presente articolo non è alterabile o vendibile in alcun forma.
L’uso del presente articolo è autorizzato dall’editore originale ©TGC. La risorsa originale può essere consultata al seguente link: https://www.thegospelcoalition.org/article/art-helps-us-pay-attention/
© IMPATTO ITALIA