Fondatore di chiese, la gioia è un combattimento
Ero uno studente universitario determinato e ambizioso, deciso a farmi un nome. Questo mi portava a ricercare in modo incessante il successo accademico ed extracurriculare. Ma, alla fine della giornata, ero senza pace e insoddisfatto.
Durante questo periodo, uno studente mi regalò un libro intitolato Desiring God in cui l’autore, un uomo di cui non avevo mai sentito parlare, sosteneva con coraggio la sua tesi: “Dio è maggiormente glorificato in noi quando noi siamo maggiormente soddisfatti in lui”. Non potevo immaginare che questo concetto un giorno avrebbe rivoluzionato i piani per la mia vita. Rimandai l’iscrizione alla facoltà di legge per studiare un anno in seminario. Volevo capire, in prima persona, se quell’affermazione tanto audace poteva essere vera.
Il seminario cambiò la mia vita completamente. Trovai una nuova gioia e soddisfazione in Gesù, che si tramutò nel desiderio di condividere con altri lo stesso messaggio che stava trasformando me. Fu questa gioia a sostenermi negli anni del seminario, nel ministero per gli studenti e, infine, nella fondazione di chiese.
Ed eccomi qui, un giovane pastore idealista con una passione per fondare chiese ripiene di gioia. Che cosa mai sarebbe potuto andare storto?
Convinzione messa alla prova
Non potevo immaginare che la fondazione di chiese avrebbe messo alla prova questa convinzione—che la gloria di Dio può essere la mia gioia più profonda—in modi a me del tutto inaspettati. Mentre iniziò il tran-tran della fondazione di chiese, non mi ci volle molto per notare quanto la mia gioia fosse profondamente legata alle circostanze. Sia che fosse la mia capacità di raccogliere fondi, la dimensione della nostra nuova chiesa, l’impatto che avevamo nella nostra città, o quanto bene predicavo la domenica, la mia gioia andava su e giù come le montagne russe.
Alla luce del mio passato, probabilmente avrei dovuto aspettarmi questo, ma la seduzione del “successo” della fondazione di chiese mi prese alla sprovvista. Ne ebbi conferma quando il programma radiofonico settimanale This American Life trasmise un’interessante serie sulla fondazione di chiese dal titolo “If You Build It, Will They Come?” (Se la crei tu [la chiesa], la gente verrà?).
Il podcast faceva dei sorprendenti paralleli tra il mondo delle start-up tecnologiche e quello della fondazione di chiese. Il programma mostrava le presentazioni del church-planting, i modelli per la raccolta dei fondi, il pubblico di riferimento, e le sue origini; citava conferenze, programmi di addestramento, e incubatori, e faceva notare come entrambi i due mondi cerchino parametri e standard di riferimento per avere rassicurazioni sul successo. Vista in quest’ottica, la domanda fondamentale era davvero: “Se la crei tu, la gente verrà?”
Questo mi ricordò che, sebbene fossi entrato nella fondazione di chiese per aiutare le persone a trovare la loro gioia in Gesù, succedeva troppo spesso che questi parametri comunemente usati nella fondazione di chiese derubassero la mia felicità. Tutto questo mi costrinse a domandarmi: Come posso sapere se la mia gioia è veramente ancorata in Cristo?
Uno scambio assurdo
Sono coinvolto nella fondazione di chiese da ormai abbastanza tempo da capire che anche nelle stagioni di “successo” c’è comunque un fastidioso senso di scontento. Quello che fai non è mai abbastanza. Il successo nella fondazione di chiese è un pessimo dio. Non solo non mantiene le sue promesse, ma ruba anche la mia gioia.
E, cosa ancora più importante, se Dio fa crescere la mia chiesa, è per la sua gloria. Egli non ha alcun interesse a condividere la sua gloria (Ezechiele 36:22). E’ semmai l’umiltà, la gratitudine, e una visione del regno più grande della propria chiesa a caratterizzare i fondatori di chiese che trovano la loro gioia in Gesù.
Secondo, ho dovuto chiedere a me stesso: Quando viene la sofferenza, qual è la mia prima reazione? Nei momenti peggiori, la sofferenza mi ha fatto dubitare dei miei doni, del mio team, della nostra chiesa, e anche di Dio.
Di recente però ho avuto una nuova consapevolezza di come la sofferenza scopra la falsa gioia. Nella sofferenza, ci troviamo di fronte alla domanda: Gesù è sufficiente? Una cosa è parlare del diletto in Dio quando il tuo conto in banca è consistente, quando il tuo nucleo di base sta prosperando, e quando la tua chiesa è affollata di nuove persone.
Che cosa dire invece quando arrivano gli inevitabili tagli al budget? Quando c’è dissenso tra i leader? Quando persone che hai amato e servito decidono di lasciare la chiesa? Quando hai problemi di salute o in famiglia? Quando c’è opposizione da parte di membri della tua comunità? Solo allora lo pneumatico del diletto in Dio bacia il proverbiale asfalto delle prove della vita.
Una soluzione semplice (ma non facile)
Queste diverse forme di sofferenza ci privano della nostra tranquillità, delle nostre sicurezze e dell’illusione del controllo. La sofferenza mette in mostra le nostre insicurezze. In tutte queste situazioni, la nostra gioia resterà costante? Possiamo dire con Davide: “La mia carne e il mio cuore possono venir meno, ma Dio è la rocca del mio cuore e la mia parte di eredità, in eterno” (Salmo 73:26)? Se vogliamo fondare chiese piene di gioia, avremo bisogno della gioia in Gesù che va oltre gli alti e i bassi del fondare chiese.
Come possiamo combattere allora per la gioia? Può sembrare fin troppo semplice, ma la gioia è la conseguenza di una relazione intima con Gesù. Per questo Gesù prega che conosciamo lui (Giovanni 17:3) e vuole che impariamo che la gioia vera e duratura non esiste all’infuori di lui (Giovanni 17:13). Quindi non cerchiamo la gioia fine a se stessa.
Fare il contrario significa disonorare Dio e derubare noi stessi della gioia di cui abbiamo disperatamente bisogno, e in mezzo a tutte le esigenze della fondazione di chiese, corriamo il rischio di accontentarci di questo tipo di gioia a buon mercato. Sappiamo che dobbiamo coltivare una vita di gioia, ma quando la pressione della fondazione si insinua in noi, può diventare fin troppo facile rinunciare alla ricerca di Gesù. Finiamo così col sostituire la ricerca profonda di Gesù con una ricerca superficiale della gioia.
Fondatori di chiese, combattete questo impulso dimorando in Cristo. Lo scopo delle nostre vite e dei nostri ministeri è di conoscere lui, avendo fiducia che la nostra gioia sarà completa nella nostra unione con lui (Giovanni 15:11). E quando siamo uniti a lui —dimorando in Cristo—nessun accumulo di successo arriverà alle nostre teste, e nessuna sofferenza potrà avere accesso ai nostri cuori.
Mike Bartlett è il pastore principale della chiesa Redemption City a Grand Rapids, Michigan. E’ sposato con Jamie, e hanno quattro figli.
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