Denzel: Il tuo smartphone ti sta cambiando
“Sei tu a controllare il tuo smartphone o è il tuo smartphone a controllare te? Puoi metterlo giù? Puoi spegnerlo?”
Queste sono state le domande retoriche poste da Denzel Washington in una recente intervista alla BBC. “Non sto criticando lo smartphone”, ha ribadito l’attore, “ma dovremmo se non altro domandarci: che cosa ci sta facendo lo smartphone?”
La nostra dipendenza dallo smartphone è all’origine di un momento culturale piuttosto strano. Nel 2017, mentre scrivo, il valore delle azioni Apple ha raggiunto il massimo storico ($147.90/azione), dovuto in parte alla notizia che Apple ha un surplus di liquidità pari a 256,8 miliardi di dollari, e in parte alle voci sul lancio dell’iPhone del decimo anniversario (che sarà in vendita questo autunno). Mentre il mercato si prepara per l’iPhone più incredibile mai realizzato finora, iniziano a emergere molti segnali che indicano che gli smartphone sono alla base di un disagio crescente nella nostra cultura.
Nel caso degli adolescenti, il loro continuo bisogno di ottenere approvazione e popolarità non è più limitato al periodo scolastico, ma si è esteso. Con social feed infiniti, gli adolescenti ora non sono più in grado di sfuggire alle pressioni dell’approvazione dei loro compagni. Ma le sfide riguardano ogni fascia d’età. Molti iniziano a essere stanchi dei contenuti, soprattutto quelli riguardanti le tensioni politiche. La solitudine cresce più che mai, mentre l’amicizia tra uomini di mezza età è scesa ai minimi storici, con la conseguenza che tutta una parte di popolazione maschile si ritrova a essere socialmente fuori posto e isolata.
Un giornalista di recente ha iniziato un suo articolo con questo esperimento mentale: “Cerca di ricordare l’ultima volta che hai fatto una passeggiata con la brezza di fine primavera, senza avere il desiderio di cercare con la mano un dispositivo mobile, e hai avuto la sensazione che il vento e il cielo intorno a te non avessero nient’altro di cui renderti partecipe se non dell’immenso e misterioso fascino dell’esistenza stessa. Era il 2007? O devi tornare al 1997? Il solo farti la domanda ti fa sentire malato?”
Che cosa ci stanno facendo gli smartphone?
La domanda non è solo retorica. Percepiamo i cambiamenti dentro di noi. Siamo tutti consapevoli che più diventiamo dipendenti dai nostri cellulari, più siamo esposti a ogni sorta di conseguenze psicologiche e fisiologiche.
Uno studio dopo l’altro ha dimostrato che trascorrere troppo tempo sui nostri smartphone ha profonde ripercussioni sulla nostra salute fisica, tra cui inattività e obesità, stress e ansia, insonnia e agitazione, postura errata e dolori al collo, affaticamento agli occhi e mal di testa, ipertensione e tendenza al respiro superficiale causato dallo stress. Le conseguenze fisiche delle nostre incaute abitudini con lo smartphone passano spesso inosservate, perché nel contesto del mondo digitale perdiamo la percezione del nostro corpo, della nostra postura, del nostro respiro e della nostra frequenza cardiaca. L’enorme attenzione che dedichiamo a immagini riprodotte ci porta a trascurare i nostri corpi.
Abbiamo compreso questo, e non mancano libri, scritti anche da cristiani, che affrontano il tema del danno a lungo termine di questi problemi fisiologici.
Ma dietro a tutte queste conseguenze del nostro abuso dello smartphone ci sono delle cause: le brame, le speranze, le ansie e i desideri nascosti dentro di noi che alimentano i nostri impulsi irrefrenabili nei confronti dei nostri smartphone. Queste erano le questioni di tipo spirituale che avevo in mente quando ho iniziato a pensare al mio progetto.
Per tre anni ho fatto domande, ho letto, ho svolto ricerche, ho intervistato leader attenti alla questione, consulenti, studiosi di etica, pastori, teologi e filosofi, chiunque fosse in grado di aiutarmi a studiare gli effetti emergenti dello smartphone sulla vita cristiana. Il risultato finale è stato il mio nuovo libro.
Abitudini con lo Smartphone, opportunità per il Vangelo
Fu solo quando un amico missionario nel Medio Oriente mi spiegò che stava utilizzando il mio libro come un ponte per il vangelo con i suoi amici Musulmani, che mi resi conto per la prima volta di quanto siano diffuse su scala mondiale le ansietà dell’era digitale, e come esse costringono tutti noi a fare i conti con le domande più profonde che riguardano la vita, a parte le conseguenze fisiche.
Se le ricerche ci dicono che uno tsunami di distrazioni digitali si sta schiantando sulle nostre vite, abbiamo bisogno di ricevere saggezza su questa situazione per rispondere a tre domande spirituali: Perché siamo attratti dalle distrazioni? Che cos’è una distrazione? E, la più fondamentale di tutte, vale a dire: In che cosa consiste una vita priva di distrazioni?
Facendo le domande più profonde, i cristiani possono portare rapidamente la conversazione a un livello più profondo.
A mio parere ci sono dodici modi in cui i nostri telefonini ci stanno cambiando, e cosa ancora più importante, dodici modi in cui la Scrittura ci esorta ad andare più a fondo, passando dalle preoccupazioni culturali alle questioni eterne in gioco. Questi sono dodici spunti che puoi usare per spostare la tua conversazione dall’abuso del cellulare al vangelo.
1. Diventiamo vittime della distrazione.
I nostri telefoni sono una scatola di caramelle dalla quale facciamo il pieno di zuccheri ogni volta che vogliamo, ed è impossibile restare offline per un periodo di tempo qualunque senza avvertire l’ansia da astinenza. Ma sotto queste piacevoli distrazioni si nasconde la domanda da un milione di euro a cui la gente di tutto il mondo vorrebbe avere una risposta: In cosa consiste la vita priva di distrazioni? La risposta è ben spiegata da Paolo in un capitolo della Bibbia (1 Corinzi 7).
2. Ignoriamo la nostra corporeità.
Ignoriamo i nostri vicini e le persone che ci circondano. Scriviamo messaggi mentre guidiamo l’auto mettendo in pericolo gli altri utenti della strada. Partecipiamo a feste e passiamo il nostro tempo fissando schermi da 4 pollici. I nostri smartphone ci portano a evitare i limiti rappresentati dai nostri corpi, e a vivere nella sfera cognitiva e incorporea del mondo virtuale. La Bibbia però ci esorta a esaltare la bellezza contro-culturale della chiesa fatta di persone in carne ed ossa, e Gesù si sforza di mostrarci che il nostro prossimo è chiunque si trovi lì con noi (Luca 10:25–37).
3. Cerchiamo approvazione immediata.
Gli smartphone ci mettono a contatto immediato con gli amici, con la famiglia e con gli estranei. Possiamo vedere ed essere visti subito. Pubblichiamo una foto e aggiorniamo i nostri feed per vedere chi ci sta guardando e approvando. Ma questo desiderio di approvazione umana spegne la fede (Giovanni 12:42–43). E’ però difficile mettere via i nostri telefoni. Abbiamo paura gli uni degli altri, e vogliamo essere ammirati gli uni dagli altri, perciò nutriamo il desiderio disordinato di essere approvati dall’uomo sulle nostre piattaforme dei social media. Per quanti di noi hanno questo tipo di problema, l’avvertimento di Gesù è molto chiaro: “Se amate [il vostro social network] più di me non siete degni di me” (Matteo 10:37). La Bibbia ci ricorda continuamente il valore supremo della nostra approvazione da parte di Dio e di quello che è in gioco quando ci dimentichiamo questa verità.
4. Perdiamo la nostra alfabetizzazione.
L’abuso dello smartphone non ci rende incolti, ma peggiora il nostro saper leggere e scrivere. Diventiamo pigri in termini di lettura e scrittura e perdiamo la capacità di concentrarci. I cristiani sono il “popolo del libro”, ma per molti di noi le Scritture ora sono diventate il libro più vecchio, più lungo e più complicato che ci può capitare di dover leggere seriamente nella nostra vita. La natura intimorente della Bibbia richiede una lettura scrupolosa del testo biblico. Il rimprovero più comune che Gesù ha fatto è la domanda pungente: “Non avete letto?” Non aver letto significa non aver compreso la Scrittura, e questo significa trovarsi in una condizione di indurimento spirituale. Sappiamo che l’alfabetizzazione vera ed eterna è un dono soprannaturale che consiste nel vedere una gloria invisibile.
5. Stiamo alimentando il prodotto.
I nostri smartphone ci inducono a immaginare che l’abbuffata di nuovi media digitali non finirà mai. Con un’offerta così vasta, i nostri colli si abbassano, e diventiamo sempre più ciechi alla bellezza del creato intorno a noi. Le Scritture ci dicono di fermarci e guardare in alto, per vedere la potenza e la presenza di Dio nella meraviglia della natura e nelle persone che ci stanno attorno, e lasciare che il ringraziamento si trasformi in adorazione (Romani 1:18–23).
6. Diventiamo quello che ci “piace”.
O più precisamente, diventiamo ciò che più amiamo, e tutto ciò che più amiamo ci viene offerto sui nostri smartphone. Siamo esseri permeabili. Diventiamo ciò su cui stiamo fissando la nostra attenzione. Siamo circondati da immagini di corpi a cui non possiamo assomigliare e beni di lusso che non ci possiamo permettere. Ma l’auto-proiezione di ciò che desideriamo essere lentamente trasforma chi siamo. Diventiamo ciò che maggiormente ci attira. E’ un profondo mistero. La Bibbia, invece, ci chiama a contemplare la gloria di Gesù Cristo e a essere trasformati a sua immagine. O i nostri idoli ci conformano alla loro immagine di morte (Romani 1:18–27; Salmo 115:4–8; 135:15–18), o Cristo ci conforma alla sua immagine gloriosa (Romani 12:1–2; 2 Corinzi 3:18; Colossesi 3:10). Questo è l’abc dell’antropologia.
7. Diventiamo più soli.
Gli Smartphone ci spingono a isolarci e a godere in modo voyeuristico nel vedere gli altri rimanendo nascosti dietro la sicurezza e la segretezza garantite da uno schermo. Vogliamo essere in contatto con gli altri, ma vogliamo anche la sicurezza dei nostri smartphone per proteggerci e mediare le nostre relazioni. La tecnologia rende le relazioni più pulite e più facili. Almeno così pensiamo. Ma le Scritture ci comandano di concentrare la nostra attenzione su coloro che hanno meno probabilità di apparire nei nostri feed: i bisognosi, i poveri, gli anziani e disabili.
8. Ci sentiamo a nostro agio in vizi nascosti.
L’anonimato online è un’illusione. Dietro il finto velo, indulgiamo nel frutto proibito, come ad esempio la pornografia, una mela avvelenata che distrugge il nostro appetito spirituale. La Bibbia ci esorta alla massima vigilanza nel proteggere i desideri dei nostri cuori, e a una radicale auto-disciplina di fronte al peccato virtuale che alimenta la nostra immaginazione peccaminosa. “Se il tuo occhio ti fa peccare . . .” è un avvertimento rivolto a noi e che dobbiamo fare nostro (Matteo 18:9; Marco 9:47).
9. Perdiamo il significato.
Video virali, ultime notizie, scatti e messaggi catturano la nostra attenzione immediata sulla superficie sempre in movimento dei social media. Ma la Bibbia ci esorta a ricercare la sapienza come si cerca un tesoro nascosto sotto terra, invisibile a occhi che scorrono su uno schermo fatto di effimeri bytes (Proverbi 2:1–15).
10. Abbiamo paura di rimanere esclusi.
Di tutte le nostre paure digitali, essere tagliati fuori sembra essere il male peggiore. Abbiamo la convinzione, seppur implicita, che fintanto che restiamo connessi ai nostri smartphone non ci perderemo mai niente. Aggiorniamo la pagina scorrendo in basso con il dito, e lo rifacciamo di nuovo. Ma la Scrittura ci parla di un luogo che nessuno di noi ha mai visto, dove tutto quello che ci siamo persi in questa vita sarà sostituito e ristabilito per sempre (Atti 3:21).
11. Diventiamo duri nei confronti degli altri.
Il pettegolezzo è sempre stato il passatempo preferito dei peccatori invidiosi gli uni degli altri. Ma adesso possiamo scrivere dicerie a piacimento e postare foto o prove incriminanti. Su uno schermo, gettare fango sembra essere così facile, così igienico, così pulito. Le Scritture ci permettono di vedere in modo realistico la peccaminosità dell’uomo, a guardare tutto il sudiciume e i fardelli che portiamo noi stessi, e poi ci aiutano a mostrare grazia e misericordia gli uni verso gli altri. Contrariamente agli impulsi dello sdegno online, siamo chiamati a coltivare un cuore paziente e mite nel sopportare le debolezze e i difetti degli altri (Efesini 4:2).
12. Perdiamo la nostra reale presenza nel tempo.
La nostra capacità di concentrazione si è ridotta a 9 secondi, nella fatica di stare dietro alla cascata di messaggi, scatti, foto, notizie dell’ultima ora, e di cose nuove, bizzarre, assurde e scandalose. Siamo condizionati a pensare che la cosa più importante sia quello che succede ora online, e pertanto non riusciamo a concentrarci su niente. La nostra sindrome da deficit di attenzione digitale ci fa perdere il senso della nostra reale presenza nel mondo. Ma le Scritture ci rivelano una trama cosmica, universale che fa risalire la nostra esistenza a qualcosa di più grande dell’immediatezza dei nostri feed. La parola “ricorda” compare circa 400 volte nella Bibbia. Questo ci dice che dobbiamo radicare noi stessi nella storia di Dio per prosperare in questa vita.
Prosperare in una cultura che non è mai “offline”
Tutte le domande di Denzel Washington denotano le crescenti ansie della cultura “mai offline” in cui viviamo, domande che si fanno gli abitanti della nostra città, i nostri vicini di casa, e persone da ogni parte del mondo. Questi interrogativi sullo smartphone aprono nuove porte a un labirinto di domande che riguardano le cose eterne.
E’ vero, siamo tutti digitalmente distratti fino allo sfinimento (e ci piace esserlo). E’ vero anche che tutti gli studi affermano che dovremmo trascorrere meno tempo davanti a uno schermo (ma non vogliamo sentircelo dire). Umiliando noi stessi e imparando l’arte dell’autocontrollo digitale, possiamo parlare alla nostra generazione con una conoscenza chiara dello scopo delle nostre vite e di ciò che significa prosperare nell’era digitale, senza distrazioni e con uno scopo eterno in vista.
Con la Scrittura alla mano, i cristiani si trovano nella condizione di prendere la conversazione e di portarla a un livello più profondo, dove la cultura in cerca di risposte non riesce ad arrivare, e possono spostare la discussione alle realtà di fondo e alle prospettive eterne. E questo significa spostare la conversazione dalle offerte digitali dei nostri nuovi e luccicanti dispositivi mobili alle offerte eterne del nostro misericordioso Salvatore.
In questo senso, ci troviamo davanti a opportunità infinite.
Tony Reinke (@tonyreinke) scrive per il sito Desiring God e ha pubblicato 12 Modi in cui lo Smartphone ci sta cambiando (2017), John Newton on the Christian Life (2015), e Lit! A Christian Guide to Reading Books (2011). E’ il conduttore del podcast Ask Pastor John e vive nell’area metropolitana di Minneapolis-Saint Paul con sua moglie e i suoi tre figli.
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