Pietro Martire Vermigli 1499–1562 La Fenice di Firenze
Fin dalla sua fanciullezza, Pietro Martire Vermigli ebbe il desiderio di insegnare la parola di Dio. All’età di quindici anni, entrò nell’ordine agostiniano nella città italiana di Fiesole, nelle vicinanze della sua città natale, Firenze. Dopo otto anni di formazione teologica, Vermigli fu ordinato sacerdote e conseguì un dottorato in teologia.
Negli anni successivi all’ordinazione, si aprirono nuovi orizzonti per la vocazione di Vermigli. Gli fu conferita la carica di predicatore, una posizione illustre ai suoi tempi. Mentre la sua fama si diffondeva nelle maggiori città italiane, Vermigli fu promosso al ruolo di abate nel monastero del suo ordine, a Spoleto, prima di essere trasferito più a sud nella basilica di San Pietro ad Aram a Napoli. Fu lì che la sua vita cambiò per sempre.
La giustizia ristabilita
Durante il soggiorno di Vermigli a San Pietro (1537–1540), come scrisse il suo collega e biografo Josiah Simler, “la luce superiore della verità di Dio” iniziò a risplendere su di lui. Questa verità, nelle parole di Vermigli, era “la giustizia di Cristo che Dio ci imputa ristabilendo totalmente ciò che mancava alla nostra giustizia debole e mutilata” (The Peter Martyr Reader, 147). Si trattò di un risveglio evangelico che trasformò la sua vita e il suo ministero.
Con una nuova visione di Cristo e del vangelo, Vermigli si trasferì a nord nel maggio del 1541 per diventare priore del prestigioso monastero di San Frediano nella Repubblica di Lucca. Mentre si trovava lì, avviò una serie di riforme in campo accademico ed ecclesiastico che sono state paragonate all’opera di Calvino a Ginevra.
Dopo un periodo di rinnovamento evangelico durato quindici mesi, Papa Paolo III costituì l’Inquisizione Romana, decretandone la fine. Preferendo la prudenza all’eroismo, Vermigli rinunciò ai suoi voti e prese la difficile decisione di lasciare la sua patria.
Da Strasburgo a Oxford
Fu Martin Bucero a far ottenere a Vermigli una cattedra all’università di Strasburgo. All’esule italiano fu chiesto di insegnare lettere sacre, cosa che egli fece dal Vecchio Testamento.
Mentre viveva a Strasburgo, Vermigli sposò un’ex suora di Metz di nome Catherine Dammartin, “un’amante della vera religione” ammirata soprattutto per la sua carità. Dopo otto anni di matrimonio, la moglie morì nel febbraio 1553, ma Pietro Martire si risposò con un’altra Caterina, stavolta italiana, nel maggio 1559.
Dopo cinque proficui anni di insegnamento a Strasburgo, nel 1547 Vermigli ricevette l’invito di Thomas Cranmer (Arcivescovo di Canterbury) a recarsi oltremanica per aiutarlo a dare alla nascente Chiesa d’Inghilterra solide basi Riformate, diventando regio professore di teologia all’Università di Oxford. Tra le molte attività di Vermigli in questo periodo, egli predicò sull’epistola ai Romani, scrisse diversi trattati teologici, difese il Protestantesimo nella famosa controversia sull’eucarestia del 1549, e collaborò con Cranmer alla riforma della liturgia Anglicana.
Accademico a Zurigo
Nel 1553, con l’ascesa al trono della Regina Cattolica Maria I, Vermigli fu costretto a fuggire dall’Inghilterra. Tornò a Strasburgo e riebbe la cattedra al Collegio di San Tommaso, dove, oltre a insegnare e scrivere opere a carattere teologico, raccolse intorno a sé gli esuli inglesi per studiare e pregare con loro. Infine, ottenne una cattedra all’Accademia di Zurigo.
Nonostante numerose opportunità di tenere lezioni in tutta Europa, inclusi molti inviti da parte di Calvino a insegnare a Ginevra e diventare il pastore della congregazione italiana di quella città, Vermigli rimase a Zurigo. L’unica eccezione fu il suo viaggio in occasione dei Colloqui di Poissy con Teodoro di Beza nel 1561 per dibattere con alti prelati cattolici davanti al Re di Francia. Lì ebbe anche l’opportunità di testimoniare alla Regina Caterina de’ Medici nella lingua natia di entrambi, l’italiano.
Insegnante del Libro
Vermigli morì a Zurigo il 12 novembre 1562, alla presenza della moglie e degli amici. Questo umanista Fiorentino e studioso Riformato, che fu uguale in statura a Calvino e a Bullinger, sarebbe stato ricordato per l’impegno profuso nello studio della Scrittura e per la sua passione per il rinnovamento evangelico. Teodoro di Beza lo definì “una fenice nata dalle ceneri di Savonarola”. Anche il dipinto di Vermigli esposto nella National Portrait Gallery di Londra rende testimonianza delle sue convinzioni in fatto di fede. In esso, lo sguardo penetrante di Vermigli guarda in lontananza oltre la cornice dorata mentre con un dito indica il libro straordinario che ha in mano: la Bibbia.
Se dovessimo mettere in bocca a Vermigli un’affermazione che valichi i confini del tempo, probabilmente sarebbe questa esortazione: “Immergiamoci continuamente nelle sacre Scritture, impegniamoci a leggerle, e mediante il dono dello Spirito di Cristo, le cose necessarie per la nostra salvezza ci appariranno chiare, immediate, e completamente accessibili” (Life, Letters, and Sermons, 281).
Su Pietro Martire Vermigli in italiano:
Più dolce del miele. La Parola di Dio nella vita del cristiano, Passaggio, Mantova, 2004.
Chris Castaldo (PhD, London School of Theology) è il pastore guida della New Covenant Church di Naperville, Illinois. E’ autore di Talking with Catholics about the Gospel e coautore del più recente The Unfinished Reformation: What Unites and Divides Catholics and Protestants After 500 Years. Chris ha un blog su www.chriscastaldo.com.
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