Cosa c’è di nuovo nel Nuovo Patto?
«Ecco, i giorni vengono», dice il SIGNORE, «in cui io farò un nuovo patto con la casa d'Israele e con la casa di Giuda; non come il patto che feci con i loro padri il giorno che li presi per mano per condurli fuori dal paese d'Egitto: patto che essi violarono, sebbene io fossi loro signore», dice il SIGNORE; «ma questo è il patto che farò con la casa d'Israele, dopo quei giorni», dice il SIGNORE: «io metterò la mia legge nell'intimo loro, la scriverò sul loro cuore, e io sarò loro Dio, ed essi saranno mio popolo. Nessuno istruirà più il suo compagno o il proprio fratello, dicendo: "Conoscete il SIGNORE!", poiché tutti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande», dice il SIGNORE. «Poiché io perdonerò la loro iniquità, non mi ricorderò del loro peccato».
Prima ancora dell’esilio, Yahweh aveva già preparato un rimedio duraturo per la malattia spirituale che lo aveva reso necessario. Egli decise di fare un “nuovo patto” con la totalità del suo popolo (Geremia 31:31) che non è “come il patto che [egli] fece con i loro padri il giorno che li prese per mano per condurli fuori dal paese d'Egitto: patto che essi violarono” (Geremia 31:32). Questo è un chiaro riferimento al patto che Yahweh fece con il suo popolo al Sinai e che fu rinnovato a Moab. Tuttavia, è sbagliato intendere il contrasto tra “antico patto” e “nuovo patto” come una dicotomia teologica tra legge e grazia. Piuttosto, il contrasto è tra la grazia di Yahweh nello stabilire una relazione basata su un patto “il giorno che [egli] li prese per mano per condurli fuori dal paese d’Egitto” e l'ingratitude di Israele quando “essi violarono” tale relazione con la loro continua disobbedienza. L’antico patto era pertanto violabile ma non era sbagliato in sé. Nonostante l’apostolo Paolo venga spesso fatto passare dalla teologia cristiana come un critico dell’antico patto, egli afferma in più posti che la legge dell’Antico Testamento è fondamentalmente buona (per es., Romani 7:12, 16; 1 Timoteo 1:8).
La novità del “nuovo patto” deriva dal modo in cui esso affronta la questione dell’apostasia di Israele. In un tempo non specificato nel futuro, Yahweh farà un nuovo patto con cui “[egli] metterà la [sua] legge nell’intimo loro, la scriverà sul loro cuore” (Geremia 31:33). La parola resa con “legge” è torah, un termine che in questo contesto si riferisce all'”istruzione" in generale, non soltanto alle disposizioni legali del Pentateuco.1 Il fatto che la torah continuerà a fare parte del “nuovo patto” indica che l’obbedienza all’“istruzione” di Dio rimarrà una parte fondamentale della relazione con lui. La discontinuità con l’“antico patto” risiede nel fatto che la Parola di Dio sarà scritta indelebilmente “sul loro cuore” in misura più ampia di quanto il suo popolo ribelle aveva potuto fare con le proprie forze. Altri brani dell’Antico Testamento parlano della necessità di un’obbedienza a Dio che provenga dal cuore, specialmente l’ingiunzione che si trova in Proverbi di scrivere i comandamenti e gli insegnamenti divini trasmessi dai genitori “sulla tavola del [tuo] cuore” (Proverbi 3:3; 7:3; cf. Deuteronomio 10:16).
Poiché l’antico patto poteva essere violato dalla disobbedienza, il nuovo patto impartirà una maggiore capacità di obbedire (come Geremia 31:34 spiegherà tra breve). Il risultato sarà il tipo di relazione basata su un patto che Yahweh ha sempre voluto avere con il suo popolo: “Io sarò loro Dio, ed essi saranno mio popolo” (v. 33; cf. Genesi 17:7; Esoso 6:7; Ebrei 8:10; Apocalisse 21:3). La nozione di patto nell’Antico Testamento descrive più una relazione familiare che un contratto legale (benché quest’ultima connotazione della parola sia diventata prevalente nella lingua italiana).
Il primato della relazione è il motivo per cui la precedente necessità del popolo di esortarsi a vicenda a conoscere il Signore verrà sostituita dalla nuova promessa di Yahweh che “tutti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande” (Geremia 31:34). La possibilità di conoscere Yahweh è sempre stato l’obiettivo dell’antico patto (per es., Deut. 6:4-5; 7:9; Osea 2:20), ma il fatto che detto patto fosse violabile significava che il suo popolo peccatore poteva facilmente allontanarsi da lui. È proprio qui che si trova la novità del nuovo patto, in cui Yahweh perdonerà i peccati del suo popolo (Geremia 31:34), che impediscono loro di conoscerlo (cf. Isaia 59:2; Geremia 9.24; 22:16; Osea 4:1). Vale a dire, il perdono duraturo di Dio non è il segno del nuovo patto ma il suo fattore abilitante, affinché tutti possano conoscere Yahweh come l’antico patto voleva ma il peccato impediva di fare.
Relazione tra Patti
Nell’interpretare Geremia 30–31 si pone il problema di come il “nuovo patto” si relaziona ai patti precedenti che Yahweh fece con il suo popolo, in particolare quelli con Abramo, Israele (attraverso Mosè) e Davide. Un approccio comune è quello di classificare i patti dell’Antico Testamento sulla base di un contrasto tra incondizionalità e condizionalità. Secondo questa classificazione, il “nuovo patto” di Geremia viene considerato come il superamento incondizionale da parte di Dio dei requisiti condizionali che Israele non riuscì a mantenere. Eugene Merrill esprime questo punto di vista:
Il Signore dona un cuore nuovo, egli ri(crea) il suo popolo, e garantisce anche che essi torneranno a lui con tutto il loro cuore. Questo porta la condizionalità del patto Mosaico a livello di incondizionalità. Il Signore chiede che il suo popolo si ravveda dei suoi peccati se vogliono rimanere la sua nazione del patto, ma egli provvede la grazia necessaria per produrre tale ravvedimento . . . Qui non c’è niente altro che grazia pura e incondizionata.2
Per quanto eloquente e toccante sia l’affermazione di Merrill, essa omette il fatto che il patto che Yahweh fece con Israele fu inaugurato dalla grazia divina dell’esodo che precedeva e sorreggeva le sue prescrizioni (Esodo 19:4-6; 20:2).3 L’obbedienza alla torah di Yahweh continua allo stesso modo a fare parte del “nuovo patto” che egli inaugura con gli esiliati (Geremia 31:33), poiché la torah stessa è un dono che Dio fa a Israele (Deuteronomio 4:1-8).4 In sintesi, i concetti di condizionalità e incondizionalità sono problematici da usare come facce opposte di una metafora legale per descrivere la natura relazionale dei patti che Dio fa con il suo popolo. L’essenza del patto è meglio espressa dalla dichiarazione famigliare di Yahweh che ricorre in Geremia 30-31: “Voi sarete mio popolo e io sarò vostro Dio” (30:22; 31:1, 33). La frequenza di questa dichiarazione nell'Antico e nel Nuovo Testamento indica che il “nuovo patto” di Geremia somiglia ad altri patti nella Bibbia che in maniera analoga presentano Dio sia come artefice sovrano del patto sia come sostenitore relazionale del patto (cf. Genesi 17:8; 2 Samuele 7:14; Ezechiele 36:28; 2 Corinzi 6:18; Apocalisse 21:7).
Considerando tale continuità teologica, per quale motivo l’autore di Ebrei enfatizza la discontinuità affermando che “[Cristo] ha ottenuto un ministero tanto superiore quanto migliore è il patto fondato su migliori promesse, del quale egli è mediatore. Perché se quel primo patto fosse stato senza difetto, non vi sarebbe stato bisogno di sostituirlo con un secondo” (Ebrei 8:6-7)? Dopo una citazione completa di Geremia 31:31-34 (Ebrei 8:8-12, la citazione più lunga dell’Antico Testamento nel Nuovo Testamento), il brano continua: “Dicendo «un nuovo patto», egli ha dichiarato antico il primo. Ora, quel che diventa antico e invecchia è prossimo a scomparire” (Ebrei 8:13). È fondamentale in questo senso che l’autore di Ebrei introduca la citazione di Geremia con il commento editoriale: “Infatti Dio, biasimando il popolo, dice: ‘Ecco, i giorni vengono . . .’” (Ebrei 8:8). Ossia, il difetto dell’antico patto (8:7) consisteva nel fatto che le persone stesse fossero imperfette e inclini a violarlo (Ebrei 8:8a), determinando quindi la necessità del “nuovo patto”, che segue nel brano (Ebrei 8:8b-12).5 Infatti, l’autore di Ebrei spiega che Yahweh istituì le promesse migliori del nuovo patto per questo motivo: “Essi non hanno perseverato nel mio patto, e io, a mia volta, non mi sono curato di loro” (Ebrei 8:9).
Tali dichiarazioni in Ebrei 8 indicano che le buone promesse dell’antico patto permettevano alle persone di rispondere a Dio, ma esse scelsero di non farlo. La possibilità di obbedienza era reale ma i credenti dell’antico patto rifiutarono di obbedire, ed è per tale motivo che l'autore di Ebrei cita l’ingiunzione del salmista di non indurire il proprio cuore (Ebrei 3:7-11; cf. Salmo 95:7-11). Ora che il nuovo patto offre un’ulteriore garanzia di promesse migliori (cf. Ebrei 8:8-12; 10:15-18), i cristiani devono essere ancora più vigili nel prestare ascolto alla chiamata di avvicinarsi a Dio “con cuore sincero e con piena certezza di fede, avendo i cuori aspersi di quell’aspersione che li purifica da una cattiva coscienza e il corpo lavato con acqua pura. Manteniamo ferma la confessione della nostra speranza, senza vacillare; perché fedele è colui che ha fatto le promesse” (Ebrei 10:22-23). Geremia sarebbe perfettamente d’accordo con l’autore di Ebrei nel dire che nel “nuovo patto” la trasformazione spirituale richiede un ravvedimento più profondo e una maggiore fedeltà da parte del credente, piuttosto che incoraggiare il fatalismo.
Il presente articolo è di Jerry Hwang ed è tratto dalla serie di commentari espositivi ESV: Isaia–Ezechiele (Volume 6), curato da Iain M. Duguid, James M. Hamilton Jr., e Jay Sklar.
Jerry Hwang (PhD, Wheaton College) è decano accademico e professore associato di Antico Testamento presso il Singapore Bible College. È un missionario con OMF International e membro del consiglio direttivo di Institute for Biblical Research. È l’autore di Osea nel Commentario Esegetico sull’Antico Testamento edito da Zondervan e di The Rhetoric of Remembrance.
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