Come prendersi cura di amici che soffrono di ansia e depressione

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Trasudo ansia da ogni poro. Ne ho sempre sofferto. Sono cresciuta nell’Irlanda del Nord degli anni 80 e 90, un paese lacerato dal caos e dal conflitto. Se la paura fosse una malattia contagiosa, all’epoca ne eravamo tutti contagiati. 

Nello stesso periodo, i titoli dei giornali (me li ricordo) erano pieni di notizie sulla diffusione dell’AIDS, una terribile malattia incurabile. Nella mia piccola mente di bambina rimbombavano campanelli d’allarme: non si è mai troppo prudenti, non si è mai troppo sicuri.

A 13 anni, diventai anoressica. Durante gli anni successivi contrassi pure un disturbo ossessivo compulsivo (DOC), tendenze autolesioniste, ansia e depressione. Smisi di mangiare fino al punto di spegnermi. Mi lavavo le mani con la candeggina fino a farle sanguinare. C’erano molti motivi per questo, non solo quelli che ho citato, ma alla base di tutti questi motivi c’era la paura di perdere il controllo del mio corpo e del mio mondo. Così elaborai delle strategie per far fronte a queste paure. Combattevo le mie paure con la fame e il sapone per le mani.

Il disturbo ossessivo compulsivo assume forme diverse. Nel mio caso, era la paura di essere contaminata e la paura di esaurire le scorte. Feci incetta di sapone e rotoli di carta igienica. Non toccavo le superfici per paura di prendermi un’infezione o trasmetterla ad altri. Credevo che qualcosa di terribile sarebbe successo a me o alle persone che amavo se non mi fossi lavata le mani continuamente e in un certo ordine.

Non era una cura esagerata per l’igiene personale. Ero imprigionata da un’ossessione che mi dominava. Trascorrevo ore e ore a lavarmi con un programma prestabilito; anche la minima deviazione dalla routine significava che doveva ricominciare da capo. Prima la mano sinistra, dito per dito, sotto le unghie, 26, 27, 28 volte. La mia pelle si spaccò, e dovetti bendarmi i polsi. Avevo le dita scorticate.

Grazie a Dio, non sono più dominata da questo disturbo. Ma immaginiamo che io stessi vivendo il momento attuale da adolescente. Come avrei visto il mondo?

Stiamo affrontando una nuova crisi: un’epidemia che nessuno sa come gestire. Ho il terrore dei germi, ma i negozi hanno esaurito le scorte di carta igienica e sapone per le mani.

L’unica cosa in grado di fermare l’epidemia è lavarsi le mani. Ma non basta lavarsi le mani, bisogna lavarle nel modo corretto, cioè a lungo e seguendo certe regole. 

Resto sveglia la notte con il pensiero fisso di mettere a repentaglio la salute dei miei cari se non faccio le cose per bene. Potrei persino causare la morte di mia nonna.

La gente intorno a me, adulti, amici online, capi di governo, vicini, sono nel panico.

Gli scaffali dei supermercati sono vuoti. Il mondo intero sta assumendo la mentalità della scarsità.

Tutto va a rotoli. 

Questa non è tutta la verità, ma è così che avrei visto le cose. 

Che cosa faresti per arginare queste paure? Come pastori, genitori, colleghi di lavoro e amici, come possiamo amare chi è vulnerabile alla depressione o all’ansia? 

Tendi la mano

“Distanziamento sociale” è diventato lo slogan del giorno, ma quello che davvero ci serve è il distanziamento fisico. Da un punto di vista sociale, dobbiamo tendere la mano, ancor più che in passato. Possiamo prendere esempio dal nostro Salvatore:

Quando egli scese dal monte, una gran folla lo seguì. Ed ecco un lebbroso, avvicinatosi, gli si prostrò davanti, dicendo: «Signore, se vuoi, tu puoi purificarmi». Gesù, tesa la mano, lo toccò dicendo: «Lo voglio, sii purificato». E in quell'istante egli fu purificato dalla lebbra. (Matteo 8:1-3)

Al tempo della Bibbia, il distanziamento imposto per la lebbra andava oltre a quello che vediamo oggi. Era una sentenza di isolamento totale per il resto della vita. Eppure Gesù non indietreggia. Egli tende la mano ai bisognosi e diffonde purificazione invece di contaminazione. Come suo popolo, anche noi siamo chiamati a “portare i pesi gli uni degli altri” (Galati 6:2) e diffondere pace anziché panico.                                                                                                                                         Interventi medici e terapeutici adeguati sono fondamentali per le persone in difficoltà, ma anche il corpo di Cristo può stare al loro fianco con amore. Se un tuo vicino o un tuo amico è paralizzato dalla paura, o se il tuo coniuge o tuo figlio è avvilito a causa della depressione, o se un fratello o una sorella della chiesa sembra intrappolato in una spirale di ansia, puoi offrire il tuo aiuto in diversi modi pratici. 

Falli parlare (Proverbi 20:5).

Molti comportamenti distruttivi sono strategie per affrontare pensieri che hanno bisogno di essere espressi. Offri al tuo amico un posto sicuro per parlare, e rassicuralo che non rimarrai sorpreso: “Siamo tutti sotto pressione supplementare; quali sono le tue paure?”

Controlla se si stanno prendendo cura di sé (1 Timoteo 6:8).

Hanno cibo e provviste? Stanno assumendo i loro farmaci? Se si sentono gravati, puoi prendere un appuntamento per loro con un medico o un esperto di salute mentale, accompagnarli per ricevere cure, o aiutarli a esprimere le loro paure?

Smonta i loro timori (Luca 12:32).

Ascolta. Non promettere che il peggio non accadrà, ma incoraggiali a pensare in grigio e non in bianco e nero. Potrebbero concentrarsi esclusivamente sullo scenario peggiore. Ma qual è il miglior esito possibile? E qual è quello più probabile, prendendo in considerazione tutti gli elementi?

Suddividi i loro compiti (Matteo 6:34).

Invece di pianificare per le settimane a venire, la crisi attuale ci sta costringendo a dipendere dal “pane quotidiano”. Puoi aiutare il tuo amico a fare questa transizione. Quando il quadro generale sembra troppo difficile, suddividi i compiti impegnativi in piccoli passi.                                                                                                                                               Sii specifico: “Accendi il tuo computer. Fai 15 minuti di lavoro. Fai una passeggiata fino alla fine della strada. Fai altri 15 minuti di lavoro. Manda un messaggio a un amico”. Poi celebrate il raggiungimento di ciascuno di questi passi.

Aiutali a creare nuove routine (Proverbi 15:22).

La mancanza di una routine e di controllo è inquietante. Ricorda loro che Gesù è ancora il Signore. Aiutali a creare nuove routine e incoraggiali a seguirle il più possibile. Sfidali a svegliarsi e vestirsi come al solito, anche se non devono uscire di casa. Ricorda loro di mangiare dei pasti nutrienti e regolari, anche se devono farlo da soli.

Crea una “banca di resistenza” con loro (Apocalisse 2:4–5).

Una “banca di resistenza” è un elenco di persone e di attività a cui rivolgersi invece di darsi a comportamenti distruttivi. Mettilo in un luogo ben in vista così che possano leggerlo quando si sentono disperati. Invece di cedere ad atti di autolesionismo, il tuo amico può leggere alternative positive sullo specchio del suo bagno: “Telefonare a papà. Fare un bagno caldo. Ascoltare il podcast preferito”.

Non offrire false sicurezze (Geremia 6:14).

Le persone che soffrono potrebbero volere essere continuamente rassicurate su particolari ossessioni, ma questo può aumentare le loro paure. Evidenzia la loro capacità di adattamento e ricorda loro la fedeltà di Dio facendo degli esempi concreti dal loro passato. Il tuo obiettivo è aiutarle a riconoscere la loro ansia e permettere che essa passi, non che facciano affidamento su di te per gestirla al posto loro.

Chiedi della loro dieta mentale oltre dei loro bisogni fisici (Filippesi 4:8).

Incoraggiali a limitare i social media o le notizie a fonti affidabili e a limitarne l’uso. Guardare il telegiornale solo una volta al giorno, per esempio.

Sfida i falsi sensi di colpa (1 Pietro 3:6).

Per chi è scrupoloso, ci sono regole aggiuntive da seguire, con potenziali gravi conseguenze. Chi combatte contro l’ansia può mettere in discussione tutte le sue scelte: “Ho fatto bene a fare quella passeggiata? Visitare quell’amico?” Dobbiamo avere lo spirito di Sara: “Fare il bene senza lasciarci turbare da nessuna paura” (1 Pietro 3:6). Incoraggia il tuo amico a seguire le linee guida raccomandate, senza aggiungere requisiti supplementari.

Rendi semplici le cose spirituali (Matteo 6:7).

Incoraggiali a leggere la Bibbia, ma di essere consapevoli che potrebbe apparire un’impresa proibitiva. Ricorda loro che non sono condannati; il Signore conosce le nostre debolezze. Sii creativo: scegli un versetto che possono appendere o leggere quando sono ansiosi. O leggi una storia semplice dei Vangeli, anche qualcosa da una Bibbia per bambini. Offriti di pregare per loro, fornisci brevi preghiere scritte da altri, e modella richieste specifiche. 

Comunica speranza (Giovanni 16:33).

Guardiamo con impazienza alle foto nei giornali, nella speranza di vedere volti di persone che sono guarite dal virus, persone in altre parti del mondo ora libere di riunirsi, dottori e infermieri che tornano a casa perché il loro lavoro è terminato. Abbiamo bisogno di speranza dopo la sofferenza. Nella Bibbia, abbiamo una fonte affidabile, e questo è il suo titolo in prima pagina: un giorno di liberazione e di festa è in arrivo!

Ecco il messaggio che rivolgiamo ai nostri amici che soffrono: Gesù, non questo virus, è il Signore. Ed egli condurrà il suo popolo attraverso questa pandemia. “Or il Dio di ogni grazia, che vi ha chiamati alla sua gloria eterna in Cristo, dopo che avrete sofferto per breve tempo, vi perfezionerà egli stesso, vi renderà fermi, vi fortificherà stabilmente” (1 Pietro 5:10).


Emma Scrivener è nata a Belfast, Irlanda del Nord. Ora vive a Eastbourne (Inghilterra) con suo marito Glen e i loro due figli. Emma scrive sul suo blog emmascrivener.net sui temi dell’identità, della fede e della salute mentale. E’ autrice di diversi libri, tra cui A New Name e A New Day.

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