Cinque modi per dubitare dei tuoi dubbi
Il nostro pensiero più rigoroso e razionale è infarcito di varie forme di fede. Persino il dubbio di uno scettico contiene sempre un elemento di fede.
Nel suo saggio “La critica del dubbio”, Michael Polanyi sostiene che dubbio e fede sono in definitiva “equivalenti”. Perché? “Dubitare di una qualsiasi dichiarazione esplicita”, scrive, “significa rifiutare una convinzione . . . in favore di altre convinzioni che non sono messe in dubbio al momento”. Non puoi dubitare la credenza A se non sulla base di qualche credenza B alla quale stai invece credendo in quel momento.
Così, per esempio, non è possibile dire: “Nessuno può avere certezze su Dio e sulla religione”, senza presumere in quel momento di avere una comprensione sufficiente della natura della conoscenza religiosa da essere certo della sua affermazione.
Dubita dei tuoi dubbi
Alcuni anni fa, un uomo cominciò a frequentare la nostra chiesa. All’inizio della sua vita aveva una fede generica in Dio, ma era stato assalito da dubbi durante l’università e aveva vissuto per anni senza alcuna fede religiosa. Dopo aver frequentato la nostra congregazione per alcuni mesi, egli mi disse che la fede in Dio gli appariva più plausibile. Quando gli chiesi come era successo, mi disse che il punto di svolta era stato ascoltare un discorso che avevo fatto sul “dubitare dei propri dubbi”. Disse: “Non mi ero mai reso conto che doveva esserci della fede dietro ai miei dubbi. Quando ho considerato le cose in cui credevo, ho scoperto che non avevo buoni motivi per credere ad esse. Quando ho iniziato a esaminare alcune delle basi per i miei dubbi, la fede in Dio non mi è apparsa poi così difficile”.
Che cosa significa fare questo? Dopo aver conosciuto meglio quest'uomo (che divenne poi un mio amico e infine un membro della mia chiesa), mi misi ad analizzare la serie di cose che avevano generato i suoi primi dubbi. Più tardi scoprii un blogger ateo che aveva fatto un elenco quasi identico:
La causa iniziale che pianta il primo seme del dubbio è diversa da persona a persona. In ogni caso, alcuni dei motivi più comuni sono: conoscere un vero ateo e scoprire che non è quel misantropo immorale e infelice che il credente si aspetterebbe; vedere un credente buono e fedele soffrire terribilmente apparentemente senza alcun motivo; essere testimone di corruzione o ipocrisia istituzionalizzata nella gerarchia religiosa del credente; rendersi conto dell’ingiustizia di fondo della dottrina dell’inferno e della salvezza; o trovare una contraddizione o un errore senza risposta nelle Scritture preferite del credente.
Esaminiamo ciascuna di queste occasioni di dubbio, e come il mio amico alla fine ha risposto.
1. Conoscere un vero ateo che non è un misantropo immorale e infelice.
Questo dubbio è basato sul convincimento implicito che le persone religiose sono salvate da Dio a causa della loro bontà e moralità. Se le cose sono così, allora gli atei per definizione devono essere persone cattive e immorali. Quando il mio amico ha scoperto che la Bibbia insegna che siamo salvati solo per grazia immeritata, e non a causa della nostra moralità, ha capito che non c’era nessun motivo per cui un ateo non potesse essere una persona molto migliore di un cristiano. La convinzione dietro al suo dubbio crollò, così il suo dubbio scomparve.
2. Vedere un credente buono e fedele soffrire terribilmente senza alcun motivo.
Questo dubbio nasce dalla convinzione che se noi esseri umani non riusciamo a discernere un motivo sufficiente per un atto di Dio, allora non ce ne può essere nessuno. Il mio amico giunse a rendersi conto di questo presupposto che, se c’è un Dio infinito, una mente finita dovrebbe essere in grado di giudicare i suoi motivi e i suoi piani. Egli si chiese quanto fosse ragionevole credere a una cosa del genere e riporre una tale fiducia nella propria conoscenza, e il dubbio iniziò a essere intaccato.
3. Essere testimone di corruzione o ipocrisia in un’istituzione religiosa.
Questa potrebbe essere la base più giustificabile per mettere in dubbio la verità di una particolare fede. Il mio amico però si rese conto che gli standard morali che stava usando per giudicare i credenti ipocriti provenivano principalmente dal cristianesimo stesso. “La cosa peggiore che potevo dire sui cristiani era che non erano abbastanza cristiani. Ma perché avrebbero dovuto esserlo, se il cristianesimo non era affatto vero?”
4. Rendersi conto dell’ingiustizia di fondo della dottrina dell’inferno e della salvezza.
Questo dubbio, disse il mio amico, proveniva in gran parte dalle convinzioni di fondo della sua cultura. Aveva un amico cinese che non credeva in Dio ma che diceva che, se Dio esisteva, avrebbe certamente avuto il diritto di giudicare le persone come meglio credeva. Allora comprese che il suo dubbio sull’inferno era basato su una mentalità bianca, occidentale, democratica, individualista non condivisa da gran parte degli altri popoli del mondo. “Pretendere che l’universo venga gestito come una democrazia occidentale era in effetti un punto di vista molto etnocentrico”, mi disse.
5. Trovare una contraddizione o errore senza risposta nella Scrittura.
Questo dubbio, disse il mio amico, era basato sulla convinzione che tutti i credenti religiosi riponessero una fiducia ingenua e acritica nella Bibbia. “Da quando sono venuto nella tua chiesa mi sono reso conto che ci sono state migliaia di dissertazioni scritte su ogni singolo versetto, e per ogni contestazione che un versetto contraddice un altro o contiene un errore, ci sono dieci contrappunti convincenti”. Egli giustamente perse la sua fede di poter trovare nella Bibbia una difficoltà che fosse “senza risposta”.
Polanyi è convincente quando dice che sia il puro oggettivismo che il puro soggettivismo sono controproducenti e in ultima analisi impossibili da sostenere. Gli oggettivisti non possono spiegare il gran numero di valori che inevitabilmente conoscono ma che non possono essere provati. E i soggettivisti fanno delle asserzioni senza senso e contraddittorie. Da dove ottengono la certezza di conoscenza necessaria per dire che nessuno ha il diritto di essere certo?
La secolarità contemporanea non consiste dunque nell’assenza di fede, ma è invece basata su tutta una serie di credenze, incluse diverse supposizioni molto contestabili sulla natura della prova e della razionalità stessa.
Tim Keller (MDiv, Gordon-Conwell Theological Seminary; DMin, Westminster Theological Seminary) è il fondatore di Redeemer Presbyterian Church (PCA) a Manhattan, presidente di Redeemer City to City e fondatore di The Gospel Coalition. Ha scritto numerosi libri, tra cui Ragioni per Dio. Lui e sua moglie, Kathy, hanno tre figli.
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