A Dio interessa la tua chiamata nel mondo

Cambiare un pannolino sporco non significa poter cancellare “cambiare il pannolino” dalla tua lista di cose da fare. Ripeterai questo gesto centinaia se non migliaia di volte. Avere una discussione con il tuo capo ufficio non elimina la possibilità di avere altre discussioni in futuro. Correggere i compiti di matematica della terza elementare non diventa meno noioso se lo fai tre o trecento volte. L’ennesimo sermone monotono potrebbe non essere l’ultimo.  

Questi compiti poco piacevoli e ripetitivi possono apparire del tutto privi di significato. Ci ricordano di certo le conseguenze della maledizione che si ripercuotono sulle nostre vite quotidiane. I dolori del parto e il dover faticare con il sudore della fronte tra spine e rovi sono all’ordine del giorno (Genesi 3:16-19).

Ma le nostre faccende quotidiane ci ricordano ben più della maledizione che ha colpito la creazione. I riformatori del sedicesimo secolo, guidati da Martin Lutero e Giovanni Calvino, erano consapevoli che i compiti della vita quotidiana, per quanto monotoni e noiosi spesso ci appaiono, sono necessari al sostenimento della vita del singolo individuo e al funzionamento della società. Oltre a questo, sono incarichi (la parola usata dai riformatori è “chiamate”) che Dio stesso ha assegnato alle sue creature umane. I compiti quotidiani sono opportunità per servire insieme a Dio, opportunità che fanno andare avanti il mondo e che aiutano a mantenerlo in buono stato.

Lutero e Calvino sulla chiamata

La Scrittura, certamente, parla di Dio che chiama tutte le persone al ravvedimento e alla fede in lui. I cristiani del medio evo fecero tuttavia un uso diverso della parola vocatio o chiamata. Le chiamate erano le vocazioni sacre (sacerdote, suora o monaco) che servivano Dio in una maniera più meritoria rispetto agli altri lavori. Lutero però riteneva che nessuna attività umana meritasse il favore di Dio. Egli credeva che se, come dice la Bibbia, tutto quello che è fatto senza la fede in Cristo è peccato (Romani 14:23), allora tutto quello che è fatto in fede è gradito a Dio, sebbene non meriti il suo favore. Chi ha fede in Cristo ha ricevuto il favore di Dio indipendentemente dalle cose che fa, solamente in virtù dell’insondabile amore del Creatore per il suo popolo. E’ una persona che vive con un cuore grato qualunque sia la chiamata che il suo Creatore gli ha rivolto.

I compiti della vita quotidiana, per quanto monotoni e noiosi spesso ci appaiono, sono necessari al sostenimento della vita del singolo individuo e al funzionamento della società.

Lutero e Calvino misero in discussione il concetto medievale di chiamata, ma accettarono la struttura medievale della società: primo, la casa, e con essa, le attività economiche; secondo, la società civile; e terzo, la chiesa. Alcuni studiosi contemporanei pensano che l’analisi medievale della società non sia più adeguata. Noi tutti però viviamo la nostra vita nell’ambito familiare, nelle attività economiche, nella società con i suoi aspetti politici e ancora altri, e nella vita religiosa.

Gli uomini si servono gli uni gli altri all’interno di queste strutture perché Dio sa che gli uomini non dovrebbero stare da soli (Genesi 2:18). Egli assicura la vita umana mediante questa rete di servizio reciproco in cui individui e gruppi ricoprono i ruoli assegnati loro da Dio che sostengono e promuovono il quieto vivere. Le persone assolvono i loro compiti in ruoli specifici nella famiglia, nel lavoro, nella società e nella chiesa e a volte semplicemente come sorelle, fratelli o amici cristiani.

Il nostro lavoro dà piacere a Dio

E’ incoraggiante sapere che Dio ci ha creato per incarnare il suo amore per il suo mondo e il suo popolo. Il Dio che umiliò se stesso prendendo forma di un servo per salvare il suo popolo opera per creare nei suoi figli lo stesso sentimento che è stato in Cristo (Filippesi 2:6-8). Questo significa rinunciare all’egoismo ed essere disposti a fare umilmente qualsiasi cosa Dio ci chiami a fare. E’ facile essere scoraggiati quando siamo costretti a svolgere attività ripetitive che sembrano non servire a un granché. E’ molto consolante e incoraggiante ricordare che Dio non cambia pannolini, non corregge i compiti di matematica, non saluta le stesse persone domenica dopo domenica ai culti di adorazione, ma che, invece, ha dato a noi “comuni mortali” questi ruoli per continuare a fare andare avanti la vita con tali attività.

Comprendere di fare parte della cura provvidenziale di Dio per il suo mondo anche nei compiti più umili mette un argine alla gelosia degli altri e alla sottostima di sé e ci rende pronti a sacrificare noi stessi nel rispondere alla chiamata di Dio. Ci aiuta anche a prendere decisioni di tipo etico su come usare il nostro tempo. I cristiani sono istruiti molto bene a ubbidire ai comandamenti biblici, tuttavia ubbidiamo a questi mandati divini all’interno delle nostre chiamate. Per prendere le decisioni giuste è necessario conoscere i comandamenti di Dio e le vocazioni che Dio ci ha assegnato.

Dio chiama, e noi rispondiamo nelle vocazioni della casa e del lavoro, della società e della chiesa. In quelle vocazioni viviamo il genere di vita che, mediante la potenza dello Spirito Santo, Cristo ha ristabilito e che continua a ristabilire.


Robert Kolb (PhD, University of Wisconsin) è professore emerito di teologia sistematica al Concordia Seminary di St. Louis, Missouri. E’ autore e coautore di numerosi libri, tra cui The Genius of Luther’s Theology, Luther and the Stories of GodMartin Luther: Confessor of the Faith, e The Christian Faith: A Lutheran Exposition. Kolb è anche co-curatore di The Book of Concord. Ha tenuto lezioni in oltre 40 istituzioni accademiche nei cinque continenti e in numerosi incontri ecclesiali. Dal 1996 è docente presso il Lutherische Theologische Hochschule a Oberursel, Germania.

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