In missione con noi: Uno strumento nelle mani di una madre

Anche se voglio godere quanto più possibile questi anni con i miei figli, più di ogni altra cosa voglio che essi sappiano con certezza chi è il mio tesoro e che un giorno diventi anche il loro.

Ieri sera, io e mia figlia di otto anni ci facevamo le coccole nel letto. Mentre cercavo di non addormentarmi massaggiando la sua schiena, lei mi chiese che cosa avevo studiato a scuola e come mai non facessi il lavoro per cui avevo studiato. Mentre cercavo di spiegarle il motivo, mi interruppe. “Oh… così adesso sei una specie di mamma missionaria, giusto?” La fissai con gli occhi spalancati. Era troppo piccola per rendersi conto della frase meravigliosa che le era appena uscita dalla bocca e del perché mi avesse fatto sorridere.

Aveva ragione. Sono una mamma di cinque figli di età compresa tra i 3 e i 14 anni. Al momento della loro nascita, Dio rivolse a me e a mio marito la straordinaria chiamata di amare e discepolare ognuno di questi figli per il resto delle nostre vite (Efesini 6). Incredibilmente, Egli affidò queste preziose vite umane alla nostra cura. Il nostro desiderio più grande per i nostri figli è che Gesù conquisti i loro cuori e che le loro vite siano sempre definite dal vangelo.

Sono anche una missionaria, una figlia di Dio. Al momento della mia nascita spirituale, ho ricevuto un’altra incredibile chiamata da parte di Dio, il mandato di essere un’ambasciatrice, una missionaria (2 Corinzi 5:18-20). Egli mi ha scelto per affidarmi la preziosa buona notizia di Suo figlio, Gesù Cristo. Spero con tutto il cuore che sarò fedele a diffondere questa buona notizia al mondo perduto che mi circonda e che molti possano essere salvati mentre vivo in missione.

La tensione

Benché queste due chiamate siano entrambe vere di me ed io abbia la stessa passione per ciascuna di esse, per molti anni ho avvertito una tensione tra di loro, che ho fatto molta fatica a risolvere. Volevo essere una mamma fedele e amorevole che amministrasse bene i brevi anni che avrei trascorso con i miei figli, in modo da poter dire un giorno senza rimpianto di avere dato tutta me stessa per loro e di essermeli goduti fino in fondo. E poiché essere madri è estremamente impegnativo, sapevo che sarebbe stato facile limitarmi a fare questo per i prossimi 25 anni e rimanere parecchio occupata. Ma quale tragedia sarebbe stata se, totalmente presa nel mio mondo di mamma, avessi rinunciato a essere in missione per il mondo perduto intorno a me fino a quando non avessi sentito di avere più “tempo” a disposizione. Dall’altro lato della tensione c’era un’altra possibile tragedia, cioè essere talmente concentrata sulla missione e sul “raggiungere” altri con il vangelo da trascurare e non godermi i miei familiari più stretti senza rendermene conto fino a quando non sarebbe stato troppo tardi.

Il pensiero di poter sbagliare su ambo i lati di questa tensione mi spaventava. Dato che mi piace fare liste, trovare formule, sentirmi in controllo della mia vita e fare tutto il possibile per evitare il fallimento, feci di tutto per cercare di risolvere questa “tensione” nella mia vita di mamma e di missionaria. Poiché ciò sembrava difficile e impegnativo, spesso mi sentivo come paralizzata. Guardandomi indietro, per quanto detesti dirlo, a livello emotivo pensavo che la risposta fosse “proteggere” le mie chiamate l’una dall’altra: non essere troppo in missione al punto di trascurare la mia famiglia, e non essere talmente presa dal mio lavoro di mamma da ignorare la mia chiamata alla missione. Detestavo questo dilemma che c’era nel mio cuore e iniziai a chiedere allo Spirito Santo di insegnarmi e di cambiarmi.

Una risposta

Ricordo con estrema chiarezza quando Egli iniziò a rispondere alla mia preghiera. Era un pomeriggio di primavera inoltrata, ed ero appena rientrata a casa dopo essere stata in compagnia dei vicini che abitano di fronte a casa mia. Nostro figlio di nove anni era raggomitolato sulla sua sedia a leggere, mentre io e mio marito eravamo seduti sul divano e parlavamo ad alta voce meravigliati del fatto che sembrava che la nostra vicina stesse per convertirsi a Gesù a seguito di una terribile tragedia che l’aveva colpita di recente. Stavamo esprimendo il nostro stupore per l’opera dello Spirito Santo nel permetterci di testimoniare il miracolo della salvezza. Non dimenticherò mai il momento in cui nostro figlio ci interruppe con occhi pieni di lacrime e con labbra tremolanti. “Significa che Dio può prendere una cosa così brutta e ricavarne del bene?”, domandò. Era assolutamente meravigliato dalla potenza del nostro Dio. Era uno di quei momenti sacri che tutti i genitori sognano di avere prima o poi. In quell’istante mi resi conto che se non fossimo stati ubbidienti nel dedicarci a questa donna, nostro figlio non avrebbe vissuto questo momento.

Lo Spirito cominciò a sussurrare nuovi pensieri. “Pensavi che la mia chiamata a vivere in missione non fosse anche per il bene dei tuoi figli?” “Non riesci ancora a capire che la missione sarà invece uno strumento straordinario per aiutare i tuoi figli a conoscermi?” “Pensi davvero che sia troppo difficile per me fondere assieme queste due chiamate solo perché a te sembra che lo sia?” “Le mie vie sono più alte delle tue vie, ho molto da insegnarti”.

In missione con noi

Le settimane e i mesi successivi, iniziai a guardare e a interpretare le circostanze delle nostre vite in un modo diverso. Vogliamo che i nostri figli conoscano la gioia di benedire altri come Gesù è stato generoso con noi. Quando nostra figlia di sette anni spese i 5 dollari che aveva risparmiato per darli a una ragazza madre con cinque figli che stavamo seguendo, lei sperimentò la gioia del dare e il Vangelo.

Vogliamo che i nostri figli conoscano la gioia di servire gli altri fedelmente e con sacrificio, come Gesù ha servito noi. Quando la nostra famiglia per un anno intero lavò e asciugò la biancheria sporca per una ragazza madre non ancora credente con tre figli che non aveva una lavasciuga, essi sperimentarono il servire e il vangelo.

Vogliamo che i nostri figli sappiano che le case e le auto e i giocattoli che ci sono stati dati vanno condivisi con gli altri, come Dio ci ha donato ogni cosa nel suo Figlio Gesù. Quando quest’anno ci siamo svegliati il giorno di Pasqua e abbiamo cucinato nel forno del cibo in più “perché non si sa mai” e poi abbiamo finito con invitare a pranzo due famiglie che non avevano nessuno con cui mangiare, essi sperimentarono la generosità e il vangelo.

Vogliamo che i nostri figli conoscano la straordinaria bellezza della verità che siamo stati adottati come figli di Dio, grazie a quello che Gesù ha fatto sulla croce. Quando abbiamo portato a casa un bambino in affido, e poi lo abbiamo adottato come nostro figlio e come loro nuovo fratellino, hanno sperimentato l’adozione e il vangelo.

Vogliamo che i nostri figli sappiano cosa significa che Gesù non aveva “riguardi personali” e che Egli è venuto davvero per tutti, senza distinzioni di condizione sociale o di razza. L’altra sera, dopo aver trascorso quasi tre ore cenando e passando del tempo con dei senzatetto a casa di amici, hanno visto quella verità in azione.

Vogliamo che i nostri figli credano veramente che anche loro sono dei missionari (non solo noi genitori), e che le loro vite hanno uno scopo importante. Così domani, quando le nostre figlie di 9 e 7 anni inizieranno a giocare con una nuova squadra di softball, sanno già che tutta la nostra famiglia si sta domandando quali persone potremmo conoscere e con quali di loro potremmo condividere la buona notizia di Gesù. Sperimenteranno la realtà della missione e del vangelo.

La nostra speranza e la nostra preghiera

Leggere la Bibbia, imparare versetti a memoria e avere discussioni costruttive con i nostri figli sono attività assolutamente importanti, ma la nostra esperienza di genitori testimonia che sono le esperienze nella missione pratica a dare vita a molte di queste verità che preghiamo che essi credano e ricevano nei loro cuori.

Un po’ alla volta, sto imparando che la risposta alla mia domanda su come “bilanciare” queste chiamate non è pianificare attentamente o organizzare il mio tempo in modo specifico. Piuttosto, la risposta è fare affidamento sulla promessa che lo Spirito Santo mi guiderà giorno per giorno nell’opera che Egli ha già preparato per me. Ora il mio obiettivo nel vivere la missione e l’essere madre è crescere nella dipendenza e nell’ubbidienza allo Spirito Santo nelle decisioni e nei dettagli ordinari delle mie giornate.

Ho ricordi distinti di quando ero una bambina e mio padre tornava a casa dopo aver lavorato nel cantiere. Certi giorni chiamava a raccolta tutti e sei i figli da ogni stanza della casa e dal giardino e poi ci diceva che aveva delle fantastiche notizie da darci. Aveva avuto l’opportunità di “parlare del Signore” con qualcuno al lavoro quel giorno. L’entusiasmo che aveva mio padre nel parlare di Gesù a chiunque volesse ascoltarlo era contagioso e rendeva reale molto di quello che i miei genitori ci insegnavano a casa. I miei genitori non erano perfetti, come tutti i genitori, ma posso senz’altro dire che sapevo sempre chi era il loro tesoro. Che grande impatto questo ha avuto sul mio giovane cuore!

Anche se voglio godere quanto più possibile questi anni con i miei figli, più di ogni altra cosa voglio che essi sappiano con certezza chi è il mio tesoro e che un giorno diventi anche il loro. Credo che per una mamma la chiamata alla missione sia davvero uno strumento insostituibile per raggiungere questo obiettivo.  


Hannah Morr e suo marito sono alla guida di comunità missionali con Soma Tacoma da 8 anni. In precedenza sono stati missionari in Europa orientale. Ha 5 figli e fa la casalinga. Le piace leggere e fare attività all'aperto con i suoi figli.

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