Come rendere la tua chiesa un rifugio per mamme single
Era la prima domenica che andavo in chiesa dopo la nascita di mio figlio. Trascorsi il servizio da sola nella stanza per le mamme che allattano, a calmare il pianto di mio figlio mentre cercavo di ascoltare il sermone da un altoparlante all’angolo. Quando arrivò il momento della scuola domenicale per adulti, andai a cercare la stanza dei bambini e segnai il nome di mio figlio. La volontaria del nido mi guardò e disse: “Sei troppo giovane per avere un bambino”. La guardai per un attimo, e con un nodo alla gola le risposi: “Sì, è mio”. Poi mi voltai e me ne andai. Avevo frequentato quella chiesa ogni domenica da quando andavo all’asilo.
Sono cresciuta in una tranquilla città della Carolina del Sud, i cui abitanti hanno un’indole solare. Quando ero adolescente, andavo in chiesa e avevo il massimo dei voti a scuola, per questo la notizia mia gravidanza fu uno scandalo che alimentò il giro di pettegolezzi alle scuole superiori. So che la gente parlava alle mie spalle, ma quasi nessuno aveva il coraggio di dirmi qualcosa in faccia.
Dopo il diploma e la nascita di mio figlio, andammo a vivere con i miei genitori (che mi volevano bene e mi hanno aiutato) mentre io frequentavo l’università della città. A un certo punto la nostra famiglia si assestò, ma la maggioranza delle persone che conoscevo continuò a relazionarsi con me mostrando imbarazzo o rimanendo in silenzio.
Quando non rimanevano in silenzio, le persone di solito si avvicinavano a me come fece quell’operatrice del nido in chiesa. Non riesco a contare il numero di volte in cui persone sia dentro sia fuori la chiesa mi hanno detto che ero troppo giovane per essere una mamma, o che credevano che mio figlio fosse mio fratello. Le loro parole mi scoraggiavano. Desideravo avere amiche intime disposte a conoscere la donna che si nascondeva dietro all’etichetta di mamma single.
Desideravo avere amiche intime disposte a conoscere la donna che si nascondeva dietro all’etichetta di mamma single.
Grazie a Dio, non tutti mi si sono avvicinati in questo modo. Quando ero una mamma single, ho avuto il privilegio di fare parte di due chiese. In ciascuna c’era un gruppo di donne che mi conoscevano bene e che mi amavano. La loro disponibilità a partecipare alle dure lotte di un genitore single mi spronò a cercare la mia gioia in Cristo.
Per chiese che vogliono accogliere mamme single, posso affermare il grande valore di questi sei modi di agire.
1. Prendete atto della situazione, parlate con verità
Le sorelle della chiesa che mi hanno fatto da mentore non hanno cercato di offrire una soluzione facile ai miei problemi, anzi, hanno preso atto delle mie difficoltà e mi sono state accanto mentre versavo lacrime di delusione e paura. Mentre tenevano in braccio il mio piccolino e mi versavano una tazza fumante di caffè, piangevo per aver perso la possibilità di trasferirmi in un’altra città per andare all’università e avere una carriera avventurosa. Ero addolorata per la famiglia che non avevo potuto dare a mio figlio.
Le mie emozioni avevano alti e bassi con periodi di solitudine, difficoltà a integrarmi con i miei coetanei, e totale esaurimento per il fatto di essere mamma, studentessa e lavoratrice. Le donne mi ascoltavano senza giudicare i miei dubbi sulla bontà e sull’amore di Dio nei miei confronti. Mi fecero domande scomode e mi spinsero garbatamente a cercare le risposte bibliche. Quando mancavo di fede, mi incoraggiavano a perseverare.
2. Guardate oltre le etichette
Queste donne non mi considerarono un caso da sistemare o una ragazza scriteriata da recuperare; mi videro come un’amica e una sorella nella fede. Sapevano del senso di vergogna che portavo dentro di me, ma non mi hanno mai ridotto a un’etichetta. Sentirmi accettata da loro mi ha aiutato a credere nella verità che sono più della somma dei pregiudizi che le persone hanno su di me. Sono più dei peccati del passato e delle circostanze in cui non avrei mai immaginato di trovarmi. Sono una figlia di Dio, amata da lui.
3. Divertitevi insieme
Queste amicizie non erano sempre impegnate. Abbiamo riso e giocato a carte insieme. Ci incontravamo ogni mercoledì sera per guardare Lost. Abbiamo fatto la fonduta e ci scambiavano ricette per pentole a cottura lenta. Stavamo sveglie fino a tardi per condividere i nostri cuori e cantare le canzoni degli anni ‘90. Festeggiavamo i compleanni dei nostri figli insieme, e mi offrivo sempre volontaria per fare la torta.
4. Amate i loro figli
L’amore di queste donne si estendeva a mio figlio. Le mie amiche portavano mio figlio nelle loro famiglie. I loro mariti facevano giocare a palla e andare in bicicletta mio figlio insieme ai loro. Gli chiedevano come andava a scuola e lo ascoltavano mentre parlava di trattori e di sgommate. Questi uomini fecero da modelli di riferimento maschili secondari per mio figlio in assenza del padre o del nonno.
5. Offrite aiuto pratico
Dal momento che queste donne mi conoscevano, sapevano anche di che cosa avevo bisogno. Badavano a mio figlio in modo che io potessi andare a fare la spesa, alle lezioni universitarie o a lavorare. Mi aiutarono a trovare una babysitter nella chiesa, e chiesero ad altri di aiutare nei lavori di giardinaggio. Per diversi mesi, mentre lavoravo e studiavo per il dottorato, buste della spesa recapitate in modo inaspettato a casa nostra hanno evitato che mangiassimo ramen ogni sera.
6. Incoraggiate a servire
Quando chiesi di poter servire nel gruppo giovanile della chiesa, il leader non respinse la mia richiesta perché il mio peccato passato era evidente, ma mi incoraggiò a servire e a condividere la mia testimonianza con gli studenti. Amare e servire i giovani della mia chiesa mi ha permesso di comprendere più a fondo che Dio non viene mai meno nel suo amore per noi.
Quando sentiamo parlare di difficoltà serie nelle nostre chiese, è facile pensare che Dio provvederà attraverso qualcun altro—qualcuno capace di relazionarsi con le persone meglio di noi. E’ facile amare in modo pratico solo quelli che non hanno problemi. E’ facile rimanere in silenzio dinanzi ad una palese avversità.
Ma Dio chiama la sua chiesa a essere le mani e i piedi di Gesù, a mostrare la sua cura per le persone sole e per gli orfani. Giacomo 1:27 esorta i credenti a “soccorrere gli orfani e le vedove nelle loro afflizioni”. Che la chiesa (le nostre chiese!) possa essere un luogo di amore pratico per gli afflitti in mezzo a noi.
Melissa LaCross è una moglie e una mamma che passa gran parte del suo tempo a rincorrere i suoi tre maschietti e a bere una tazza di caffè dopo l’altra. Frequenta la Uptown Church di Charlotte, Carolina del Nord. Melissa scrive per capire il mondo che la circonda ed è possibile trovarla spesso nascosta in un angolo con altri introversi. Puoi seguirla su Instagram.
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