Tre minacce per la missione dei piccoli gruppi
Peccati comuni
Ci sono alcuni peccati comuni che ci impediscono di vivere vite missionali. Come pastore di gruppi comunitari, i tre peccati che a mio avviso indeboliscono di più la missione sono l’apatia, l’indifferenza e il timore dell’uomo.
Apatia
Uno dei peccati più insidiosi della chiesa d’oggi è l’apatia. È un peccato di passività e di omissione e per questo motivo non riceve tanta attenzione. Tuttavia è un killer silenzioso della passione ed è l’antitesi del vangelo. L’apatia è indifferenza nei confronti del peccato e della distruzione che esso provoca nelle nostre vite e nelle vite degli altri. È un misero accontentarsi dello status quo. Si potrebbe dire che l’apatia è chiudere intenzionalmente gli occhi per non vedere la carneficina sul campo di battaglia.
John Owen disse: “Uccidi il peccato, o il peccato ucciderà te”.1 L’apatia nei confronti del peccato è un suicidio. Pietro ci dice che il peccato guerreggia contro le nostre anime. Come pastore, ho assistito personalmente alla devastazione causata dalla pornografia, dall’infedeltà, dal divorzio, dall’avarizia e da altre forme di idolatria. Vedi la distruzione provocata dal peccato nella tua comunità? Se non la vedi, apri gli occhi.
La Bibbia dice che il diavolo si aggira come un leone ruggente cercando di divorare i credenti.2 Gesù ci insegna che Satana combatte attivamente contro l’espansione del vangelo.3 Paolo parla delle macchinazioni di Satana, delle sue trappole e delle fortezze che egli erige per impedire che il vangelo trasformi le nostre vite.4 Vi garantisco che il nostro nemico non è apatico nei confronti della battaglia. Tutto intorno a noi assistiamo a un massacro di persone, dentro e fuori la chiesa. I pastori si stanno squalificando dal ministero, le mogli stanno lasciando i loro mariti e i mariti stanno concupendo donne bidimensionali. Ci medichiamo con droghe, intrattenimento e sesso, e così via, incamminandoci senza sosta verso un sentiero di distruzione.
Invece di uccidere il peccato, di solito cerchiamo di gestirlo. Gestiamo le cose che non riteniamo essere pericolose. Un nuovo cucciolo è carino ma leggermente distruttivo. Per proteggere la nostra casa, confiniamo il giovane birbante nella lavanderia e nel garage, dove possiamo gestire l’ammontare dei danni che provoca. Siamo rassegnati al fatto di poter perdere un paio o due di scarpe da ginnastica, ma lo abbiamo sotto controllo e possiamo fare degli aggiustamenti man mano che il cucciolo cresce.
È così che molti di noi considerano il peccato, come un cucciolo dispettoso che va gestito, come se potessimo dominarlo con un tono di voce fermo. Il problema è che il peccato non è un cucciolo ma un piccolo incendio. Spurgeon conclude che gestire il peccato è come appiccare un piccolo incendio e cercare di contenerlo con il suono della propria voce.5 Il peccato, se non è distrutto, incendierà tutta la casa. L’apatia riduce la nostra visione del peccato e ci prepara per un inferno. Se il peccato ci ha inghiottito, passeremo la guerra stando nell’ospedale da campo anziché sul campo di battaglia.
Indifferenza
Trovare la nostra identità in Cristo è fondamentale, perché quando diventiamo apatici nei confronti del nostro peccato, non solo esso ci distrugge individualmente, ma distrugge anche la nostra testimonianza al mondo. Quando la chiesa non affronta il peccato, è difficile sostenere la potenza trasformatrice del vangelo. Ma qui sta l’astuzia dell’apatia: potrebbe anche non importarcene.
Come può essere che passiamo davanti ai nostri vicini andando o tornando dal lavoro ogni giorno e non pensiamo mai a come potremmo esortarli in modo che siano riconciliati con Dio? Sicuramente crediamo che Gesù è “la via, la verità e la vita”, e che soltanto attraverso di lui possiamo essere riconciliati con il Padre.6 Se possediamo la buona notizia e riconosciamo che l’unica alternativa è la distruzione eterna,7 come mai abbiamo poca passione per condividere il vangelo?
Quante persone hanno dato la loro vita a Cristo nel tuo gruppo comunitario quest’anno? Quanti non credenti hanno partecipato alle riunioni del tuo gruppo? Se la risposta è nessuno (come succede di solito quando faccio queste domande), l’evidenza non ci accusa forse di essere indifferenti alla missione di Dio? Abbiamo bisogno di avere un senso di urgenza per il vangelo.
Molte volte l’indifferenza è un sintomo dell’amore per la nostra vita. Come scrive Giovanni: “Chi ama la sua vita, la perde, e chi odia la sua vita in questo mondo, la conserverà in vita eterna”.8 Quando siamo più ossessionati dalle nostre cose e dalla nostra comodità che dall’avanzamento del regno, vuol dire che abbiamo scelto di tenere i nostri occhi chiusi. La Scrittura usa le immagini della guerra e del raccolto per descrivere la partecipazione nella missione di Gesù.9 La guerra ci impone di mettere le nostre vite a rischio. Il raccolto ci impone di sporcarci le mani e lavorare. Nessuna delle due cose è comoda o facile.
Non possiamo aggrapparci alle cose terrene e avere un impatto per il regno. Non possiamo servire due padroni. Dobbiamo mettere al servizio del nostro re le nostre vite e le nostre comodità.
Dio ha scelto te e la tua comunità per essere i suoi messaggeri, e questa scelta ha conseguenze eterne. Può sembrare una cosa che intimorisce perché ci siamo abituati a lasciare che i leader della chiesa portino tutto il peso sulle loro spalle. Immagina il tuo pastore mietere un campo. Immaginalo con la falce in mano mentre il sudore gli imperla la fronte. Egli ama Gesù ed è deciso a raccogliere la mèsse di suo Padre. Guardando più da vicino, noti che egli si sta affaticando più di quanto dovrebbe perché sta trascinando un carro dietro di sé. Nel carro c’è il resto della chiesa. Invece di aiutare, le persone stanno a guardare dal carro. Questa è l'immagine che spesso noto nella chiesa. I pastori si rompono la schiena per la missione di Dio mentre noi siamo seduti a guardare.
Ma immagina per un momento se tutti uscissero dal carro e mettessero mano alla falce. Immagina quello che potremmo compiere per il regno se prendessimo parte all’opera insieme. Pensa a come potremmo trasformare la nostra città o il nostro paese e all’impatto che potremmo avere sulla nostra generazione.
La buona notizia è che la mèsse è pronta per il raccolto. Se riusciamo a far uscire i nostri gruppi comunitari dall’indifferenza, allora scopriremo che i campi sono maturi per il raccolto.10 Gesù ci incoraggia dicendoci che egli ha già preparato la mèsse. Sta soltanto cercando operai disposti a sporcarsi le mani. Gesù è venuto per salvare i peccatori,11 e ci ha scelti per rivolgere questa chiamata al mondo. Se ci ravvediamo dalla nostra indifferenza, possiamo sperimentare la gioia di prendere parte al compimento del suo piano di riconciliazione.
Il ravvedimento inizia con il rallegrarci per la nostra salvezza, con un senso di gratitudine e ringraziamento per la santità e la misericordia di Dio, con la compassione per il nostri vicini che stanno perendo. Ravvedersi significa vivere con una passione per Gesù e con un desiderio di vedere le persone adorarlo. Se riusciamo a liberarci dall’indifferenza, rimuoveremo un altro ostacolo che ci impedisce di avere una comunità che porta alla trasformazione.
Timore dell’uomo
Anche se l’apatia e l’indifferenza stanno soffocando la chiesa, non sono i nostri unici nemici. Un altro ostacolo che sta devastando la chiesa e paralizzando la missione è il timore dell’uomo. Abbiamo paura del rifiuto, dello scherno e della perdita di status tra i nostri vicini di casa e colleghi di lavoro.
Sebbene nella mia vita io combatta con questo peccato più che con l’apatia, penso che sia una cosa al limite del ridicolo. La grande maggioranza della chiesa americana del ventunesimo secolo ha poco da temere a causa della propria fede. Lo scherno e il rifiuto hanno poche conseguenze per le nostre vite, eppure questo timore soffoca la nostra fede nella risurrezione e nella potenza dello Spirito Santo. Ci sono ancora cristiani oggi che rischiano la vita per la loro fede, ma è probabile che tu non sia uno di loro. Di che cosa abbiamo paura allora?
Gesù ci dice di non temere “coloro che uccidono il corpo, ma non possono uccidere l'anima; temete piuttosto colui che può far perire l'anima e il corpo nella geenna”.12 Gesù ci sta dicendo essenzialmente che è ridicolo temere qualcun altro oltre a Dio, anche se questo qualcuno ti può uccidere. Quando abbiamo timore degli uomini o delle loro opinioni, eleviamo la loro importanza al di sopra di quella del nostro Re. Quando non siamo disposti a condividere la verità del nostro Salvatore per timore di essere rifiutati, facciamo la stessa cosa.
Temi Dio? Nella Bibbia, ogni caso di timore dell’uomo porta al peccato. Per contro, i Proverbi ci dicono che “il principio della saggezza è il timore del Signore”.13 Ravvedersi significa sottomettere umilmente le nostre vite a Cristo e al suo servizio. Significa condividere coraggiosamente la nostra vita e la nostra fede con i nostri vicini di casa.
Voglio esortarti come Paolo esortò Timoteo: “Per questo motivo ti ricordo di ravvivare il dono di Dio che è in te mediante l'imposizione delle mie mani. Dio infatti ci ha dato uno spirito non di timidezza, ma di forza, d'amore e di autocontrollo”.14 Non ci è stato dato uno spirito di timidezza, ma uno spirito di fiducia nel nostro Padre celeste. Notiamo che egli ci ha dato uno spirito. Non dobbiamo trovare la fiducia dentro di noi; dobbiamo soltanto accettare il suo dono.
Se c’è qualcosa di cui avere timore, dovremmo avere timore dell’ira di Dio verso coloro che non sono giustificati per mezzo della croce. Dovremmo essere spinti ad agire dal timore per la sorte dei nostri vicini di casa non credenti in modo da esortarli a essere riconciliati con Dio. Il sangue di Gesù è più forte del rifiuto, dello scherno e anche della morte. Quando vediamo con chiarezza chi è Dio, non c’è niente che dobbiamo temere dagli uomini. Come ho detto all’inizio di questo capitolo (del suo libro, N.d.T.), il mio timore è quello di aver ricevuto la grazia di Dio invano. Se vivessimo con questo timore, non avremmo mai paura di unirci alla battaglia per la gloria di Dio.
Un futuro più luminoso
Il solo scrivere di apatia, indifferenza e timore dell’uomo mi fa soffrire ancora una volta perché vedo i miei fallimenti in ogni frase. E tu? Non ti senti ancora a pezzi? Nessuno di noi fa sempre tutte le cose giuste, me incluso. Ma se siamo onesti sui nostri fallimenti e andiamo a Cristo, egli ci accetta liberamente e ci darà di nuovo potenza per il ministero. La buona notizia è che siamo morti al peccato.15 Il nostro peccato è stato appeso sul legno della croce. Siamo liberi di vivere come il popolo eletto di Dio. Egli ci ha riconciliati a sé mentre eravamo ancora ribelli,16 ed è fedele nel ristabilire nuovamente la sua chiesa. Non ti sto chiedendo di diventare una cosa nuova. Ti sto invitando a riconoscere e a credere in chi sei già. Cristo ha già compiuto l’opera, e noi la riceviamo gioiosamente e la manifestiamo ai nostri vicini.
In sostanza, il punto è che la nostra migliore strategia e la nostra struttura perfetta non produrrà una comunità che porta alla trasformazione. Il vero cambiamento consiste nel riorientare i nostri cuori verso Dio. Tutto il resto dipende da questo cambiamento del cuore. La vita viene da Dio. La vita nei nostri gruppi comunitari non può essere fabbricata, ma si riceve mediante lo Spirito Santo mentre dimoriamo nel nostro Salvatore.
La verità è che pascere le persone verso una comunità autentica è di per sé una battaglia. Dovremo combattere contro l’apatia, l’indifferenza e il timore dell’uomo continuamente mentre ci esortiamo a vicenda ad avere una visione più grande della comunità. Ma combattiamo credendo nella verità del vangelo e nelle promesse del vangelo. Questa è una battaglia che non solo può essere vinta, ma che è già stata vinta sulla croce. Abbiamo già tutto quello che ci serve per vivere vite di santità.17 Abbiamo accesso al grande Consolatore, lo Spirito Santo.18 Abbiamo l’esempio of Gesù; siamo nuove creature in Cristo che non sono più schiave del peccato ma serve della giustizia.19
Note:
John Owen, The Mortification of Sin in Believers (London: The Religious Tract Society, 1842), 9.
1 Pietro 5:8.
Marco 4:15.
2 Corinzi 2:11; Efesini 4:27.
Charles H. Spurgeon, “The Ethiopian” (sermon no. 2536), in The Metropolitan Tabernacle Pulpit, vol. 43 (London: Pilgrim, 1897), 462. Vedi anche http://www .spurgeongems.org/vols43-45/chs2536.pdf, pagina 4.
Giovanni 14:6.
2 Tess. 1:8-9.
Giovanni 12:25.
Efesini 6:12; Matteo 9:37-38.
Matteo 9:37; Giovanni 4:35.
1 Timoteo 1:15.
Matteo 10:28.
Proverbi 9:10.
2 Tim. 1:6-7.
Romani 6:11.
Romani 5:8, 10.
2 Pietro 1:3.
Giovanni 14:16, 26
2 Corinzi 5:17; Romani 6.
Brad House è pastore della Sojourn Community Church di Louisville, Kentucky. Ha scritto Community: Taking Your Small Groups off Life Support. Lui e la moglie Jill hanno quattro figli.
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