Smetterla con i paragoni

“Più sono egoista, più farò paragoni. Meno sono egoista, meno mi interesserà fare paragoni”.

L’era di internet ha portato molti aspetti positivi. L’accesso ininterrotto alle informazioni consente una facilità di crescita nell’istruzione che il mondo non aveva mai conosciuto. Condividere diverse forme di media non è mai stato più semplice e accessibile. La comunicazione globale ha aperto infinite possibilità per la missione, specialmente nell’evangelizzazione dei gruppi etnici non ancora raggiunti dal vangelo.

Insieme a molte benedizioni, internet porta con sé anche un’abbondanza di maledizioni. Uno dei principali lati negativi di internet è che può portare con facilità i nostri cuori a fare paragoni che conducono alla gelosia e all’invidia. Abbiamo accesso facile e immediato alle cose che fanno e pensano tutti quelli che ci stanno attorno.

“Guarda che vacanze hanno fatto!”
“Guarda come sono carini i loro figli!”
“Guarda com’è bella la loro casa nuova!”

Questa visibilità digitale verso tutti e ovunque può rappresentare una sfida anche per i fondatori di chiese.

“Abbiamo battezzato quindici persone domenica scorsa!”
“Il progetto per la costruzione del nostro nuovo edificio sta procedendo piuttosto bene!”
“Mi hanno chiesto di parlare alla conferenza X (famosa, grande e ben organizzata). Spero di vederti lì!”

Quando leggiamo questo tipo di affermazioni siamo portati spesso a domandarci se stiamo davvero combinando qualcosa nella nostra vita. Abbiamo una qualche importanza? Siamo forse rimasti indietro rispetto ad altri? L’esposizione a internet sembra costringerci a farci queste domande. Ma com’è ovvio, biblicamente parlando, queste domande sorgono da cuori peccaminosi, quindi potrebbe essere utile chiederci: perché siamo così inclini a fare paragoni?

Il mio convincimento è triplice:

  1. Facciamo paragoni perché non sappiamo chi Dio ci ha resi.

  2. Facciamo paragoni perché non ci piace come Dio ci ha resi.

  3. Facciamo paragoni perché cerchiamo la gloria sbagliata.

Non so chi sono, ma so chi voglio essere

Quando si è più giovani (diciamo dai venti ai trent’anni), non si ha sempre una solida certezza dell’identità che Dio ci ha dato. Non sappiamo con certezza quali sono i nostri doni e le nostre debolezze. Sono necessarie prove ed errori, continue verifiche e molta autoanalisi per essere contenti di chi siamo e di chi non siamo.

Quand’ero più giovane, spesso mi sentivo insicuro perché non sapevo chi ero. Da questo senso di insicurezza nacque la sensazione che avrei dovuto cercare in fretta di capire chi ero; avevo una grande voglia di conferme.

Nel momento in cui ciò avviene, spesso troviamo qualcuno che apprezziamo profondamente e cerchiamo di emularlo. Quella persona è lo standard con cui misuriamo chi vogliamo essere, lo standard della fedeltà. Lui o lei manifesta i doni che vogliamo avere. Non sappiamo chi siamo ma sappiamo chi vogliamo essere. Se solo potessi essere come lui/lei, allora sarei felice.

Ed è qui che spesso subentrano i paragoni. Sono all’altezza di questa o di quella persona? Ma è qui che la faccenda diventa piuttosto complicata. Potremmo chiederci: “Chi nella mia cerchia di relazioni manifesta doni simili a quelli della persona che voglio imitare, e chi è più simile a quella persona di me?”

Per esempio, se vuoi essere un bravo predicatore, potresti costantemente paragonarti al Sig. Grande Predicatore. Oltre a questo, potresti sottilmente (o forse nemmeno tanto) entrare in confronto/competizione con quelli intorno a te che hanno doni simili a quelli del Sig. Grande Predicatore. Potrebbero rappresentare una minaccia ai doni che tu desideri avere. Potresti essere tentato di pensare: “Se lui eccelle nei suoi doni e il suo dono è più evidente del mio, nessuno noterà il mio!” Stanne pur certo, il peccato del paragonarti ad altri vuole essere il tuo padrone, e spesso siamo i suoi servi volontari.

Quando non sai chi sei, è facile limitarti a fare paragoni con gli altri invece di fare il duro e paziente lavoro di provare e sbagliare, di cercare riscontri costanti e onesti e di esaminare te stesso. Per estirpare lo spirito del paragone, dobbiamo conoscere chi Dio ci ha resi.

Come procediamo?

Suggerisco un piano di battaglia semplice ma stimolante:

  1. Individua il tuo senso di chiamata interiore. Quando ti senti più vivo? Crea il tuo mansionario ideale. Che cosa trovi lì? Che cosa faresti anche gratis se i soldi non fossero un problema?

  2. Individua il tuo senso di chiamata esteriore. Trova alcune persone che amano Dio, amano te, amano la Bibbia, e che sono disposte a essere oneste fino in fondo con te, persone che tu reputi sagge. Chiedi loro se confermano le sensazioni del punto1.   

Dopo aver seguito le due fasi di questo semplice procedimento, probabilmente all’85% sei vicino a capire ciò che Dio ti ha reso. Le sensazioni legate a “chi sono” o alla “chiamata” possono cambiare nel tempo (e lo fanno spesso). Se così fosse, ricomincia da capo e analizza queste nuove sensazioni seguendo le due fasi di cui abbiamo parlato sopra.

Tuttavia, questo può condurci facilmente a un altro problema che ci porta ai fare paragoni peccaminosi.

So chi sono ma non mi piace

Da genitore mi addolora molto quando la mattina di Natale riempio con gioia di doni i miei figli, e per tutta risposta loro si mettono a guardare i regali dei loro fratelli e fanno i capricci perché secondo loro qualcun altro ha ricevuto qualcosa di “migliore”. “Non mi piace questo regalo! Voglio il loro regalo!”.

Puoi desiderare di essere qualcun altro, ma è come dare uno schiaffo al tuo Creatore. Non daresti mai uno schiaffo al Presidente della Repubblica, vero? Quanto più dovremmo tremare al pensiero di dare uno schiaffo al Presidente dell’Universo? Perché osiamo fare continuamente paragoni con i doni degli altri? Questa è una cosa che addolora il cuore del nostro Padre celeste e che ci fa del male a lungo andare.

Per quanto mi riguarda, ho scoperto che spesso il problema del fare paragoni si riduce all’impazienza. I doni che ho non “agiscono” abbastanza velocemente, e voglio sentire quel senso di approvazione dato dai “risultati”. Non sopportiamo l’idea di dover aspettare per vedere se i nostri doni personali produrranno qualcosa che abbia un valore duraturo. Ci guardiamo intorno e scopriamo che preferiremmo avere i doni di qualcun altro che apparentemente producono un risultato più immediato e un facile guadagno.

Questo cuore che fa paragoni manca della giusta prospettiva. In quest’ottica, sto vedendo le cose attraverso le lenti di ciò che è temporaneo e non riesco a vedere con gli occhi dell’eternità. Curiosamente, i nostri tempi non sono quelli del Signore. Siamo tormentati dalle esigenze della nostra incessante ambizione egoistica che ha fretta di risultati immediati. Ma quello che succede in un breve momento di tempo raramente è il metro che il Signore usa per misurare il successo nel lungo termine.

Considera questo: alcune delle persone più importanti nella Bibbia hanno avuto un piccolo ruolo che ha portato grande frutto per il regno. Ma nel breve termine non hanno potuto vedere quello che stavano realizzando. Hanno dovuto aspettare l’eternità per vedere il frutto della loro ubbidienza (si legga tutto Ebrei 11). Questo richiede pazienza. Quindi aspetta, e stai attento a chi o a che cosa ti stai paragonando. Tutto quello che adesso è grande, appariscente e sulle bocche di tutti, un domani potrebbe non esserlo. Sii paziente. Il pastore con cui ti stai paragonando potrebbe avere una relazione adultera in questo momento. Prima o poi sarà scoperto, ed è solo una questione di tempo. Di nuovo, sii paziente. Quel pastore con il quale ti stai in qualche modo misurando nel tuo cuore potrebbe svolgere l’opera del ministero nella carne e non nello Spirito. Sii paziente. Quel pastore di cui invidi il ministero potrebbe essere sul punto di implodere a causa delle richieste molto stressanti imposte dal suo grande, famoso e discusso ministero. A tempo debito lo saprai. Sii paziente.

Una valutazione temporale di “dove sei tu” messa a confronto con “dove sono loro” può a volte assillarti. Ma il “dove sei tu” spesso omette di considerare la tua valutazione per quello che è, cioè la tua. Di nuovo, Dio potrebbe avere dei piani in mente per te che non sei in grado di vedere adesso.

Ricorda, la vera portata di un ministero pastorale non può essere adeguatamente misurata in un momento, in un mese, o anche un anno. Un decennio? Una vita? Chi lo può sapere con certezza? La nostra autovalutazione manca tremendamente di prospettiva. Quando sarai sul tuo letto di morte, la tua valutazione potrebbe avere più peso, ma anche allora ci saranno misteri che solo l’eternità potrà svelare. La vera chiarezza in queste questioni è riservata all’Onnisciente. Non sono cose per te. Persevera, fratello. La valenza e l’eredità del tuo ministero arriveranno col tempo, ma è opera di Cristo. Bramare i doni che vorresti avere non porterà mai a buoni frutti. Tutto quello che puoi fare è aspettare che il Signore agisca attraverso di te come egli vuole e nel suo tempo. I paragoni ti schiacceranno. Una pazienza sorretta dalla fede ci aiuta a crocifiggerli.

Infine, consideriamo un ultimo aspetto del nostro costante paragonarci ad altri.

Tenere per sé la gloria

Fare continuamente dei paragoni è dannoso per la nostra salute spirituale perché è alimentato da una cosa: l’orgoglio. Detto senza mezzi termini: se facciamo continuamente dei paragoni significa che il nostro ministero è diventato una cosa che riguarda la nostra gloria e non la gloria dell’unico vero Dio. In fondo, tutto ciò che vogliamo è che le persone lodino noi e non Dio. Le nostre azioni e le nostre parole forse non sono proprio così sfacciate, ma sono più sottili. Dio può avere la sua gloria, ma posso averne anch’io solo un po’?

1 Pietro 4:10-11 ci aiuta a combattere contro questo atteggiamento mentale.

Come buoni amministratori della svariata grazia di Dio, ciascuno, secondo il dono che ha ricevuto, lo metta a servizio degli altri. Se uno parla, lo faccia come si annunciano gli oracoli di Dio; se uno compie un servizio, lo faccia come si compie un servizio mediante la forza che Dio fornisce, affinché in ogni cosa sia glorificato Dio per mezzo di Gesù Cristo, al quale appartengono la gloria e la potenza nei secoli dei secoli. Amen.

Notate alcune cose in questi versetti. Primo, tutti abbiamo dei doni. Pietro qui afferma che Dio non è avaro nell’assegnare i doni, ma li riversa in abbondanza nella chiesa su tutto il suo popolo ripieno di Spirito. Secondo, qual è lo scopo di questi doni? Rafforzare i nostri ego insicuri? Giammai. I doni ci sono stati dati per servire la beltà della chiesa. Siamo chiamati a usare questi doni e questi legami particolari affinché la chiesa possa prosperare e Dio riceva così la gloria, non noi. “Affinché in ogni cosa sia glorificato Dio…”

In quale momento i nostri doni nel ministero sono diventati una cosa che riguarda noi? Quando il mio cuore è indotto a fare paragoni perché sono tutto preso dalla mia gloria anziché da quella del Signore. Perché ci preoccupiamo così tanto? E’ perché ci interessa l’opera del Signore, oppure perché vogliamo che egli usi noi e i nostri doni personali?

Quando siamo tentati a fare paragoni, è importante ricordare che Dio non ha bisogno di noi.

Ma egli ci vuole.

Egli desidera un cuore che sia completamente suo. Egli non darà la sua gloria a un altro. Fare costantemente paragoni mostra che nei nostri cuori c’è molto bisogno di ravvedimento. Non c’è vera gioia nella nostra gloria. Può farti sentire bene al momento, ma ti lascerà come un cane che si morde la coda. Non la otterrai mai. Dio ti ha creato per ottenerla quando esulti nella sua gloria, non nella tua. Questo dà pace al tuo cuore e ti rende libero di amare, di essere paziente e di riposare in ciò che Dio ti ha reso.

A che punto ti trovi? Una sana fondazione di chiese deve essere svolta nella libertà di conoscere chi sei, rallegrandoti in qualunque modo Dio scelga di usarti, e cercando la sua gloria e la sua gloria soltanto. Fratelli, combattiamo per avere questo orientamento.


Zach è pastore per l’insegnamento e anziano che sovrintende lo sviluppo della leadership e la predicazione alla chiesa The Vine Church di Madison (Wisconsin, USA). Zach e la sua straordinaria moglie Kim hanno quattro figli: Taylor, Autumn, Emery e Mya. Zach si è laureato all’Università del Northern Iowa e al Covenant Theological Seminary

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