Preparati a ravvederti

Se come dice Lutero “tutta la vita cristiana è una vita di ravvedimento e di fede” come dovrebbero i leader praticare abitualmente il ravvedimento? E se i nostri cuori sono ingannevoli più di ogni altra cosa, se il salmista prega “esaminami, o Dio, e conosci il mio cuore. Mettimi alla prova e conosci i miei pensieri. Vedi se c'è in me qualche via iniqua e guidami per la via eterna” (Salmo 139:23-24) – come possiamo essere il più autoconsapevoli possibile di eventuali crepe nella nostra leadership? Su quali testi biblici i leader dovrebbero meditare regolarmente per essere guidati nella leadership e nelle potenziali aree di tentazione e ravvedimento?

Non appena ci si pone questa domanda, numerosi testi biblici cominciano a venire in mente. Il primo testo, probabilmente quello più basilare, è Marco 10:42-45. Giacomo e Giovanni si rivolgono a Gesù e gli chiedono posti di potere e autorità nel suo Regno. Gli altri discepoli sono irritati da questa richiesta, non perché essa indichi un atteggiamento sbagliato nei confronti della leadership, ma perché essi desideravano la stessa cosa e avrebbero voluto fare quella richiesta per primi. In pochi ma sconvolgenti versetti, Gesù definisce qual è il tipo di leadership che egli desidera.

Egli inizia ricordando ai discepoli come il mondo intende e vive la leadership. La parola chiave è tradotta dall’espressione ‘le signoreggiano’ – che descrive l’esercizio di una leadership opprimente e dispotica che è in funzione esclusiva del leader e non di chi viene guidato. Per i leader di questo mondo, le persone su cui esercitano la loro autorità sono un mezzo per raggiungere un fine. La loro visione e i loro piani (per quanto gloriosi) sono raggiunti a spese di coloro che essi guidano. Gesù ribalta questa concezione della leadership prima con l’insegnamento e poi con l’esempio. Governare nel regno di Gesù vuol dire servire, essere primi vuol dire essere gli ultimi. Questo è l’insegnamento. Gesù poi illustra il suo punto con il suo esempio: egli ha lasciato la sua gloria in cielo e ha preso un corpo di carne, ha servito tutti in ogni modo, e infine ha dato la sua vita per noi. Governare nel regno di Gesù vuol dire essere come Gesù, vuol dire morire per coloro che guidiamo. Così è la leadership agli occhi del leader (mentre muore) e agli occhi di coloro che vengono guidati (egli sta dando la sua vita per me!). Filippesi 2:6-10 è una meditazione su Marco 10:45. Questa è la leadership nel regno di Gesù.

Questa è la prima domanda che dobbiamo farci come leader: Ho signoreggiato sulle persone?

 

Quando guidiamo una chiesa, veniamo automaticamente coinvolti in relazioni di autorità e sottomissione. Ma nel regno di Cristo non esiste un leader non sottomesso. 1 Pietro 2:13 è uno dei tanti brani che lo dice chiaramente. Se guidiamo senza essere guidati, siamo un pericolo per noi stessi, per le nostre comunità e le nostre organizzazioni. E non possiamo spiritualizzare questo affermando di essere sottomessi a Dio perché, per uomini fallibili, ci sono sempre pesi e contrappesi umani che proteggono noi e gli altri da noi stessi. Eliu nel suo primo discorso a Giobbe, rassicura così l’amico sofferente:

Ecco, io sono uguale a te davanti a Dio;

anch'io fui tratto dall'argilla.

Spavento di me non potrà quindi coglierti,

e il peso della mia autorità non ti potrà schiacciare (Giobbe 33:6-7)

Questi versetti sintetizzano il nostro punto: uomini tratti dall’argilla hanno bisogno di altri uomini tratti dall’argilla che vigilino su di loro senza schiacciarli con il peso della loro autorità.

Questa è la seconda domanda che dobbiamo farci come leader: Sono sottomesso alle autorità competenti – gli anziani della chiesa, il consiglio di chiesa, i miei colleghi e amici – specialmente quando non sono d’accordo con loro?

Niente è più difficile che individuare le nostre motivazioni nella leadership. Da cosa siamo veramente motivati? Se solo potessimo saperlo con certezza. Non è per niente che il salmista chiede a Dio di investigarlo. Siamo incapaci di conoscerci da noi stessi. In 1 Pietro 5:1-4, Pietro affronta questo interrogativo in maniera diretta.

Per prima cosa, egli dice di essere un anziano con loro. È un appellativo sorprendente considerato l’apostolato di Pietro. Secondo, egli ricorda a tutti i leader la sofferenza che precede la gloria (Pietro era presente in Marco 10:42-45). Terzo, egli ci ricorda che il gregge è di Dio (non nostro) e che le pecore sono prima di tutto sotto la nostra cura e vigilanza. Perché dovremmo pascere la chiesa? Non per obbligo, non per denaro, non per potere. Sofferenza ora. La corona e la gloria dopo. Ameresti queste persone, le serviresti e le condurresti anche se non venissi pagato per questo? Anche se non otterresti una piattaforma? Anche se non avessi un titolo? Anche se non fossi obbligato? Anche se non lasceresti un testamento spirituale? Anche se il tuo nome non venisse mai menzionato? Anche se non saresti mai invitato a parlare ad una grande conferenza?

Questa è la terza domanda che dobbiamo farci come leader: Sono motivato dal denaro, dall’ambizione, dal potere o dal ruolo?

 

In 1 Timoteo 4:12, Paolo definisce le responsabilità dei leader nella chiesa. Essi devono essere un esempio nel parlare, nella condotta, nell’amore, nella fede e nella purezza. Cinque aree della vita che sono particolarmente sensibili per chi ha un ruolo di leadership. Il mio modo di parlare riflette la benevolenza e l’onestà di Gesù così che le persone possono imitare il mio modo di parlare? Il mio parlare è duro, degradante, irriverente, manipolatore, rozzo, autoritario, mendace, adulatorio…? Come Giacomo dice in Giacomo 3:2, se un uomo non sbaglia nel parlare, è un uomo perfetto. Dovremmo aspettarci di essere vulnerabili nel nostro parlare, dovremmo pregare che Dio vigili sulle nostre parole, e dovremmo ravvederci prontamente dei nostri peccati in questo ambito. La nostra condotta dovrebbe essere rispettosa, mansueta, premurosa e amorevole, missionale e centrata sugli altri. La nostra fede dovrebbe essere vibrante e fedele, dottrinalmente ortodossa e pratica dal punto di vista teologico. La nostra purezza nella sfera sessuale dovrebbe essere esemplare.

Questa è la quarta domanda che dobbiamo farci come leader: Sarei felice di essere un esempio per gli altri in queste aree?

 

Ebrei 13:7 e 17 sono due versetti che i leader di chiesa amano leggere, perché affrontano i temi del ricordare i propri conduttori, sottomettersi a loro, avere fiducia in loro e non essere un peso per loro. Questi versetti presentano inoltre uno standard elevato per i leader che vorrebbero tanto che i loro fedeli si comportassero così. L’autore invita i suoi lettori a considerare quale sia stata la fine della loro vita. Questa è una cosa che fa riflettere. È necessario prendere in considerazione i risultati concreti delle scelte e delle relazioni del leader. È come una barca che viaggia su uno specchio d’acqua, lasciandosi dietro una scia. Se il risultato della vita è una famiglia distrutta, relazioni spezzate, caos, isolamento, tracollo finanziario, amarezza e rabbia – allora c’è la forte possibilità che la vita di quel leader non sia una vita da imitare, e che non sia stata ben vissuta.

Questa è la quinta domanda che dobbiamo farci come leader: Qual è il frutto della mia vita? Esso indica che la mia vita è degna di essere imitata?

 

Filippesi è unica tra le lettere di Paolo perché è indirizzata non solo alla chiesa, ma anche agli anziani e ai diaconi. Dobbiamo pertanto prestare particolare attenzione all’appello che Paolo ci rivolge in 4:4-5: “Rallegratevi! La vostra mansuetudine sia nota a tutti gli uomini. Il Signore è vicino”.

I leader devono essere gioiosi, mansueti e consapevoli che il Signore è vicino; sia nel senso che egli vede ogni cosa sia nel senso che egli tornerà presto. Questa gioiosa mansuetudine nel Signore è il contrario di un atteggiamento dispotico che signoreggia sulle persone – perché quando siamo consapevoli che il Signore è vicino, smettiamo di cercare di usurpare il suo posto. Invece, iniziamo a guardare a Colui che non spezzerà la canna rotta e che non spegnerà il lucignolo fumante.

Questa è la sesta domanda che dobbiamo farci come leader: Sono mansueto e gioioso, pieno della presenza del Signore?

 

Paolo dedica gran parte di 2 Corinzi a difendere il suo ministero. In 2 Corinzi 4:1-2, egli dichiara che il suo ministero è da Dio, e da Dio solo. Egli perciò rifiuta di arrendersi nonostante l‘opposizione, le persecuzioni e le difficoltà. Tuttavia, egli si rifiuta pure di scendere a compromessi o di cercare di vincere con qualunque altro mezzo che non sia la grazia del Vangelo. Egli ha rinunciato agli "intrighi vergognosi”. Questo significa che egli si rifiuta di manipolare le persone. Egli si rifiuta di fare giochi politici. Egli si rifiuta di dividere e conquistare. Egli si rifiuta di tramare e complottare e di essere astuto. Egli è trasparente e aperto.

Questa è la settima domanda che dobbiamo farci come leader: Manipolo le persone, ricorro a macchinazioni e costrizioni o agisco in modo subdolo?

 

Se dovessimo aggiungere gli elenchi in 1 Timoteo 3 e Tito 1, nonché Atti 20 ai versetti che trovano applicazione qui, le domande che un leader dovrebbe farsi regolarmente per suscitare il ravvedimento nel suo cuore non finirebbero mai. Tutta la vita di un leader è una vita di ravvedimento…

E quindi, avendo iniziato con Lutero, concludiamo con lui:

“In Matteo 13:33 (la parabola del lievito) la donna mescola tre misure di farina finché la pasta sia tutta lievitata. Il nuovo lievito è la fede e la grazia dello Spirito, che non lievita tutta la pasta in una sola volta, ma delicatamente e lentamente ci rende tutti insieme simili a Sé, il nuovo pane di Dio. Questa vita, pertanto, non è giustizia ma crescita nella giustizia, non è salute ma guarigione, non è essere ma diventare, non è riposo ma esercizio; non siamo ancora ciò che saremo, ma ci stiamo arrivando; il processo non è ancora finito, ma sta andando avanti; questa non è la fine, ma è la strada; tutto non risplende ancora di gloria, ma tutto viene purificato”. – Martin Lutero, Difesa e spiegazione degli Articoli 2.

Queste parole incoraggiano un leader imperfetto come mentre mi preparo a ravvedermi.

 

Domande guidate

1. Ho signoreggiato su qualcuno?

2. Sono sottomesso alle autorità competenti?

3. Sto dando la mia vita per gli altri affinché possano crescere spiritualmente?

4. Sono motivato dal denaro, dalla reputazione, dal ruolo?

5. Sono irreprensibile nelle mie relazioni con le persone che guido?

6. Sono un esempio per coloro che guido nel parlare, nella condotta, nell’amore, nella fede, nella purezza?

7. Il frutto della mia vita è una testimonianza evidente di una leadership santa?

8. La mia fede è esemplare e degna di essere imitata?

9. Sono gioioso e mansueto nell’esercizio della mia leadership?

10. Manipolo le persone, ricorro a macchinazioni e costrizioni, o agisco in modo subdolo?


Philip Moore è il vicepresidente di Acts 29 per le regioni globali e il direttore del network Europa. Vive a Parigi con sua moglie Rachele e con i loro cinque figli.

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