Perché facciamo fatica a credere che Dio è buono
La sofferenza ci porta a farci delle domande sul significato e lo scopo della vita. In un mondo decaduto, nessuno può evitare di riflettere profondamente sulla realtà della sofferenza. Forse la domanda principale è: “Perché un Dio buono permette ai suoi figli di sperimentare sofferenza e avversità?” Sono sicuro che ti sei già fatto questa domanda. Come hai risposto?
Consideriamo il tema della bontà di Dio e cerchiamo una definizione migliore che presenti i suoi buoni propositi per la nostra vita.
Dio è veramente buono?
Per alcuni, riconciliare la tensione tra la sofferenza e la bontà di Dio appare impossibile. Cosa dobbiamo pensare quando tutto ciò che sperimentiamo sembra indicare che Dio sia incapace di venire in nostro aiuto o, peggio ancora, che egli non ci ami? Parte della nostra difficoltà consiste nell’imparare a vedere con gli occhi della fede. Poiché camminiamo per fede e non per visione (2 Corinzi 5:7), è fondamentale addestrare i nostri occhi spirituali a vedere oltre le nostre circostanze. Vedere la bontà di Dio richiede discernimento spirituale.
Pensiamo in che modo gli “occhi della fede” ci aiutano a riconciliare la sofferenza e il bene in uno scenario non-spirituale. Se hai mai fatto della fisioterapia, sai che ciò che è doloroso non sempre è un male. Lasci che il fisioterapista ti sottoponga al dolore perché credi che lo faccia per il tuo bene. Hai fiducia in lui, anche se ti fa male. Benché all’apice della tua sofferenza e del tuo dolore potresti essere tentato a nutrire dei dubbi sulle intenzioni del fisioterapista, non giudichi mai l’efficacia del suo lavoro sulla base di come ti senti durante una seduta. Tuttavia, ti rallegri quando ti rendi conto che sedute massacranti dal fisioterapista ti fanno recuperare la forza nelle gambe. Elogi il fisioterapista e racconti agli altri quanto sia bravo.
Definire il bene come lo definisce Dio
E se la nostra difficoltà di credere nella bontà di Dio non avesse nulla a che fare con Dio o con le circostanze della nostra sofferenza? Forse ha più a che fare con il modo in cui intendiamo e definiamo il bene. Romani 8:28 viene spesso citato come soluzione alla sofferenza inspiegabile: “Or sappiamo che tutte le cose cooperano al bene di quelli che amano Dio, i quali sono chiamati secondo il suo disegno”. Desideriamo la pace e la certezza che questa promessa offre. Ma nel mezzo della sofferenza, è facile pensare: “Come può la situazione in cui mi trovo cooperare al mio bene?”
Per comprendere e applicare la Parola di Dio dobbiamo leggere i versetti nel loro contesto. Comprendere il contesto di Romani 8:28 richiede l’uso di lenti escatologiche, che Paolo ha fornito alcuni versetti prima. “Infatti io ritengo che le sofferenze del tempo presente non siano paragonabili alla gloria che dev'essere manifestata a nostro riguardo” (Rom. 8:18). Ma abbiamo bisogno anche della chiarezza che si trova in Romani 8:29: “Perché quelli che ha preconosciuti, li ha pure predestinati a essere conformi all'immagine del Figlio suo, affinché egli sia il primogenito tra molti fratelli”.
Dio non definisce il bene in base alla nostra esperienza; egli lo fa in base al suo proposito, e il suo proposito è renderci conformi all’immagine di suo Figlio. Proverbi 16:25 ci dice: “C'è una via che all'uomo sembra diritta, ma finisce con il condurre alla morte”. Se definiamo il bene a prescindere dagli scopi gloriosi di Dio, finiremo per gustare la morte invece della vita. Tutte le cose cooperano al bene di quelli che sono chiamati secondo il disegno di Dio perché il disegno di Dio è conformare coloro che egli ha chiamato all’immagine di Gesù. È solo nel dipanarsi dei propositi di Dio che comprendiamo veramente ciò che è buono.
Nessun bene più grande
Consideriamo la bontà di Dio nella morte di Lazzaro. Dalla prospettiva di Maria e Marta, il ritardo di Gesù era tutto tranne che buono. Se Gesù amava Lazzaro, perché ha aspettato che Lazzaro morisse prima di recarsi a Betania? In questa situazione, il bene più grande consisteva nel vedere la gloria di Dio con i loro occhi quando Gesù risuscitò Lazzaro dalla tomba. Credere nella risurrezione dei morti è una cosa. Capire che Gesù è la risurrezione è un’altra. Gesù permise la loro sofferenza affinché le due sorelle vedessero la sua gloria. Perché? Perché Gesù era il loro bene più grande.
Quando definiamo il bene al di fuori di Gesù, non riusciamo a vedere tutte le maniere in cui Dio dimostra di essere buono, specialmente nella nostra sofferenza. Niente impedirà a Dio di santificarti e glorificarti. Nessuna prova, nessuna sofferenza, nessuna oppressione, nessun nemico, nessuna malattia e nessun peccato può ostacolare il Dio del cielo e della terra. Dio porterà a compimento ciò che egli ha iniziato (Filippesi 1:6). Ecco perché Paolo può dire che tutte le cose cooperano al bene, perché Dio usa tutte le cose per renderci simili a Gesù, che è il nostro bene più grande.
La nostra fatica a credere nella bontà di Dio di fronte alla sofferenza fa parte della tensione e della difficoltà di vivere per fede. Non elimineremo mai questi interrogativi, ma possiamo gioire nella gloriosa realtà che Dio ci sta rendendo simili a Gesù. Che il tuo cuore possa trovare pace nel credere che Dio porterà a compimento i suoi buoni propositi nella tua vita facendoti diventare più simile a Cristo.
Kent Bass è il pastore per il counseling e la cura dei membri della Imago Dei Church a Raleigh, North Carolina. Ha conseguito un Master in consulenza biblica presso il Southeastern Baptist Theological Seminary. Oltre a fornire cura e counseling ai membri di Imago Dei, Kent aiuta ad equipaggiare e assistere i fondatori di chiesa e i missionari inviati dalla sua chiesa. Kent vive a Wake Forest (North Carolina) con sua moglie Hope e i loro tre figli. Puoi seguirlo su Instagram @kentdbass.
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