Nessuna tua sofferenza andrà sprecata
Se non si soffre, non si cresce. E’ un banale slogan popolare che indica, sebbene in modo riduttivo, una preziosa realtà biblica che vediamo regolarmente all’opera nel nostro mondo.
Le doglie del parto preannunciano la gioia per una nuova vita. La delusione per una sconfitta spinge gli atleti ad allenarsi con ancora più determinazione. L’umiliazione del fallimento porta a maturare una nuova consapevolezza delle proprie debolezze e a una seria autovalutazione, e fa sorgere modelli di vita migliori, più maturi, più intenzionali. Le realtà più preziose nelle nostre vite sono forgiate nel fuoco del dolore e della sofferenza. Ne vediamo l’evidenza nel mondo in cui viviamo, e lo sperimentiamo anche nelle nostre vite.
Anche le Scritture affermano questa verità profonda per il popolo di Dio. Per mezzo della sofferenza, Dio rivela il nostro peccato e ci chiama al ravvedimento che conduce alla salvezza dell’anima (Romani 8:18-23; Luca 13:1-5). Mediante l’afflizione, egli ci salva dal pericolo di confidare in noi stessi e ci porta alla sicurezza del confidare in lui (2 Corinzi 1:8-9). Per mezzo del dolore, egli produce in noi speranza, santità e perseveranza (Ebrei 12:3-11; Romani 5:3-4; Giacomo 1:2-4; 1 Pietro 1:6-8).
Egli ci rende lo strumento della sua consolazione nelle vite di altre persone (2 Corinzi 1:3-4), ci insegna a incoraggiare gli altri credenti (Filippesi 1:12-14) e ci fa incarnare il vangelo nei confronti dei non credenti (Colossesi 1:24; Atti 5:40-41). Egli usa le afflizioni e la persecuzione per riposizionare le sue truppe (Atti 8:1; 11:19-21), e fa delle nostre sofferenze un suo strumento per distoglierci dai facili entusiasmi del mondo, impedirci di diventare presuntuosi, e conquistare il nostro cuore all’eccellenza della conoscenza del valore e della preziosità di Cristo (2 Corinzi 12:9-10; Filippesi 1:19-23).
Ma che cosa dire delle sofferenze che non producono alcun bene sulla terra nella vita di chi soffre?
In che modo il dolore terreno è al servizio del guadagno eterno?
Pensiamo in particolare agli orrori legati alla morte. Non è insolito che quegli attimi finali siano a dir poco terribili. E quando i momenti (o i mesi) della morte sono finalmente finiti, quale utilità possono avere avuto in questo mondo? Sei morto. Nessuna fede rafforzata. Nessuna crescita nella santificazione. Forse nessuna meravigliosa testimonianza ad amici e familiari in quegli strazianti minuti finali. Questa sofferenza, che per alcuni potrebbe essere davvero dolorosa, sarà stata veramente utile a qualcosa, o sarà semplicemente stata vana?
Due preziose promesse bibliche — una fatta da Gesù, l’altra da Paolo — affermano che il bene che Dio compie nella sofferenza non è limitato a questa vita. In Matteo 5:11-12, Gesù ci invita non soltanto a perseverare, ma a rallegrarci, quando “vi insulteranno e vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi a causa mia”. Come? Guardando alla gioia celeste: “Rallegratevi e giubilate, perché il vostro premio è grande nei cieli”.
Anche l’apostolo Paolo porta il nostro sguardo oltre questo mondo mentre parla delle sofferenze del tempo presente in Romani 8:18: “le sofferenze del tempo presente non [sono] paragonabili alla gloria che dev’essere manifestata a nostro riguardo”. Letteralmente, le nostre sofferenze in questo mondo non sono degne della gloria che ci aspetta nel mondo a venire.
Ad ogni modo, quello che Matteo 5 e Romani 8 non rendono esplicito è la natura della relazione tra il nostro dolore del tempo presente e il guadagno futuro. Questo è il motivo per cui 2 Corinzi 4:17 offre una preziosa verità specifica per tutti noi, particolarmente nel mezzo di sofferenze che sembrano non produrre alcun bene in questa vita:
La nostra momentanea, leggera afflizione ci produce un sempre più grande, smisurato peso eterno di gloria.
Smisurato
Per prima cosa, notiamo quanto gloriosamente sobrio sia in italiano il termine “smisurato”. Paolo compone qui una splendida sequenza linguistica nello sforzo di comunicare quanto sia grande da far girar la testa la pienezza del nostro premio futuro. “Smisurato” traduce il Greco kath huperbolēn eis huperbolēn che potrebbe essere letteralmente reso con “secondo un livello straordinario, a un livello straordinario”.
Paolo usa la frase kath huperbolēn altrove per comunicare un livello straordinario (Romani 7:13; 1 Corinzi 12:31; 2 Corinzi 1:8; Galati 1:13), ma qui egli crea una sorta di iperbole che non si trova in nessun'altra parte delle sue lettere. Questo “peso eterno di gloria” che ci aspetta in Cristo non è soltanto gloria ad un livello straordinario, ma è gloria al quadrato — fino ad un livello straordinario. Potremmo considerarlo come il modo personale di Paolo di dire all’infinito e oltre.
Nelle altre lettere di Paolo, l’espressione che più si avvicina a descrivere la gloria di cui si parla in 2 Corinzi 4:17 potrebbe essere Efesini 2:7: “Per mostrare nei tempi futuri l’immensa ricchezza della sua grazia, mediante la bontà che egli ha avuta per noi in Cristo Gesù”. Paolo non può che cercare di attingere dal linguaggio terreno come meglio può per darci un assaggio della gloria del cielo. Non ricchezze soltanto, ma ricchezze immense. E non grazia soltanto, ma grazia in bontà. La gloria futura sarà di un livello straordinario — e poi oltre — ad un livello straordinario.
Cosa include la gloria futura?
Non conosciamo nemmeno la metà di tutto ciò che sarà incluso in questa sbalorditiva gloria futura, ma anche l’accenno che abbiamo di essa è davvero “smisurato” — di un livello straordinario, ad un livello straordinario.
Innanzitutto, vedremo il Cristo risorto e glorificato (1 Giovanni 3:2; Apocalisse 1:13-16; Matteo 17:2). E se ciò non fosse abbastanza “saremo simili a lui” (1 Giovanni 3:2), con corpi glorificati (Filippesi 3:21), vivremo nella beatitudine di questa gloria, e risplenderemo come il sole (Matteo 13:43).
Mangeremo, berremo e muoveremo i nostri corpi, e gusteremo una nuova pienezza di gioia che non abbiamo mai sperimentato — in un nuovo mondo appositamente pensato per la nostra gioia (Romani 8:21), una sorta di parco giochi eterno per la gloria di Dio e per la soddisfazione dei nostri corpi e anime glorificate come mai era successo prima.
Ci sentiremo dire dal Dio dell’universo: “Ben fatto, servo buono e fedele” (Matteo 25:21, 23; Luca 19:17) e, come coeredi di suo Figlio, condivideremo tutto il mondo e la sua ricchezza (1 Corinzi 3:21-23; Matteo 5:5).
Giudicheremo gli angeli (1 Corinzi 6:3) — infatti, meraviglia delle meraviglie, saremo seduti con Gesù sul suo trono (Apocalisse 3:21), “egli si rimboccherà le vesti” e ci servirà (Luca 12:37), e Dio stesso si rallegrerà per noi con gran gioia, si acqueterà nel suo amore, ed esulterà per noi con grida di gioia (Sofonia 3:17).
E pensare che adesso conosciamo solo in parte. Allora conosceremo pienamente (1 Corinzi 13:12). Questa è una gloria che va davvero oltre ogni paragone — gloria eterna al quadrato — da un livello straordinario fino ad un livello straordinario.
Il dolore presente produce in seguito gloria
Ma com’è possibile che le nostre sofferenze del tempo presente riguardino questa gloria futura che il linguaggio umano non può descrivere se non balbettando? Questo è il contributo unico offerto da 2 Corinzi 4:17. Paolo dice che la nostra afflizione in questo mondo produce per noi questa gloria futura che va oltre ogni comprensione e paragone.
Proprio come “l’afflizione produce pazienza” (Romani 5:3) e “la prova della vostra fede produce costanza” (Giacomo 1:3), così pure l’afflizione in questa vita, sopportata con fede, produce questo incomparabile, incommensurabile peso di gloria futura.
Il che significa che in quei momenti in cui stiamo soffrendo — e per quanto ne sappiamo, anche in quei momenti finali della morte, in cui sembra che il nostro dolore e la nostra sofferenza non siano “usati per il bene” in questa vita — abbiamo qualcosa di buono da predicare alle nostre anime. E non qualcosa di marginalmente buono, ma di magnificamente buono. Buono quanto la gloria al quadrato, molto più di quanto possiamo immaginare.
Ogni momento è significativo
Caro fratello o sorella in Cristo, le tue afflizioni non sono mai sprecate. Il tuo dolore non è mai invano. Per quanto vane le nostre sofferenze possono apparire in questo mondo, esse stanno lavorando — esse stanno producendo per noi — gloria nella vita futura, una gloria così grande che nemmeno l’apostolo Paolo era in grado di usare il linguaggio umano per renderle sufficiente giustizia. Come John Piper dichiara sulla base di 2 Corinzi 4:17: “Ci sono glorie speciali nell’età a venire procurate dalle tue specifiche afflizioni” — il che significa che
ogni momento della tua afflizione è significativo. Ha un significato. Sta facendo qualcosa. Sta causando qualcosa. Sta realizzando qualcosa di glorioso. Tu non puoi vedere questo. Il mondo non lo può vedere. Il mondo pensa, e tu sei tentato a pensare, che questa sofferenza non ha alcun significato, che non sta compiendo niente di buono. Non riesco a vedere come qualcosa di buono possa venire da questa sofferenza. E’ così che ti senti se ti concentri sul visibile.
La risposta di Paolo è: guarda alle cose invisibili. Alle promesse di Dio. Niente nel tuo dolore è privo di senso. Ogni tuo dolore sta preparando qualcosa, lavorando qualcosa, producendo qualcosa — un peso di gloria, una gloria speciale per te e per te soltanto a causa di quel dolore.
Non ci scoraggiamo
Queste gloriose verità gemelle sono effettivamente motivi per “non scoraggiarci”. Che è esattamente ciò che Paolo dice nel versetto immediatamente precedente a 2 Corinzi 4:17:
Perciò non ci scoraggiamo; ma, anche se il nostro uomo esteriore si va disfacendo, il nostro uomo interiore si rinnova di giorno in giorno. (2 Corinzi 4:16)
Questo non significa fingere che le afflizioni non siano afflizioni. Le difficoltà sono difficoltà. Il dolore è dolore. Le ferite sono ferite. Vedere le nostre sofferenze alla luce dell’eternità non le rende meno dolorose, ma rende saldo il nostro cuore affinché possiamo appropriarci del dolore correttamente. Alla luce dell’eternità, e dell’incredibile e indescrivibile grandezza della gloria a venire, non ci scoraggiamo.
Alla luce della durata dell’eternità, i nostri dolori non sono che momentanei. Alla luce del peso glorioso del cielo, le nostre afflizioni sono leggere. Alla luce della gioia futura, un giorno i nostri dolori si riveleranno essere stati pressoché insignificanti — tranne nel fatto di aver prodotto per noi il peso eterno di gloria che allora godremo in misura crescente, e per sempre.
David Mathis (@davidcmathis) è il capo redattore del sito desiringGod.org, pastore della chiesa Cities Church a Minneapolis/Saint Paul. E’ sposato e ha quattro figli. E’ l’autore di “Le abitudini della Grazia. Dilettarsi in Gesù attraverso le discipline spirituali” (Adi-Media).
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