Liberi dalla vergogna
Chiusi gli occhi, sperando di svegliarmi da un incubo. Ma qualcuno bussò alla porta, riportandomi alla realtà. Era una specie di incubo, ma molto reale. L’infermiera entrò nella mia stanza, si assicurò che non mi fossi fatta del male, e se ne andò velocemente come era entrata. Fissavo le quattro mura bianche della stanza, e mi apparivano vuote, come me. Come ero arrivata lì? Feci un flebile sospiro.
Avevo 17 anni. Soffrivo ed ero arrabbiata mentre vedevo la mia vita crollare davanti ai miei occhi. Seduta in quella stanza disadorna del reparto di psichiatria giovanile, non mi rimaneva nient’altro se non il dolore per ciò che avevo perduto e la vergogna per ciò che avevo subito.
Perché me? Dopo aver dedicato 10 anni della mia vita al basket, perché dovevo perdere tutto per colpa di un allenatore dispotico e di un terribile infortunio? Perché ero cronicamente malata mentre gli altri vivevano una vita normale? E perché, oltre a tutto quello che avevo già perso, dovevo sperimentare la vergogna per le molestie sessuali subite dai miei coetanei?
Toccare il fondo
Mentre pensavo a queste cose e mi ponevo queste domande, mi venne in mente una storia familiare, una storia che Gesù raccontò nella Bibbia su un padre e i suoi due figli. Un giorno il figlio più giovane decise che voleva di più di ciò gli dava suo padre. Egli voleva assaggiare il sapore della libertà. Così chiese al padre la sua parte di eredità, ed egli lo accontentò.
Nell’eccitazione per la libertà appena scoperta, il figlio si diede ai piaceri che gli offriva il mondo. Ben presto però dovette fare i conti con la triste realtà di essere solo e senza un soldo mentre una carestia colpì il paese. In preda alla disperazione, egli accettò l’unico lavoro che riuscì a trovare: dare da mangiare ai maiali e vivere in mezzo a loro. Inutile a dirlo, aveva toccato il fondo.
Anch’io sapevo che cosa voleva dire toccare il fondo. Sono io quel figlio prodigo? mi chiesi. La Bibbia dice che Dio, il mio Padre Celeste, mi ha creata per conoscerlo e vivere sotto la sua tutela e cura come una sua figlia. Ma a causa del mio desiderio di indipendenza e libertà, avevo cercato felicità, soddisfazione, scopo e valore in qualunque cosa tranne che nel seguire Dio. Anche se molte di queste cose mi avevano soddisfatto per un po’ di tempo, alla fine non mi hanno procurato altro che delusione, senso di vuoto e di vergogna.
Provare vergogna
Che lo riconosciamo o no, conosciamo tutti il senso di vergogna. Lo proviamo quando le nostre imperfezioni vengono scoperte. Lo proviamo quando sappiamo che una cosa è sbagliata ma la facciamo lo stesso. Lo sentiamo quando qualcuno ci molesta o se ne approfitta di noi, e ci condanniamo per avere permesso che succedesse. Ma il senso di vergogna nasce fondamentalmente dal rendersi conto che non possiamo vivere rispettando gli standard perfetti di Dio.
Non dobbiamo farci schiacciare dalla vergogna; essa ha lo scopo di farci vedere la vera condizione dei nostri cuori, come fece la stoltezza del fratello minore. Abbiamo due scelte. Possiamo rimanere nella nostra vergogna (come il figlio che rimase tra il sudiciume dei maiali), o possiamo correre dal Padre, chiedere il suo perdono, ed essere amorevolmente accolti a braccia aperte.
Tornare a casa
Grazie a Dio, la vergogna non è stata la fine della storia, né per me né per il fratello più giovane. Alla fine egli comprese di essere stato uno stolto e tornò a casa. Egli sapeva di non meritare nulla da suo padre, ma sperava che se avesse chiesto perdono al padre, forse egli lo avrebbe riaccolto come un umile servo salariato.
Con grande sorpresa del figlio, il padre era pieno di compassione per lui. Egli corse verso suo figlio, gli si gettò al collo, e disse ai suoi servi di prendere la veste più bella, un anello e dei calzari da dare generosamente a suo figlio. Ancora di più, egli organizzò una festa per celebrare il ritorno del figlio, dicendo: “Questo mio figlio era morto ed è tornato in vita; era perduto ed è stato ritrovato” (Luca 15:24).
Mentre leggevo questa storia, le lacrime iniziarono a scendere dal mio volto. Stavo sperimentando il dolore per il mio peccato, per il peccato altrui, e la sofferenza che viene dal vivere in un mondo che ha rifiutato il suo Creatore. Ma Dio non mi stava punendo e non mi guardava con rabbia e delusione. Egli mi stava guardando con gli occhi di un Padre compassionevole e amorevole, pronto ad accogliermi a braccia aperte e gioire per il mio ritorno.
Amico, che tu ti senta oppresso dalla vergogna, che tu stia soffrendo per una perdita, o che tu avverta il vuoto e la fragilità di tutto quello che ti circonda, sappi che hai un Padre celeste che brama riceverti con la gioia di un padre il cui figlio prodigo è tornato. Vai a lui e troverai libertà dalla tua vergogna, consolazione nel tuo dolore, e una soddisfazione e un senso di sicurezza che niente in questo mondo può dare. Egli si rallegrerà per te, dicendo: “Questo mio figlio [o figlia] era morto ed è tornato in vita; era perduto ed è stato ritrovato”.
Sarah Walton è l’autrice di Tears and Tossings: Hope in the Waves of Life (10Publishing, 2022) e la coautrice di Together Through the Storms: Biblical Encouragement for Your Marriage When Life Hurts (2020, The Good Book Company). È pure la coautrice del libro premiato Hope When It Hurts e scrive un blog su Set Apart. Vive in Colorado con suo marito Jeff e i loro quattro figli. Puoi saperne di più sulla storia di Sarah e Jeff nel trailer del loro libro. Nel tempo libero, Sarah sogna che cosa farebbe se avesse veramente del tempo libero a disposizione.
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