‘La vita della chiesa va avanti’: Un pastore italiano riflette sul COVID-19

Il coronavirus sta continuando a colpire duramente l’Italia, e le conseguenze in termini di morti, perdite, e ripercussioni a lungo termine per l’economia (come i posti di lavoro) appaiono drammatiche.

E’ troppo presto per capire l’impatto duraturo di questa crisi sulla chiesa. Avremo bisogno di tempo per riflettere su che cosa sta facendo il Signore attraverso tutto questo.

Senza dubbio, egli è all’opera in queste circostanze difficili. Discernere e comprendere la sua straordinaria provvidenza, specialmente quando essa sconvolge i nostri piani e le nostre attività, è un compito che accompagnerà le nostre preghiere e riflessioni per diverso tempo. Quelle che seguono sono solo alcune timide, provvisorie e parzialmente elaborate considerazioni che vengono alla mente mentre cerchiamo la “mente di Cristo” in questa pandemia.

La vita della chiesa va avanti

Fino al ritorno del Signore, la vita della chiesa deve andare avanti, qualunque siano le circostanze. Questa è la promessa del Signore Gesù stesso, secondo cui le porte dell’Ades non potranno vincere la chiesa (Matteo 16:18).

Rafforzata e incoraggiata da questa promessa, nel corso dei secoli la chiesa è sopravvissuta a persecuzioni, carestie e pestilenze, senza mai interrompere la sua vita e la sua missione. Niente —coronavirus incluso—può fermare la chiesa del Signore Gesù Cristo. Quello che Paolo disse a proposito di se stesso può essere applicato a tutto il corpo:

Noi siamo tribolati in ogni maniera, ma non ridotti all'estremo; perplessi, ma non disperati; perseguitati, ma non abbandonati; atterrati ma non uccisi; portiamo sempre nel nostro corpo la morte di Gesù, perché anche la vita di Gesù si manifesti nel nostro corpo. (2 Corinzi 4:8-10)

La chiesa perseguitata d’oggi—che cresce nella sofferenza—è un esempio vivente della resilienza che Dio ha concesso al suo popolo.                                                                                             Il coronavirus certamente porta con sé sfide e restrizioni alle normali attività della chiesa. A Roma, abbiamo dovuto trovare un modo per svolgere un servizio battesimale già programmato che alla fine è stato celebrato in una casa, con il pastore, i diaconi e i membri della famiglia fisicamente presenti, mentre il servizio è stato trasmesso in streaming live al resto dei membri della chiesa e agli amici. 

Non potendo lasciare le nostre case e riunirci con gli altri, stiamo provando modalità diverse (digitalizzate) per celebrare il culto domenicale insieme. Siamo costretti a pensare a ciò che è veramente essenziale affinché i nostri culti siano celebrati in un modo che onora Dio e edifica il suo popolo. Stiamo apprezzando di nuovo la centralità della Parola predicata, la bellezza del semplice cantare, la potenza della lettura della Scrittura, e la dolcezza della comunione fraterna e della preghiera.

Essendo una chiesa di piccole dimensioni (meno di 50 membri), il passaggio alla tecnologia rende più facile mantenere un livello significativo di interazione personale e di legame familiare. Il lavoro pastorale, l’evangelizzazione, il discepolato e i ministeri di misericordia sono tutte cose che implicano un livello elevato di relazioni interpersonali che possono essere eguagliati soltanto in parte con la tecnologia. Questi sono ambiti nei quali abbiamo bisogno di conversazioni continue su come rispondere alla sfida di essere una chiesa fedele e operativa in tempi di isolamento forzato.

Quello che resta da vedere è che cosa fare con gli ordinamenti della chiesa (ossia il battesimo e la Cena del Signore). Ora che non possiamo farci visita nelle nostre case, abbiamo smesso di celebrare la Cena del Signore, e abbiamo anche smesso di programmare i battesimi. Questo è uno sconvolgimento significativo i cui effetti a lungo termine devono essere ancora valutati. 

Il coronavirus ci sta ricordando che la vita della chiesa non dipende da edifici spaziosi, comodità o effetti speciali. La vita della chiesa è diventata troppo dipendente da cose non necessarie. E’ tempo di apprezzare ciò che è essenziale. 

Le chiese raccoglieranno ciò che hanno seminato 

Visti gli attuali impedimenti, non siamo in grado di fare le stesse cose negli stessi modi. Non puoi fare programmi a lungo termine; non puoi stare veramente vicino alle persone come tu vorresti o come loro vorrebbero; non puoi essere veramente con loro. La tecnologia aiuta, ma solo fino a un certo punto. Anche la migliore tecnologia ha i suoi limiti quando si tratta della vita della chiesa.                                                                                                                                                              

L’epidemia di coronavirus è un’opportunità per affidarci a Dio e mettere alla prova la qualità, la sapienza e l’ampiezza del nostro ministero. Quello che abbiamo seminato nella vita della chiesa e nelle vite delle persone nel corso degli anni germoglierà e porterà frutto. Quanto alla nostra predicazione, sarà ricordata ora che viene semplicemente trasmessa in streaming live? Quanto a come viviamo la nostra vita cristiana, sarà imitata come un esempio per gli altri? Quanto alla nostra pietà e alle nostre discipline spirituali, continueremo a seguirle ora che viviamo lontano dalla gente? 

Nel libro della Genesi, Giuseppe ha potuto affrontare sette anni di carestia in Egitto soltanto perché nei sette anni precedenti aveva saputo gestire con saggezza quei tempi di abbondanza (Genesi 41). Forse si può pensare alla crisi attuale come a un tempo di carestia.

Abbiamo preparato le nostre chiese per questa carestia? Le nostre chiese sono preparate per sopravvivere e prosperare senza disporre dell’abbondanza della vita ordinaria che spesso diamo per scontata? Abbiamo immagazzinato una quantità sufficiente di dottrina e spiritualità cristiana per il loro nutrimento? In mezzo a sfide e preoccupazioni, la chiesa che crescerà in questo tempo di prova è la chiesa che raccoglie ciò che è stato seminato.

Durante il regno del Re Saul, “in tutto il paese d'Israele non si trovava un fabbro” (1 Samuele 13:19). Questa era una grave mancanza per la vita sociale ed economica d’Israele, ma a quanto pare non costituiva un problema in tempi di pace. Quando però scoppiò la guerra contro i Filistei, gli Israeliti si resero conto che “nel giorno della battaglia non si trovava né una spada né una lancia” (1 Samuele 13:22). Che disastro! A causa del fallimento nel prepararsi, il popolo del Signore per poco non fu sconfitto dai suoi nemici.

In tempi di crisi e restrizioni, il nostro ministero sarà messo alla prova perché questo dimostrerà se è stato o meno un ministero fedele, profondo e lungimirante. Stiamo predicando tutto il consiglio di Dio, o soltanto i frammenti di un messaggio “alla moda”? Stiamo coltivando comunità missionali e resilienti, o stiamo viziando gruppi pigri e compiacenti? Stiamo modellando stili di vita vangelocentrici, o stiamo promuovendo sottoculture di tipo tribale?

Il coronavirus forse ce lo dirà. Quello che noi pastori abbiamo seminato, la chiesa raccoglierà.

La nostra forte rocca

La crisi ha cambiato improvvisamente i nostri piani, le nostre vite, le nostre conversazioni, le nostre relazioni e noi stessi. Forse poche cose dopo la crisi resteranno esattamente le stesse di prima. Ancora non lo sappiamo. Dio è l’unico fattore immutabile in tutto questo. 

Il coronavirus cambierà la nostra teologia? Spero che Dio affini la nostra conoscenza teologica durante questo tempo. Spero che il coronavirus perfezionerà la nostra dottrina di Dio. Il Signore trino è sovrano sul virus, e gli permette di compiere i suoi scopi. Come e perché tutto questo sta succedendo resta un mistero per noi, ma non va oltre il controllo e il piano di Dio.                                                                                                                 La sua provvidenza si estende dalle stagioni favorevoli agli eventi tragici. I suoi piani sorpassano la nostra immaginazione. La sua autorità è al di sopra del male. Il suo dominio controlla ciò che è sconosciuto. La sua presenza è sempre con il suo popolo. I suoi scopi portano gloria al suo nome, cooperando per il bene di coloro che lo amano (Romani 8:28).

La mia preghiera per la chiesa che affronta lo sconvolgimento della pandemia è che possa essere incoraggiata ad approfondire e consolidare la teologia del “grande Dio” che si trova nella Scrittura.


​Leonardo De Chirico è il pastore della chiesa Breccia di Roma e professore di teologia storica dell’Istituto di Formazione Evangelica e Documentazione IFED di Padova. Ha un blog (Vatican Files) nel quale affronta le questioni relative al Vaticano e alla Chiesa Cattolica Romana da una prospettiva evangelica. E’ anche il direttore di Reformanda Initiative e co-conduttore del  podcast Reformanda Initiative, ed è l’autore di diversi libri, tra cui Il papato. Una guida evangelica. Segui Reformanda Initiative su Twitter.

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