Il messaggio dell’Islam a confronto con il Vangelo di Gesù
Le domande sui rapporti tra musulmani e cristiani continuano a essere sotto i riflettori dei media e della società in generale. Una in special modo (“I cristiani e i musulmani adorano lo stesso Dio?”) è diventata particolarmente controversa tra i cristiani negli Stati Uniti. Spesso le risposte sono state estremizzate: da una parte s’insiste nel sostenere che la riposta deve essere affermativa e dall’altra lo si nega con veemenza. Ma la domanda stessa è assai ambigua e presenta al suo interno diverse questioni, e ciò non aiuta di certo. Perciò, anziché cercare di rispondere direttamente alla domanda se i cristiani e i musulmani adorano lo stesso Dio, è più utile considerare le somiglianze e le differenze nel credo dei musulmani e dei cristiani, evidenziando sia le aree di accordo sia di disaccordo.
Vi sono alcune evidenti somiglianze tra la fede cristiana e quella musulmana. Per esempio, sia l’Islam sia il Cristianesimo sono religioni monoteistiche che affermano che l’universo fu creato da Dio, che Dio ha dato all’umanità una rivelazione speciale, e che ci sarà un giudizio finale.
Ma ci sono anche delle differenze fondamentali che ci portano al cuore del vangelo Cristiano e degli insegnamenti del Nuovo Testamento su Gesù Cristo. Quanto segue è un’introduzione molto concisa su alcuni aspetti dell’Islam e del Cristianesimo che si concentra su diversi punti significativi in cui il vangelo Cristiano è diverso da ciò che l’Islam ha tradizionalmente sostenuto. Evidenziare le differenze non significa voler minimizzare le importanti somiglianze tra le religioni. Dato che però le differenze fondamentali riguardano il cuore del vangelo, l’apprezzamento delle somiglianze va inquadrato nella consapevolezza delle differenze.
Le Origini dell’Islam
L’Islam fece la sua comparsa nel settimo secolo in quella che oggi è l’Arabia Saudita. La tradizione sostiene che Dio rivelò la sua volontà a Maometto (570?–632 d.C.) in una serie di rivelazioni dettate dall’angelo Gabriele lungo un periodo di circa 20 anni. Queste rivelazioni, codificate e messe per iscritto dopo la morte di Maometto, formano il Corano, che i Musulmani considerano Parola di Dio. Il Corano è ritenuto la rivelazione definitiva di Dio, il culmine delle rivelazioni concesse in precedenza a numerosi profeti, inclusi Ebrei e Cristiani (chiamati nel Corano “la Gente del Libro”). Maometto è considerato l’ultimo e il più grande dei profeti.
Perseguitato inizialmente alla Mecca, Maometto si trasferì a Medina, dove istituì una società teocratica che fece da modello alle successive comunità musulmane. I musulmani conquistarono velocemente le regioni circostanti, cosicché un secolo dopo la morte del profeta si potevano trovare musulmani non solo in tutta la Penisola Araba ma anche nella Francia meridionale, in Spagna, nel Nord Africa, nell’Asia centrale e perfino nella Cina occidentale. L’Islam oggi è una religione globale, e conta circa un miliardo e settecento milioni di musulmani nel mondo, contro i due miliardi e quattrocento milioni circa di cristiani. La gran parte vive in Asia e in Africa, e più del 50 per cento dei musulmani del mondo vive in Indonesia, India, Bangladesh, Pakistan, Nigeria, Iran, Turchia ed Egitto.
La divisione principale all’interno dell’Islam è tra musulmani sciiti e sunniti. Sebbene vi siano alcune differenze dottrinali tra questi due rami dell’Islam, la divisione deriva da violenti conflitti sorti all’inizio circa il legittimo successore di Maometto. L’ottantacinque per cento circa dei musulmani oggi sono sunniti, e circa il quindici per cento sono sciiti. In effetti, l’Islam affronta significative tensioni interne dal momento che varie fazioni sono in competizione tra di loro per definire che cosa significhi essere musulmani nel 21° secolo. Oltre alle tensioni tra sciiti e sunniti, vi sono divisioni fra tradizionalisti (che si oppongono ai compromessi con la modernità) e progressisti (i quali sostengono che l’Islam sia del tutto compatibile con le società moderne e democratiche), e inoltre tra vari gruppi etnici. Dagli anni ottanta del secolo scorso, i movimenti radicali Islamisti hanno fatto ricorso al terrorismo globale per promuovere i propri fini.
I musulmani sono uniti dalla loro fede in un solo Dio, dal Corano quale rivelazione di Dio, e da Maometto quale ultimo profeta di Dio. Essi trovano unità di pratica nei Cinque Pilastri: (1) la shahāda, o “testimonianza” (“Non c’è Dio se non Dio e Maometto è il suo messaggero”); (2) la preghiera cinque volte al giorno; (3) le elemosine; (4) il digiuno di Ramadan; e, se possibile, (5) il pellegrinaggio alla Mecca.
L’Islam e l’Amore
Sia musulmani sia cristiani affermano che c’è un solo Dio, che è il creatore di tutto quello che esiste (a parte Dio stesso). Ma se da un lato i musulmani e i cristiani concordano in parte su alcuni degli attributi divini, ci sono anche disaccordi fondamentali sulla natura di Dio e su quello che egli si aspetta dall’umanità.
Per esempio, i musulmani considerano Dio come un Dio sovrano, misericordioso e benevolo, ma generalmente non considerano Dio come un Dio che ama nel modo in cui la Bibbia parla del suo amore. La Bibbia dichiara “Dio è amore” (1 Giovanni 4:8, 16), ed è a motivo del suo amore per il mondo che egli ha mandato suo Figlio per espiare il peccato (Giovanni 3:16; 1 Giovanni 4:10). A loro volta, ai cristiani è comandato di amare Dio con tutto il loro essere, di amare il loro prossimo (Matt. 22:34–40), e perfino di amare i loro nemici (Matt. 5:43–47).
Il Corano, al contrario, non identifica mai Dio con l’amore, né comanda di amare Dio. Molti musulmani affermerebbero che parlare di Dio in termini di amore compromette la sua sovranità, “umanizzandolo” e distorce ciò che è trascendente. I cristiani sostengono che, anche se Dio è trascendente e sovrano, è pure personale e amorevole.
L’Islam e la Scrittura
Sia cristiani sia musulmani credono che Dio abbia dato una rivelazione speciale all’umanità, ma sono in disaccordo sulla natura di questa rivelazione. I musulmani credono che Dio rivelò la sua volontà a diversi profeti nel passato, inclusi profeti Ebrei e Gesù, ma che il Vecchio e il Nuovo Testamento della Bibbia Cristiana sono stati corrotti e perciò non sono autorevoli. Il Corano è la rivelazione definitiva e finale. I musulmani insistono nel sostenere che Maometto non ha scritto il Corano; egli fu il ricevitore passivo di rivelazioni a lui dettate.
I cristiani, al contrario, ritengono che Dio abbia rivelato se stesso progressivamente nel Vecchio e nel Nuovo Testamento. I cristiani credono che ogni libro della Bibbia sia allo stesso tempo il prodotto di Dio e dell’autore umano. Pur avendo Dio vigilato su tutto il processo, in modo che ciò che fu scritto è quello che Dio intende, egli ha lasciato trasparire i tratti distintivi degli autori umani. Di conseguenza, sebbene il prodotto stesso sia autenticamente la parola ispirata (“alitata”) da Dio, è stata trasmessa attraverso autori umani. I cristiani credono che il Vecchio e il Nuovo Testamento sono la completa rivelazione speciale di Dio e che nessun altro scritto può essere aggiunto al canone. L’ultimo scritto del Nuovo Testamento risale alla fine del primo secolo, più di cinquecento anni prima che Maometto ricevesse le rivelazioni. Non c’è nessuna evidenza storica o testuale a sostegno dell’affermazione secondo cui la Bibbia Cristiana è una corruzione di una precedente rivelazione di Dio allineata agli insegnamenti del Corano.
L’Islam e la vita di Cristo
Il Nuovo Testamento indica l’incarnazione in Gesù Cristo come l’apice della rivelazione che Dio ha dato di se stesso (Giovanni 1:1–18; Ebrei 1:1–3). A questo punto le differenze tra Islam e il vangelo Cristiano diventano più pronunciate. L’Islam ha storicamente negato le dottrine dell’incarnazione e della Trinità. Questo non è un disaccordo marginale, perché l’insegnamento biblico sulla divinità di Gesù Cristo è centrale nel messaggio del vangelo.
E’ vero che il Corano riserva a Gesù un posto importante. Egli è chiamato Messia, Figlio di Maria, Messaggero, Profeta, Servitore, Parola e Spirito di Dio. Nel Corano si parla sempre di Gesù con venerazione. Il suo concepimento da parte di una vergine è indicato nelle Sure 3:45–48 e 19:18–22. Ma il Corano omette gli insegnamenti di Gesù e respinge la nozione che Gesù è divino. Per esempio, il Gesù del Corano nega in modo esplicito di voler essere identificato con Dio (5:109–119). Particolarmente offensivo per i musulmani è il titolo “Figlio di Dio”. Non ci sono molti dubbi sul fatto che Maometto ritenesse che questo titolo insinuasse la generazione fisica del presunto Figlio dal Padre, un’implicazione che egli aborriva (23:90–93; cf. 112). Il Corano include anche numerose denunce di quello che era considerato l’insegnamento cristiano sulla Trinità (cf. 4:171; 9:30–31). In effetti, il Corano sembra presumere che i cristiani credano che la Trinità consista in Dio Padre, nella Vergine Maria, e nel loro figlio, Gesù. Questo, naturalmente, non è quello che la Bibbia insegna né quello che i cristiani ortodossi hanno affermato storicamente.
L’Islam e la morte di Cristo
La morte di Gesù sulla croce, seguita dalla sua gloriosa risurrezione, è al centro del messaggio cristiano. Il vangelo è la buona notizia che Gesù Cristo, la Parola incarnata e il Figlio di Dio, è Salvatore e Signore, e che attraverso la sua vita, la sua morte e la sua risurrezione abbiamo il perdono e la redenzione dal peccato, una nuova vita mediante la potenza dello Spirito che dimora in noi, e la riconciliazione con Dio. Non c’è alcun vangelo senza la croce, perché è attraverso la morte espiatrice di Gesù al posto di uomini peccatori che la giustificazione e la riconciliazione con Dio sono possibili.
I cristiani però potrebbero essere sorpresi di sapere che la maggior parte dei musulmani negano che Gesù sia morto sulla croce. La Sura 4:155–159 è utilizzata da molti per sostenere che, anche se i capi dei Giudei cercarono di uccidere Gesù, essi “non lo uccisero, né lo crocifissero, ma pensavano di averlo fatto”. Per i musulmani è inconcepibile che Dio abbia permesso che Gesù, il profeta unto da Dio, fosse crocifisso. Come osserva Kenneth Cragg: “L’evento che è la fonte stessa e il cuore del Cristianesimo è considerato dai musulmani come non storico e non credibile” (Jesus and the Muslim, 166). Nell’Islam non vi è alcun bisogno di una cosa come la morte espiatrice di Cristo, perché ogni persona è responsabile delle sue azioni, punto (36:54; 53:38; 82:19). Il peccato non è una questione che riguarda la depravazione totale della natura umana ma è più una debolezza, un difetto, o un’imperfezione del carattere umano (cf. 4:28; 30:54; 7:19–25).
Discepoli in un mondo eterogeneo
I cristiani nell’Occidente fanno parte di un mondo che sta diventando sempre più solidamente interconnesso su vari livelli. La stessa società americana sta diventando sempre più variegata. Divisioni e tensioni su questioni etniche, culturali, etiche e religiose spesso portano a ulteriori contrapposizioni tra i vari gruppi. In che modo i cristiani dovrebbero relazionarsi con i musulmani e con gli aderenti di altre religioni nella società americana? Abbiamo già fatto notare l’importanza di affermare sia le somiglianze sia le differenze nella fede e nella pratica tra musulmani e cristiani. Le differenze sono reali, e sono significative. Ciò nonostante, una volta individuate le differenze, i cristiani dovrebbero anche riconoscere l’importanza di coltivare sani rapporti con i musulmani cercando insieme il bene comune.
Per prima cosa, quali discepoli di Gesù, i cristiani devono essere dei buoni cittadini (Matt. 22:15–22; Rom. 13:1–7; 1 Pietro 2:13–17). Ci sono circa 3 milioni e trecentomila musulmani negli Stati Uniti (rispetto a 5.7 milioni di Ebrei e 2.1 milioni di Indù). I musulmani prestano servizio militare nell’esercito Federale; rivestono incarichi governativi a livello locale, statale, e federale; e sono attivi nella comunità degli affari, medica e accademica. Ai musulmani americani, come a tutti gli altri cittadini, è garantita dalla Costituzione la libertà di culto e di pratica religiosa. I cristiani americani dovrebbero quindi accogliere i musulmani americani come concittadini e dovrebbero impegnarsi ad instaurare delle relazioni con i musulmani al lavoro, a scuola e nella comunità. Laddove musulmani e cristiani condividono interessi comuni, dovrebbero collaborare per il bene collettivo.
Inoltre, i discepoli di Gesù devono amare il loro prossimo (Matt. 22:34–40), e questo include i musulmani. Amare il prossimo implica ricercare il loro benessere e impegnarsi a promuovere il loro bene. Dovremmo fare agli altri, musulmani inclusi, quello che vorremo che gli altri facessero a noi (Matt. 7:12).
Infine, i cristiani devono fare discepoli tutti i popoli (Matt. 28:18–20), e questo include i musulmani. Per essere fedeli al Signore Gesù, i cristiani devono condividere il vangelo con i loro vicini musulmani, chiarire le convinzioni errate ed esortarli ad accettare Gesù, il Figlio di Dio, come Signore e Salvatore.
Considerando secoli di sospetto reciproco e incomprensioni, oltre alle tensioni odierne, farlo in un modo efficace e responsabile non sarà facile. Ma questa è la sfida che i cristiani americani devono affrontare nei giorni a venire: accettare e accogliere i nostri vicini musulmani come si conviene, incoraggiandoli al tempo stresso a diventare discepoli del Re Gesù. Il dovere e il privilegio cristiano di amare il proprio prossimo non dipende dall’essere d’accordo con gli indù o con i musulmani sulle loro rispettive visioni di Dio, o anche con i buddisti o con gli atei che negano la realtà di Dio. Le differenze di vedute sono reali e profonde. Ma l’obbligo di amare il proprio prossimo nasce dal fatto che tutti gli esseri umani sono creati all’immagine di Dio, e dal comandamento e dall’esempio del Signore Gesù stesso.
Altre letture:
Daniel W. Brown, A New Introduction to Islam, 2nd ed. (Wiley-Blackwell, 2009)
Kenneth Cragg, Jesus and the Muslim: An Exploration (Oneworld, 1999 [1985])
Timothy George, Is the Father of Jesus the God of Muhammad? (Zondervan, 2002)
Gordon Nickel, The Gentle Answer to the Muslim Accusation of Biblical Falsification (Burton Gate, 2015)
David W. Shenk, Christian. Muslim. Friend. Twelve Paths to Real Relationship (Herald Press, 2014)
Don Carson è professore di ricerca del Nuovo Testamento al Trinity Evangelical Divinity School a Deerfield, Illinois, e co-fondatore (con Tim Keller) di The Gospel Coalition. Ha scritto numerosi libri, e ha recentemente scritto The Enduring Authority of the Christian Scriptures (Eerdmans, 2016).
Graham A. Cole è Preside della facoltà di Teologia Trinity Evangelical Divinity School di Deerfield, Illinois. É stato anche professore Anglicano di teologia alla Beeson Divinity School di Birmingham, Alabama. E’ l’autore di Engaging with the Holy Spirit: Real Questions, Practical Answers, He Who Gives Life: The Doctrine of the Holy Spirit, e God the Peacemaker: How Atonement Brings Shalom.
Douglas A. Sweeney ha una cattedra nel dipartimento di storia della chiesa e storia del pensiero cristiano ed è il direttore del Jonathan Edwards Center al Trinity Evangelical Divinity School. Recentemente ha scritto Edwards the Exegete.
Harold A. Netland (PhD, Claremont Graduate University) è professore di filosofia della religione e di studi interculturali alla Trinity Evangelical Divinity School di Deerfield, Illinois. Ha scritto diversi libri ed è il coautore di Globalizing Theology e Handbook of Religion.
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