Essere un’autorità, non autoritario
Diversi anni fa, una donna sedeva a un incontro con il suo pastore. Aggrappandosi alla sua sedia e guardando in basso, fece un respiro profondo e pronunciò lentamente la frase per la quale aveva pregato da settimane: “Credo che forse sei stato duro con me”.
Dopo diversi incontri con il suo pastore, si trovava in difficoltà per via del difficile rapporte che era iniziato quando cercò per la prima volta il suo consiglio. Si sentiva intrappolata in ripetute discussioni accusatorie e aveva chiesto consiglio su cosa fare. Il suo mentore le suggerì di parlarne umilmente con lui. Ma la risposta del pastore non fu quella che lei sperava. “Quale donna mai dice questo al suo pastore?” egli chiese. Proseguì rimproverandola per il suo orgoglio e andò avanti nel suo discorso.
CRISTIANI E L’AUTORITÀ?
Quando parliamo di autorità nella chiesa, i cristiani dovrebbero gioiosamente affermare il posto che essa occupa. Crediamo che l’autorità sia una buona cosa data da Dio. Allo stesso tempo, dobbiamo affermare che non utilizziamo il termine allo stesso modo del mondo. Nell’odierna cultura secolare, autorità è spesso un sinonimo di controllo, predominio, o di un privilegio che appartiene solo ai potenti. L’autorità cristiana non significa nessuna di queste cose.
Eppure, anche i cristiani sono peccatori. Possiamo usare l’autorità per auto-governarci e per il prestigio personale. Possiamo usare l’autorità come quelli che non conoscono Gesù Cristo. L’esempio umile di Cristo svanisce fino al punto che il desiderio di potere o di efficienza occupa il centro della scena. Queste tentazioni sono vere per chiunque abbia autorità e influenza sugli altri. Nella mia stessa vita ne ho avvertita l’attrazione concupiscente.
Quando Pietro nella sua prima lettera si rivolge agli anziani, parla della tentazione di abusare dell’autorità. Egli chiama questi uomini che hanno un’autorità speciale nella chiesa a pascere “il gregge di Dio che è tra di voi, sorvegliandolo, non per obbligo, ma volenterosamente secondo Dio; non per vile guadagno, ma di buon animo; non come dominatori di quelli che vi sono affidati, ma come esempi del gregge” (1 Pietro 5:2–3).
Ho ascoltato spesso insegnamenti che tralasciano l’ultimo avvertimento: “Non come dominatori di quelli che vi sono affidati”. Diverse testimonianze di pastori di alto profilo che hanno abusato dell’autorità ci consigliano però a prenderlo in considerazione.
CHE COSA SIGNIFICA “DOMINATORI”?
La parola “dominatori” porta alla mente certe immagini di ostilità che ci fanno presumere che chiunque agisca in modo civile sia al riparo da questa trasgressione. In realtà, è un pericolo per chiunque abbia una posizione di autorità.
Il dominio avviene quando la persona in autorità avverte il bisogno (anche per scopi buoni) di dominare, sottomettere, o signoreggiare le persone sottoposte alla sua autorità anziché guidarle, curarle e servirle. Forse Pietro ricordava l’episodio in cui Gesù utilizzò la stessa parola per descrivere il modo in cui governano i Gentili. Essi signoreggiano sugli altri, disse (Matteo 20:25, Marco 10:42). Ottengono il dominio mediante la manipolazione. E’ il modo in cui i peccatori hanno esercitato l’autorità fin dalla Caduta, perciò è comprensibile che Gesù lo denunci.
“Ma non è così tra di voi”, afferma Gesù. Egli vuole portare i suoi discepoli a un paradigma opposto di guida, uno governato dal servizio e dall’umiltà. Egli stesso, in seguito, offrirà il più grande esempio di tale guida andando sulla croce (Marco 10:45). Non sorprende, dunque, che i suoi seguaci devono seguire le sue orme. Non dovrebbero aggrapparsi alla superiorità e al potere per il loro utile, ma piuttosto devono guidare come pastori che servono, secondo la descrizione di Pietro.
Questo è vero nello specifico per gli anziani delle chiese locali, ma i princìpi di Pietro si applicano a tutti gli aspetti delle nostre vite. Tutti i cristiani dovrebbero esercitare la loro autorità (in casa, sul posto di lavoro, o nella vita pubblica) come Gesù. Io non ho usato la mia autorità in questo modo, e sebbene non sia un anziano di chiesa, la mia tendenza a voler dominare ha ancora conseguenze devastanti.
4 MODI PER DIAGNOSTICARE IL DOMINIO
Nella chiesa, gli anziani sono chiamati a guidare, insegnare, annunciare la verità, ed esercitare la disciplina per il bene del corpo. Nel fare questo, danno un esempio di come va usata l’autorità. Come donna profondamente grata per la chiamata degli anziani e la loro cura, vorrei proporre quattro domande che possono aiutarti a capire se hai una tendenza a voler dominare.
1. Stai sconfinando nella durezza?
Quando qualcuno non capisce (o non è d’accordo) con quello che dici, lo ripeti a voce più alta e con meno gentilezza? Quando una conversazione prende una direzione che ti infastidisce, “ci vai giù pesante”?
E’ importante come le cose vengono dette, specialmente per uno che ha autorità. Le guide della chiesa devono dichiarare la verità per il bene del gregge. Ma devono farlo con benevolenza, mansuetudine e autocontrollo (Gal. 5:22–23). Quando abbiamo una visione autoritaria, di autorità, è facile intendere la benevolenza come un requisito per gli altri, non come qualcosa che è richiesta da parte tua se il tuo scopo è quello di “ottenere risultati”.
Ma questo non è giusto. So dell’esistenza di tecniche per pastori per “rendere qualcuno sottomesso”. Ma i pastori non dovrebbero mai forzare la sottomissione. Il compito di un pastore è di lavorare in vista del frutto dello Spirito, non per raccogliere un “frutto” forzato (che non è per niente un frutto).
In modo ancora più sottile, un pastore può reagire alla confessione di qualcuno con un rimprovero o un’ulteriore accusa anziché con grazia. E’ come se il pastore volesse ulteriore certezza che la persona che ha confessato avverta finalmente il peso del suo peccato. Ma nel fare questo il pastore nega la speranza del perdono. Anche questa è durezza.
Un atteggiamento duro può favorire un’ubbidienza esteriore, ma non mostra il carattere del nostro Buon Pastore (Giov. 10:11). Né ha come risultato la trasformazione delle pecore. Quando gli anziani guidano con benevolenza, insegnano la misericordia del nostro Dio. Quando non lo fanno, tentano le pecore ad adottare gli atti esteriori di un’ubbidienza che non viene dal cuore.
2. Presumi di conoscere le intenzioni del cuore?
Sei mai stato da un medico che a malapena ti fa qualche domanda prima di darti la diagnosi? E’ frustrante, vero? Ma sai bene come un medico può arrivare a comportarsi così: quando hai visto un comportamento ricorrente molte volte, inizi a vederlo dappertutto.
Gli anziani, comprensibilmente, ma ingiustamente, possono fare la stessa cosa con le intenzioni dei cuori delle persone: “Se sono come me, allora stanno pensando questo …” “Quando hanno detto quella cosa, è perché hanno peccato nel loro cuore…” “Devono essere stati motivati dal peccato quando…” Iniziano le supposizioni. Non si fanno domande. La testimonianza degli altri è presa come oro colato. E “guidare” si trasforma presto in signoreggiare.
Si è tentati di prendere il posto di Dio e a dire alle persone perché hanno fatto quella cosa. Ma quando giudichi le motivazioni del cuore di una persona e poi le accusi, la destabilizzi. E’ un gioco di potere. L’individuo all’improvviso si chiede perfino se conosca se stesso. Insistere con una persona dicendo che è stata orgogliosa, ribelle, compiacente, o codarda, anche quando questa persona non ravvisa queste cose in se stessa, nel migliore dei casi la confonde e nel peggiore la atterrisce. Sottomette anziché servire.
Sono felice che i pastori affrontano il peccato delle pecore. I pastori devono fare domande difficili, anche quelle che aiutano una persona a capire le sue motivazioni: “Per quale motivo pensi di avere fatto quella cosa?” Ma poi i pastori dovrebbero essere pronti a credere che la persona stia dicendo la verità sul suo cuore, o, se lo dubitano, almeno a confidare che il Signore metta in luce ciò che è nascosto. I pastori devono camminare a fianco della pecora cercando la guida del Signore, e confidando nello Spirito Santo che parla e conosce appieno ogni cuore.
Questo approccio lascia il nostro Dio trino come Signore, anziché una persona qualunque. Un pastore non può conoscere tutto, e dovrebbe ravvedersi laddove cerca di farlo, come scrive Zach Eswine nel suo libro The Imperfect Pastor. Quando gli anziani guidano bene, ai membri come me viene ricordato di non giocare più a fare dio e a confidare nell’opera dello Spirito.
3. Sei preoccupato del controllo?
Pensi di saperne più di tutti e di non avere bisogno dei suggerimenti degli altri, specialmente di quelli che non sono anziani? Ti preoccupa che le loro idee potrebbero essere opposte alle tue? Dissuadi il tuo gregge dall’ascoltare altri insegnanti della Bibbia? Ti preoccupa quello che altre persone nella tua congregazione possono pensare o decidere? Avverti il disaccordo come una minaccia? Si deve fare tutto a modo tuo? Le tue abitudini spirituali preferite sono sempre le migliori? Pensi di aver la miglior tabella di marcia nel digiuno, o il tuo schema di preghiera è superiore?
Quando, anche in modo sottile, le opinioni e le preferenze di qualcuno diventano degli imperativi santi, le guide spirituali iniziano a sembrare più padroni che pastori.
Ho visto anziani dare istruzioni su progetti familiari, scelte di lavoro, studio, figli e case. E’ molto facile che queste istruzioni pastorali vadano oltre le direttive bibliche, e che la loro autorità oltrepassi quella della saggezza biblica. Le opinioni diventano insegnamenti, che diventano regole. E le persone soffrono.
Jack Miller ha ragione quando scrive: “L’ironia di tutto questo è che più cerchiamo di avere il controllo sull’opera nel nostro nome, più l’opera e i suoi problemi ci controllano. Iniziamo cercando di impadronirci dell’opera di Dio, e alla fine è il ministero che ci possiede”.
Come anziani, la vostra decisione di non signoreggiare mi insegna a fare altrettanto. La vostra guida coraggiosa che confida nel Signore Gesù affinché sia Lui ad agire e a guidare rafforza la mia fede, così che anch’io non usi la mia autorità per signoreggiare quelli sotto la mia sfera d’influenza. Sono incoraggiata a vivere in umiltà davanti a Dio, a voi, e agli altri, sentendomi al sicuro nella vostra cura (1 Pietro 5:5).
4. Eviti di ammettere il tuo peccato?
Ti è difficile ammettere che sei tentato dal peccato, spesso dalla stessa tentazione che affligge i membri della tua chiesa? Sei in grado di ravvederti insieme alle persone che servi?
A volte le chiese lasciano intendere che gli anziani siano su un livello superiore. Sono oltre il livello della congregazione, specialmente delle “normali pecore da panca”.
A differenza di casi del genere, ho invece conosciuto anziani che confessano sia pubblicamente e sia privatamente il loro bisogno di ravvedersi dall’orgoglio e che seguono l’esempio di Paolo riconoscendo di essere i primi dei peccatori (1 Tim. 1:15). Parlano della loro tentazione di essere egoisti e del loro grande bisogno di grazia. Quando parlano di essere tentati dall’impurità, non lo fanno mai in un modo che disonora le donne o che le escluda da relazioni o conversazioni. Parlano del peccato sapendo che essi stessi possono essere tentati (vedi Gal. 6:1; Giuda 23). Discutono apertamente della loro scelta di ubbidienza e di ravvedimento senza dover per forza proteggere la loro reputazione di perfezione.
Quando non c’è nessuna confessione da parte di chi è in autorità, questo può lasciare intendere che le buone opere delle guide spirituali possono di fatto annullare il loro bisogno di confessione. Orrendamente, questo esempio può insegnare subdolamente un falso vangelo secondo il quale i risultati ottenuti e il potere coprono il peccato.
“Ma come esempi del gregge”, dice Pietro nella stessa frase in cui ordina di non fare da dominatori (1 Pietro 5:3). L’alternativa a signoreggiare sulle persone è vivere la vita sincera e sicura di uno che si ravvede davanti a quelli sotto la sua cura, sia uomini sia donne. Quando gli anziani reagiscono alle critiche chiedendo di essere aiutati a vedere il loro peccato e i loro punti ciechi, la teologia che essi insegnano prende vita davanti ai nostri occhi.
Quando è evidente che la grazia è anche per te, questo aiuta noi membri a ravvederci dal peccato con gioia. Quando le guide spirituali manifestano il loro bisogno dell’opera di Cristo, ciò rivela anche il nostro grande bisogno (Rom. 7:24–25). La croce ha veramente salvato te e me, e come membro sono benedetta dal vedere questa realtà nella tua vita.
LA GRAZIA PER L'AUTORITÀ
Fratelli pastori, sono immensamente grata per la vostra guida nella chiesa. Voi ci pascete e ci guidate, mostrandoci la gloriosa grazia di Gesù Cristo. Proclamate la verità che abbiamo bisogno di ascoltare. Dio vi ha dato autorità, e questa è una cosa buona. Nella vostra posizione di autorità, dovete però scegliere in che modo esercitare il vostro potere.
Per la grazia di Dio, non dovete essere duri, ben informati di tutto, in controllo, o perfetti. Sono i potenti del mondo che sentono il bisogno di aggrapparsi al loro potere in questo modo. Ma non dovete sentirvi come loro. Il Sommo Pastore ha dato invece alla sua chiesa dei sotto-pastori che sono liberi da quei metodi. In che modo questo accade? Per mezzo della potenza del vangelo. Questi pastori attendono perciò fedelmente la loro corona di gloria dopo aver servito molti con umiltà (1 Pietro 5:4). Questa è la visione dell’autorità cristiana, ed è meravigliosa.
Taylor Turkington vive nella zona di Portland, dove negli ultimi sei anni ha lavorato per una chiesa nel campo dell’insegnamento, del discepolato e della formazione. In precedenza, è stata missionaria nell’Europa dell’est. Attualmente Taylor studia al Western Seminary. E’ anche co-fondatrice e co-direttrice di Verity Fellowship.
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