Come reagire quando l’ingiustizia sembra prevalere
Quando predico, solitamente inizio con alcune illustrazioni per rompere il ghiaccio. Per questo articolo non ho un modo per rompere il ghiaccio, ma ho un iceberg. Questo iceberg è un’immagine che spero possa ispirare il modo in cui preghi, ami gli altri membri della chiesa e cerchi di promuovere la misericordia e la giustizia nella nostra società. La punta dell’iceberg è l’uccisione di George Floyd. La parte sommersa dell’iceberg sono 400 anni di varie forme di ingiustizia razziale nella nostra nazione.
Riesci a inquadrare l’uccisione di George Floyd in un’ottica più ampia? Se non ci riesci, uno dei possibili motivi è che semplicemente non hai un punto di osservazione come quello che altre persone hanno. Prendi in considerazione la possibilità dell’esistenza oggettiva di un modello, che però non sei stato ancora in grado di individuare.
Quelli che notano un modello ricorrente spesso mettono in evidenza la loro esperienza di vita, o quella dei loro genitori e dei loro nonni, o quella dei loro figli e nipoti. A voi, fratelli e sorelle, dico semplicemente che soffro con voi.
Scrivendo sulla pandemia di COVID-19, la giornalista Elaina Plott ha osservato: “Le crisi sono politiche fintanto che non diventano personali”. Naturalmente, questa non è tutta la storia, anzi. Ritengo comunque che questo sia valido sia per la pandemia degli ultimi mesi sia per le proteste della scorsa settimana.
Che cosa pensano di questi eventi coloro che sono stati più personalmente colpiti da essi? Quale ruolo dovrebbe avere il loro pensiero nel modo in cui valutiamo quello che sta succedendo? Considera quello che un professore di legge della New York University Bryan Stevenson ha dichiarato a un reporter questa settimana sul perché le persone di colore in particolare stanno protestando:
Non è rabbia soltanto per quello che è successo a George Floyd o Breonna Taylor o Ahmaud Arbery. È la rabbia per dover continuare a vivere in un mondo in cui c’è una presunzione di pericolosità e colpevolezza ovunque tu vada. Ho 60 anni e faccio l’avvocato da 35 anni. Ho molte lauree honoris causa e ho frequentato Harvard, e mi capita tuttora di andare in posti in cui si presume che io sia pericoloso. Mi è stato chiesto più volte di lasciare l’aula del tribunale perché la presunzione era che io fossi l’imputato e non l’avvocato. Sono stato tirato fuori dalla mia auto dalla polizia che mi ha puntato una pistola contro. Posso soltanto dire che quando hai a che fare con questa presunzione di colpevolezza giorno dopo giorno e quando il peso di far capire alle persone che ti circondano che sei una persona uguale a loro ricade completamente sulle tue spalle, alla fine ti stanchi.
Costretti a fare i conti
La domanda a cui cercherò di rispondere in questo articolo, facendo una breve esposizione del Salmo 94, è questa: “Che cosa dovresti fare quando l’ingiustizia sembra prevalere?”
Questo mondo è pieno di ingiustizia. Gira il mappamondo, poi metti giù il tuo dito. Se capiti sull’acqua, pensa a cosa trasportavano le navi mercantili che hanno attraversato quei mari per secoli. Se il tuo dito tocca terra, con ogni probabilità avrai toccato qualche forma di ingiustizia grave, dirompente e di lunga data. Il Salmo 94 è applicabile a ognuna di esse, e potrebbe essere utile applicare questo Salmo a molte altre ingiustizie che accadono intorno a noi, come il saccheggio di negozi e aziende. Ma la mia applicazione si concentrerà principalmente sulle ingiustizie razziali a cui queste altre ingiustizie ruotano intorno. L’uccisione di George Floyd ci sta costringendo a fare i conti con il retaggio del razzismo, a livello individuale e istituzionale, nel passato e nel presente della nostra nazione. Intendo fare i conti con quel retaggio, almeno in piccola misura, sotto il primato della Scrittura.
Quando l’ingiustizia sembra prevalere, queste sono cinque cose che dovremmo fare.
1. Lamentare l'ingiustizia.
Vediamo questo nei versetti 1-7. Guardiamo al versetto 1: “Dio delle vendette, o SIGNORE, Dio delle vendette, mostrati nel tuo fulgore!”. In questo caso, ciò che è sbagliato per gli esseri umani è giusto per Dio. Egli è il Creatore; noi siamo semplici creature. Come individui e come privati cittadini, è sbagliato vendicarci. Ma Dio è il Signore sovrano e il giudice di tutti. È suo diritto dare completa retribuzione al peccato.
La prerogativa divina di vendicare il peccato è una conseguenza della sua santità, un aspetto della sua gloria, un motivo di lode e un giusto oggetto della nostra petizione. Quando sei trattato in modo ingiusto, è giusto chiedere a Dio di vendicare l’ingiustizia subita. Vedi il versetto 2: “Ergiti, giudice della terra, rendi ai superbi quello che si meritano!”. Questa preghiera è dettata dal prevalere dell’ingiustizia. La malvagità sta trionfando. Il salmista sta chiedendo a Dio di regolare i conti. Leggiamo il versetto 3: “Fino a quando gli empi, o SIGNORE, fino a quando gli empi trionferanno?”. Questo grido—O SIGNORE, fino a quando?—è l’essenza del lamento. Charles Spurgeon osservò su questo grido di angoscia: “Molto spesso questo lamento amaro è stato udito nelle segrete dell’Inquisizione, ai pali della fustigazione degli schiavi e nelle prigioni in cui erano rinchiusi gli oppressi. A tempo debito Dio renderà pubblica la sua risposta, ma la sentenza finale non è ancora arrivata”.
Che cos’è il lamento? Mark Vroegop spiega:
Il lamento è una preghiera fatta nel dolore che porta alla fiducia. Non è soltanto il modo in cui i cristiani soffrono; è il modo in cui i cristiani lodano Dio nella loro afflizione. Il lamento è il sentiero che conduce alla lode quando la vita si fa difficile. Nei lamenti si prova un sincero dolore che rafforza la nostra fiducia nella grazia di Dio. Gli elementi del lamento sono (1) rivolgersi a Dio in preghiera, (2) portare a lui le nostre lamentele, (3) chiedere audacemente, e (4) scegliere di confidare (o lodare).
A proposito, il prossimo libro di Vroegop, Weep With Me: How Lament Opens a Door for Racial Reconciliation (Crossway, 2020), è dedicato al tema del lamento razziale.
Torneremo agli scherni dei versetti 4 e 7 tra poco. Per ora, guardiamo di nuovo ai versetti 5 e 6:
Schiacciano il tuo popolo, o SIGNORE,
e opprimono la tua eredità.
Uccidono la vedova e lo straniero,
ammazzano gli orfani.
La nostra situazione è naturalmente diversa da quella dell’antico Israele, in quanto Dio non ha fatto nessun patto speciale con gli Stati Uniti. Inoltre, ci stiamo concentrando sulle sofferenze delle persone in quanto portatrici dell’immagine di Dio, non sulla più specifica sottocategoria di quello che il popolo di Dio soffre per il fatto di essere il popolo di Dio. Tuttavia, ci sono lo stesso alcuni paralleli sorprendenti. La vedova, lo straniero e l’orfano erano i membri più vulnerabili della società dell’antico Medio Oriente. Essere neri in America oggi significa essere vulnerabili. I neri americani rimangono esposti a una serie di pericoli, imposizioni e svantaggi che non sono paragonabili a quelli dei bianchi americani.
Il lamento consiste in una lamentazione santa e fiduciosa. Non è un lamentarsi con gli altri su Dio, ma un lamentarsi della sofferenza e dell’ingiustizia con Dio. Nel corso del suo lamento, nei versetti 5 e 6, il salmista chiama con il loro nome e condanna ingiustizie specifiche, e così dovremmo fare anche noi.
Non è giusto che un uomo ammanettato e disarmato venga asfissiato dal ginocchio di un poliziotto premuto contro la sua gola.
Non è giusto che un uomo disarmato venga inseguito e colpito a morte da privati cittadini.
Non è giusto che persone fatte all’immagine di Dio vengano considerate inferiori, o non gradite, o una minaccia, a causa del colore della loro pelle.
Non è giusto che le forze di polizia facciano un uso eccessivo di forza contro chi sta protestando pacificamente.
Ed esistono molte altre ingiustizie che ognuno di noi potrebbe citare in preghiera.
Nei versetti 4 e 7, quelli che calpestano l’indifeso aggiungono al danno la beffa. Versetto 4: “Fanno discorsi arroganti, tutti i malfattori si vantano”. Versetto 7: “Dicono: «Il SIGNORE non vede, il Dio di Giacobbe non se ne preoccupa»7”. Stanno insultando non solo l’uomo, ma Dio. Come dovremmo reagire a tale disprezzo e a tale incredulità?
2. Combatti le bugie.
Questo è quello che i versetti 8-11 ci dicono di fare:
Cercate di capire, uomini stolti!
E voi, sciocchi, quando sarete saggi?
Colui che ha fatto l'orecchio forse non ode?
Colui che ha formato l'occhio forse non vede?
Colui che ammonisce le nazioni non saprà pure castigarle,
lui che impartisce all'uomo la conoscenza?
Il SIGNORE conosce i pensieri dell'uomo,
sa che sono vani.
Ogni peccato è una bugia. La bugia fondamentale che il peccato dice, per giustificare e difendere se stesso, è che non sarà ripagato. Questo è lo scherno che abbiamo visto nel versetto 7, e queste sono le risposte.
Pensi che Dio non senta quello che dici su di lui? Chi ti ha dato le tue orecchie?
Pensi che Dio non veda tutto quello che fai? Chi ti ha dato i tuoi occhi?
Pensi che la farai franca con il tuo peccato? Come puoi essere così sicuro di scampare al giudizio del Dio che regna su tutte le nazioni?
Quando l’ingiustizia sembra prevalere, possiamo iniziare a dubitare che Dio giudicherà, o che egli giudicherà secondo giustizia. Ecclesiaste 8:11 dice: “Siccome la sentenza contro un'azione cattiva non si esegue prontamente, il cuore dei figli degli uomini è pieno della voglia di fare il male”. Ogni ingiustizia si regge su una bugia: “Questa persona non è fatta a immagine di Dio”, o “Questa persona non merita di avere i miei stessi diritti”. E ogni ingiustizia diffonde una bugia: “Dio non mi giudicherà per questo”. Fratelli e sorelle, combattiamo tutte queste bugie. Non lasciamo che nessuna di esse metta piene nei nostri cuori. E, con mansuetudine e pazienza, con un parlare condito con il sale della grazia, combattiamo queste bugie nelle conversazioni con gli altri.
3. Riposa nelle promesse di Dio.
Riposa nelle promesse di Dio. Questo è ciò che fa il salmista, e ciò che ci raccomanda di fare, nei versetti 12-15:
Beato l'uomo che tu correggi, o SIGNORE,
e istruisci con la tua legge
per dargli sollievo nei giorni dell'avversità,
finché la fossa sia scavata per l'empio.
Poiché il SIGNORE non ripudierà il suo popolo
e non abbandonerà la sua eredità.
Il giudizio sarà di nuovo conforme a giustizia
e tutti i retti di cuore lo seguiranno.
Nota la differenza tra come Dio si rapporta con il giusto e con l’empio in tempo di difficoltà. Vediamo qui che il giusto si rivolge a Dio, studia la sua Parola e viene disciplinato da Dio nei giorni difficili. Questa disciplina porta a un riposo fruttuoso. La disciplina divina produce in noi riposo anche quando il mondo infuria intorno a noi.
Al contrario, l’empio scava la sua fossa. Come dice Paolo in Romani 2:5, egli “accumula un tesoro d’ira” per se stesso “per il giorno dell’ira e della rivelazione del giusto giudizio di Dio”. Dio promette di giudicare ogni ingiustizia pienamente e definitivamente. Benché non sia l’unica risposta, una risposta necessaria quando l’ingiustizia sembra prevalere è aspettare pazientemente che il Signore giudichi. Segui l’esempio del nostro Signore Gesù. Come ci dice 1 Pietro 2:23: “Oltraggiato, non rendeva gli oltraggi; soffrendo, non minacciava, ma si rimetteva a colui che giudica giustamente”.
I versetti 14 e 15 ci dicono che, quando il male sembra avere il sopravvento, possiamo avere la fiducia che un giorno Dio porrà rimedio a tutte le ingiustizie, e che un giorno vendicherà il suo popolo, perché egli l’ha promesso. Come dice il versetto 14: “Poiché il SIGNORE non ripudierà il suo popolo e non abbandonerà la sua eredità”. Esistono soltanto due motivi per cui una persona non mantiene una promessa: incapacità o infedeltà. Non c’è traccia di nessuna di queste cose in Dio. Riposa dunque nelle sue promesse.
4. Gioisci nel Dio che conforta.
Che cosa dovresti fare quando l’ingiustizia sembra prevalere? Gioisci nel Dio che conforta! I versetti 16-19 ci invitano a fare questo:
Chi sorgerà per me contro i malvagi?
Chi sarà al mio fianco contro i malfattori?
Se il SIGNORE non fosse stato il mio aiuto,
a quest'ora l'anima mia abiterebbe il luogo del silenzio.
Quand'ho detto: «Il mio piede vacilla»,
la tua bontà, o SIGNORE, m'ha sostenuto.
Quand'ero turbato da grandi preoccupazioni,
il tuo conforto ha alleviato l'anima mia.
Quando nessun altro è al tuo fianco, Dio lo è. Quando nessun’altro è in grado di aiutarti, Dio ti aiuterà. Quando non riesci a vedere dove poter appoggiare il tuo piede senza vacillare e cadere, Dio renderà stabili i tuoi passi e ti terrà in piedi.
Il versetto 19 è uno dei miei versetti biblici preferiti: “Quand’ero turbato da grandi preoccupazioni, il tuo conforto ha alleviato l’anima mia”. C’è realismo e speranza. Turbamento e conforto. Dolore e gioia. Dio non si limita a lenire il nostro dolore; trasforma il nostro cordoglio in gioia. Soltanto il Padre del nostro Signore Gesù Cristo può fare questo. Soltanto il Dio che ha vinto il peccato e la morte nella croce di Cristo può fare questo. Soltanto il Dio che ha sconfitto la morte risuscitando suo Figlio dai morti può prendere le nostre preoccupazioni e trasformarle in gioiosa consolazione e conforto.
Se questo ti sembra impossibile adesso, allora prega questo versetto a Dio finché non sperimenti la verità in esso contenuta nel tuo cuore.
5. Ricorda che l’oppressione avrà fine.
Ricorda che l’oppressione avrà fine. I versetti 20-23 ci mostrano questa fine:
Il trono dell'ingiustizia ti avrà forse come complice?
Esso, che trama oppressioni in nome della legge?
Si avventano insieme contro l'anima del giusto
e condannano il sangue innocente.
Ma il SIGNORE è il mio riparo,
e il mio Dio è la rocca in cui mi rifugio.
Egli farà ricadere su di essi la loro malvagità
e li distruggerà per la loro malizia;
il SIGNORE, il nostro Dio, li distruggerà.
Il versetto 23 annuncia la fine dell’oppressione—del genere di oppressione che vediamo nei versetti 20 e 21. E intendo fine in due sensi. Primo, l’oppressione ha una data di scadenza. Al giudizio finale, Dio metterà fine all’ingiustizia per sempre. Nessuna ingiustizia sopravviverà in quel giorno.
Secondo, il versetto 23 ci ricorda la conclusione finale dell’oppressione, il destino finale di quelli che opprimono gli altri. Dio farà ricadere il loro male sul loro capo. La promessa divina di punire eternamente i peccatori all’inferno fa riflettere e tremare, ma è anche un conforto per l’oppresso.
Il versetto 20 identifica il trono dell’ingiustizia in colui “che trama oppressioni in nome della legge”. Nella nostra nazione, le leggi ingiuste del passato, che si tratti della schiavitù o delle leggi di Jim Crow o della politica degli alloggi discriminatoria consentita dal governo, esse hanno lasciato in eredità una diffusa povertà generazionale. Alcuni di quelli che sono vissuti sotto le leggi di Jim Crow, e alcuni di quelli che le hanno fatte rispettare, sono tuttora in vita. Pensiamo soltanto a un esempio di politiche degli alloggi discriminatorie. Non più tardi degli anni 50, il governo federale rese edificabili alcune lottizzazioni alla condizione, imposta da un’agenzia governativa, che le case non potessero essere vendute agli afroamericani. Quale differenza farebbe nella tua vita, oggi, se i tuoi genitori o nonni fossero o non fossero stati legalmente in grado di acquistare una casa in un quartiere sicuro e stabile?
Dio mantiene sempre le sue promesse. L’America ha sempre mantenuto le sue?
Che cosa possono aspettarsi da Dio i troni dell’ingiustizia, quelli che tramano oppressioni in nome della legge? Non certo la lealtà di Dio, ma la sua implacabile opposizione. Ricorda la fine dell’oppressione.
Preservare l’unità nel mezzo della divisione
Sono perfettamente consapevole che alcuni lettori non saranno d’accordo con alcune delle premesse della mia analisi sull’ingiustizia razziale nella nostra nazione. Se non sei d’accordo con qualcosa di quello che ho scritto, permettimi di lanciarti un’altra sfida: Ti sei sforzato di comprendere le esperienze dei membri di chiesa di colore e di altri neri americani e di essere solidale con loro? Ti sei sforzato di capire la differenza tra il mondo in cui tu vivi e il mondo in cui loro vivono?
A prescindere dalle tue opinioni, convinzioni o analisi sugli eventi attuali e sulle loro cause, che cosa stai facendo per capire e unirti a chi ha esperienze e convinzioni diverse dalle tue? Ti sei sforzato di capire perché quelli che hanno convinzioni diverse dalle tue hanno quelle convinzioni? Per esempio, hai mai chiesto a una coppia sposata di razza mista nella tua chiesa se sono mai stati vittime di episodi razzismo? Se la risposta è no, perché? Possono esserci dei buoni motivi per non affrontare un soggetto come questo, ma l’indifferenza non è tra questi.
E fratelli e sorelle, che cosa state leggendo? Quale tipo di lavoro potete fare da soli in modo da non aver bisogno di chiedere a un vostro amico di colore di farlo per voi?
Ci sono fondamentalmente due modi per cercare di preservare l’unità davanti a questioni controverse. Possiamo dichiarare certe conversazioni off-limits o possiamo ridurre la posta in gioco. Per “ridurre la posta in gioco” intendo agire, parlare e ascoltare in un modo tale che è evidente alla persona con cui ti trovi che il tuo amore per lei è così forte da resistere al disaccordo. Come puoi ridurre la posta in gioco? Come dice Giacomo 1:19, devi essere pronto ad ascoltare, lento a parlare e lento all’ira. Qualunque sia stata la tua esperienza in fatto di ingiustizia razziale, qualunque sia la tua spiegazione per essa, che cosa puoi fare per ridurre la posta in gioco nel discuterne, in modo che un numero sempre maggiore di noi possa portare sempre di più i pesi gli uni degli altri?
Glenna Marshall è la moglie di un pastore e la madre di due figli vivaci. È l’autrice di The Promise Is His Presence ed Everyday Faithfulness, e scrive regolarmente sul suo sito internet sui temi della cultura biblica, della sofferenza e della fedeltà di Dio. E’ un membro della chiesa Grace Bible Fellowship di Sikeston, Missouri.
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