Cinque miti sull’ateismo

Mito n°1: Non ci sono argomentazioni valide a favore dell’ateismo.

Dobbiamo cominciare ammettendo che ci sono alcuni buoni motivi che una persona può avere per essere atea, e dobbiamo fare attenzione a non ignorarli. A dire il vero, non ogni ateo conosce quali sono questi motivi, tuttavia essi esistono e vanno presi sul serio. Anzi, non prenderli sul serio può fare molti danni. Naturalmente, è un problema anche prenderli troppo sul serio.

Si tenga anche conto che ci possono essere argomentazioni valide per conclusioni false. Quando si prendono in considerazione i motivi per qualsiasi posizione, pensiamo alla situazione in termini di una vecchia bilancia a due bracci. Ogni lato della bilancia rappresenta un lato dell’argomentazione, e i pesi nei piatti sono le motivazioni a sostegno dell’argomentazione dei rispettivi piatti. Entrambi i lati possono reggere pesi relativamente grandi, che rappresentano le argomentazioni più valide di quel lato. Ma anche così, alla fine un lato può pesare più dell’altro. In altre parole, un buon motivo per credere in una cosa non è un motivo decisivo per credere in essa.

Mito n°2: L’ateismo si basa soltanto sulla ragione.

Detto ciò, credo che la bilancia pende nettamente a favore del teismo per quanto riguarda le argomentazioni razionali. Come mai allora ci sono atei brillanti ed eruditi? Beh, le argomentazioni non sono le uniche cose che contano nel valutare l’ateismo. Altre considerazioni entrano sempre in gioco. Nessuno è neutrale. La nostra esperienza, l’insieme delle cose in cui crediamo, la nostra formazione, la nostra personalità, i nostri valori e i nostri desideri fanno una grande differenza nel modo in cui valutiamo potenziali credenze. Tutti questi fattori influenzano pertanto la plausibilità delle argomentazioni a favore dell’ateismo (e del teismo). Thomas Nagel—uno dei miei filosofi preferiti, nonché ateo—ammette apertamente che semplicemente non vuole che il teismo sia vero. Naturalmente, questo non è l’unico motivo che adduce per essere un ateo, ma la sua preferenza senza dubbio influenzerà il suo modo di valutare le argomentazioni pro e contro Dio. Qualcosa di simile si può dire del mio desiderio che il cristianesimo sia vero.

Mito n°3: Una “terra vecchia” implica l’ateismo.

Parlando di argomentazioni a favore dell’ateismo, credenti e non credenti spesso suppongono che un universo di 13,8 miliardi di anni, o una terra di 4,5 miliardi di anni (secondo le stime attuali) costituirebbe una buona prova contro l’esistenza di Dio. Tuttavia, l’età dell’universo (per fare un esempio) sicuramente non esclude l’esistenza di Dio. E’ abbastanza plausibile che Dio potesse creare un universo vecchio e una terra vecchia come voleva.

Naturalmente, se il nostro motivo principale (o unico) per credere in Dio è che l’universo non ha 13,8 miliardi di anni, allora avremmo un serio problema se si scoprisse che l’universo è così vecchio. Ma è qui che la distinzione tra teismo e cristianesimo è importante, distinzione che ho fatto solo implicitamente. Un universo di 13,8 miliardi di anni è in contrasto con certe interpretazioni plausibili della Scrittura—e questo è qualcosa che i cristiani devono affrontare. Ma una “terra vecchia” (termine generalmente usato per riferirsi sia ad un universo vecchio sia ad una terra vecchia) non implica che non ci sia nessun Dio. Questa distinzione può essere importante soprattutto se sei alle prese con dei dubbi su altri aspetti della tua fede. Ricordare che ci sono valide argomentazioni per il teismo in generale (e che le argomentazioni a favore dell’ateismo potrebbero venire meno) può essere utile nei momenti di dubbio sul cristianesimo.

Mito n°4: L’evoluzione implica l’ateismo.

Questo mito potrebbe essere confuso con il precedente, ma la differenza tra i due è notevole. L’evidenza concreta per un universo di 13,8 miliardi di anni o per una terra di 4,5 miliardi di anni spesso è molto diversa dall’evidenza per l’evoluzione degli organismi, pertanto essa deve essere opportunamente valutata. Per dirla diversamente, la teoria della “terra vecchia” non implica che l’evoluzione sia vera.

Per quanto ci riguarda, supponiamo però che l’evoluzione sia vera, nel senso che la vita si sia originata dalla materia inanimata e che poi si sia evoluta in forme più complesse unicamente secondo le leggi della natura. Ciò significherebbe che non c’è nessun Dio? Ovviamente no. Dopotutto, potremmo subito dopo farci delle domande sulle leggi stesse—e del perché di queste leggi (eco-compatibili)? Se la risposta è “a causa del multiverso”—che sta diventando estremamente popolare oggigiorno—allora potremmo chiedere quali sono le meta-leggi più generali che governano il multiverso, e anche come mai ci sia proprio un multiverso e non il nulla. Queste se non altro sono delle domande che vanno rivolte prima di poter suggerire che un’evoluzione cieca e non guidata implichi che l’ateismo sia vero. 

Ancora una volta, come nel caso della “terra vecchia”, alcune forme di evoluzione possono essere in contrasto con interpretazioni specifiche (e plausibili) della Scrittura, e i cristiani dovranno fare i conti anche con questo. Ma l’evoluzione non suggerisce—e ancor meno implica—che “quasi certamente Dio non esiste”, per usare le parole di Dawkins.

Mito n°5: L’ateismo implica l’immoralità.

Molti cristiani sostengono che l’esistenza di Dio è necessaria per assicurare uno standard morale oggettivo, e che una legge morale assoluta richiede un legislatore divino. Questo è quello che va sotto il nome di “argomento morale” per l’esistenza di Dio. Supponiamo che ciò sia vero (come credo). Se lo è, e se l’ateismo è vero, allora atti come mentire, imbrogliare e rubare non sono oggettivamente sbagliati.

Tuttavia, molti cristiani si sono spinti a dire che gli atei razionalmente coerenti dovrebbero andare avanti fino in fondo e mentire, imbrogliare e rubare. Ossia, questo è il ragionamento, pensare solo ai propri interessi presenta evidenti vantaggi—inclusi vantaggi in termini di sopravvivenza—e se niente è davvero sbagliato, allora è ragionevole approfittarne, se uno può farla franca.

Ma nell’ateismo —o nell’argomento morale— non c’è nulla che implichi che gli atei debbano comportarsi in modo immorale. Naturalmente, ciò non significa neppure che gli atei dovrebbero comportarsi in modo morale. Questo perché l’ateismo non implica nessun “dovere”. In altre parole, se l’ateismo è vero, non ci sono valori oggettivi di sorta, niente di giusto o di sbagliato al di sopra dei nostri valori personali. Gli atei non sono quindi necessariamente incoerenti quando si comportano bene. D’altra parte, non possono coerentemente dire che il comportamento di altre persone è oggettivamente sbagliato (o oggettivamente giusto). Se l’ateismo è vero, non c’è un comportamento giusto o sbagliato.


Mitch Stokes (PhD, Notre Dame) è professore associato di filosofia al New St. Andrews College di Moscow, Idaho. Ha una laurea in filosofia, una laurea magistrale in religione, e una laurea specialistica in ingegneria meccanica. In precedenza ha lavorato per un’azienda internazionale nel settore dell’ingegneristica, per la quale ha conseguito cinque brevetti per turbine a gas aeroderivate. 

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