Cinque miti sul ministero pastorale

Mito n°1: Il compito principale del pastore è preparare sermoni.

La predicazione è fondamentale nel ministero pastorale. È uno dei principali mezzi di grazia per il popolo di Dio. Il problema è che, nonostante le migliaia di sermoni predicati ogni settimana dai pulpiti delle nostre chiese, appartenenza alla chiesa, acume teologico e pietà evangelica sono in declino. Come possiamo spiegare questa apparente contraddizione? Una risposta è che i pastori hanno confuso il mezzo per il fine.

La chiamata principale del pastore non è predicare, ma pascere. Gesù affidò a Pietro l’incarico pastorale dicendogli: “pasci le mie pecore” e “pastura le mie pecore” (Giovanni 21:15). Il compito del pastore è “pascere la chiesa di Dio” (Atti 20:28). La predicazione è un mezzo primario per raggiungere un fine superiore, ossia quello di pascere.

Questo pone un obbligo sia sul sermone sia sul predicatore: il sermone deve nutrire realmente le pecore e il predicatore deve pascere veramente le pecore.

In primo luogo, se la predicazione ha come fine il pascere, allora un sermone “fedele” non è quello che si limita ad esporre un testo (seppur in modo accurato); piuttosto è quello che, nel farlo, nutre realmente le pecore. È perfettamente possibile che un sermone sia di fatto biblico ma trascuri la sua funzione. La verità è stata espressa, ma le pecore di Dio non sono state adeguatamente nutrite. L’esposizione non è mai penetrata nel cuore di chi ascolta. L’intento applicativo intrinseco della Scrittura (2 Tim. 3:16) è stato ridotto, o da una ripetizione noiosa di fatti biblici o dalla semplice incapacità di capire e applicare lo scopo del testo. Le ricche verità del Vangelo non sono state impresse nei cuori degli ascoltatori con sapienza e con un senso di urgenza. La predicazione fedele è quella che fornisce nutrimento spirituale al corpo di Cristo.

In secondo luogo, un pastore orientato biblicamente non si accontenterà di predicare semplicemente dei sermoni. È una cosa che si è molto tentati a fare; predicare è molto più facile che pascere. Scrivere un buon sermone richiede un duro lavoro, ma non tanto quanto sopportare un fratello che ti offende o andare a cercare la pecora arrabbiata o intervenire per recuperare un matrimonio in crisi. Il vero pascere richiede un certo livello di sacrificio, di pazienza e di amore ben aldilà delle capacità naturali. Ma la chiamata del pastore è questa.

Caro pastore, non accontentarti di predicare sermoni. Pastura le pecore.

Mito n°2: Se fai bene il tuo ministero, il successo sarà evidente.

Molti pastori entrano nel ministero con il presupposto che se lo svolgono bene otterranno un successo rapido ed evidente. Una chiesa piccola o in fase di stallo prenderà vita e crescerà. Sperano di essere invitati a predicare a conferenze o almeno di mantenere una vivace presenza online con lettori ammirati. Quindici anni dopo, si ritrovano profondamente scoraggiati. La chiesa non cresce, nessuno li invita a parlare alle conferenze, e la loro “presenza” online consiste nell’osservare altri pastori vivere la vita che un tempo essi sognavano di vivere.

Cosa è andato storto? Niente, necessariamente. Questo è il ministero per gran parte di noi. Secondo uno studio condotto nel 2012, la congregazione media aveva soltanto settanta presenze regolari, contando adulti e bambini, e un budget annuale di 85.000 dollari.1 In altre parole, la maggior parte di noi lavorerà in piccole chiese in relativo anonimato. Questo è il ministero pastorale normale. Quello che è andato storto è la nostra supposizione iniziale.

Per prima cosa, abbiamo frainteso la natura del “successo” pastorale. Pensavamo che riguardasse cose come l’affermazione personale e la crescita numerica. Se questo fosse vero, allora il nostro Signore avrebbe fallito miseramente. I suoi seguaci erano pochi e il suo nome fu oltraggiato.

Un errore più sottile consiste nel pensare che il successo pastorale dipenda da noi. I pastori tendono ad essere uomini coscienziosi. Essi amano Gesù e desiderano ardentemente vedere il suo regno crescere. Il problema nasce quando partiamo dal presupposto che Dio ci abbia chiamato a produrre questa crescita. Ma le cose non stanno così. Dio ci ha chiamato a lavorare, ma soltanto lui è l’autore della crescita (1 Cor. 3:6), sia essa spirituale o numerica.

Dovremmo lavorare e pregare per la crescita spirituale e numerica—e poi lasciare fare al Signore. La nostra parte è svolgere il nostro compito in modo fedele. La parte di Dio è darci la forza per svolgere questo compito e produrre il frutto come meglio crede.

Di tanto in tanto Dio suscita uno Spurgeon. Ma generalmente egli suscita uomini comuni con doni limitati e un piccolo gregge. E questo non è affatto un problema. Pastore, se fai bene il tuo ministero—se ami le tue pecore e le nutri fedelmente con la parola di Dio, tenendo lontano i lupi e cercando la pecora smarrita—avrai un grande successo e onorerai Dio!

Mito n°3: Essere un pastore consiste principalmente nell’esercitare i tuoi doni.

Molti uomini entrano nel ministero con una buona dose di fiducia nelle loro capacità. Gli è stato detto che possiedono i doni necessari per tale compito. Molto probabilmente hanno conseguito una laurea da un seminario molto stimato che dimostra la loro credibilità teologica e il loro acume accademico. È molto facile per loro immaginare che pascere consista principalmente nell’esercitare i loro doni.

I doni sono certamente importanti. La Scrittura ci dice che Dio ha dato dei doni particolari ai suoi santi per diversi aspetti del ministero (per esempio: Romani 12:4-8; 1 Pietro 4:10-11). Paolo esorta Timoteo a ravvivare “il dono di Dio che è in te . . . ” (1 Tim.1:6). I doni sono importanti. Essi sono essenziali per l’edificazione del corpo e per compiere la missione.

Tuttavia, i doveri del ministero pastorale non metteranno alla prova i tuoi doni quanto la prova del tuo carattere. Per tutti gli uomini che falliscono a causa della mancanza di doni, ce ne sono molti di più che falliscono perché i loro doni superano il loro carattere. I doni sono necessari, ma è impossibile svolgere un ministero pastorale efficace senza possedere un carattere pastorale. Le persone possono anche essere impressionate da uomini di grande cultura, ma sono la pazienza e la gentilezza ad aprire le loro orecchie e i loro cuori.

Il ministero pastorale, nella sua essenza, è un esercizio di grazie spirituali derivanti dall’esperienza continua della grazia di Dio. Secondo Giovanni 15, il segreto per portare “molto frutto” (Giovanni 15:8) è dimorare “nel mio amore” (Giovanni 15:9). Come Paul David Tripp dice:

Solo l’amore per Cristo può difendere il cuore del pastore da tutti gli altri amori che hanno il potenziale di conquistare il suo ministero. . . . Solo Cristo può trasformare un arrogante diplomato del seminario in un paziente ed umile donatore di grazia.2 (Dangerous Calling, 64).

La tua chiesa apprezzerà i tuoi doni, ma essa ha bisogno di ricevere la grazia di Gesù Cristo che scorre attraverso la tua persona e la tua opera.

Mito n°4: La rilevanza culturale è il lasciapassare del pastore per un ministero efficace.

Molte volte ho sentito dire che un pastore deve preparare il sermone con una mano sulla Bibbia e l’altra sul New York Times. Dopotutto, siamo chiamati a collegare questi due mondi. Un pastore ovviamente deve essere consapevole del contesto culturale in cui vive. Nelle lettere alle sette chiese (Apocalisse 2-3), Gesù —con una perfetta conoscenza dei contesti geografici, economici, spirituali e sociali di ciascuna chiesa—rivolge un messaggio che si adatta perfettamente ai loro bisogni particolari. Dobbiamo anche conoscere il contesto culturale della nostra congregazione e, come gli uomini di Issacar, essere “capaci di capire i tempi, in modo da sapere quel che Israele doveva fare” (1 Cronache 12:33). La rilevanza culturale è importante.

Ad ogni modo, per quanto sia importante essere familiari con lo scenario culturale in cui viviamo, è molto più importante essere esperti nello scenario della Scrittura e del cuore umano. I ministeri pastorali più efficaci non sono quelli che ricercano la rilevanza culturale o la praticità terapeutica —ma quelli che mirano a portare la verità divina soprannaturale, rigenerante, che divide le giunture dalle midolla nelle vite di coloro che la ascoltano. La congregazione non ha bisogno delle nostre analisi e riflessioni concise sugli ultimi eventi sociali o sugli scandali che accadono nel nostro paese. Quello di cui ha disperatamente bisogno è la visione, per fede, di un’altra patria—una patria celeste. Come James Stalker (1848-1927) ha scritto:

Mi piace pensare al pastore come a un membro della congregazione messo da parte dagli altri per uno scopo particolare. La congregazione . . . (dice) ad uno dei suoi membri: ‘Ascolta, fratello, noi siamo occupati con le nostre fatiche quotidiane e con le preoccupazioni familiari e mondane; viviamo nella confusione e nell’oscurità; ma desideriamo ardentemente che la pace e la luce allietino e illuminino la nostra vita; abbiamo udito che esiste una terra dove si trovano queste cose—una terra di riposo e gioia, piena di pensieri che ispirano e parole che infiammano il cuore. Ma noi non possiamo andare laggiù; siamo troppo presi dalle preoccupazioni quotidiane: vieni, ti eleggeremo, ti libereremo dalle nostre fatiche, e tu andrai lì per noi, e settimana dopo settimana, commercia con quella terra e portaci i suoi tesori e i suoi beni . . . Guai a lui se settimana dopo settimana non torna carico, e sempre più carico, dicendo: ‘Bene, fratelli, sono stato in quella terra; è veramente una terra di luce, pace e nobiltà: . . . guardate, ho portato con me questo, questo e quest’altro: prendete queste cose per allietare e purificare la vostra vita!’3

Dio ha chiamato molte persone e le ha donate alla chiesa affinché siano esperte nelle cose di questo mondo. Tuttavia, pastore, egli ti ha rivolto una chiamata unica affinché tu sia un esperto nelle cose del cielo e del mondo a venire.

Mito n°5: Il pastore è il capo.

Molti uomini entrano nel ministero pensando che il loro titolo accademico li faccia diventare dei capi. Assumono il ruolo di “Pastore” come un capitano che assume il controllo della sua nave. Essi credono che la loro chiamata consista nel lanciare una visione e assicurarsi che la congregazione salga a bordo e si metta al lavoro. Anche se pochi oserebbero affermarlo così grossolanamente, la nostra rabbia, il nostro atteggiamento difensivo e il nostro spirito autoritario ci tradiscono.

Questo mito non solo è contrario alla Scrittura (per es. Marco 10:42-44; 1 Pietro 5:3), esso paralizza il ministero di molti pastori rendendoli timorosi o minacciosi. Nel mio caso, mi ha reso timoroso. Da giovane mi resi subito conto di essere in difficoltà nel ministero pastorale. Potevo predicare, ma quale “autorità” reale avevo per pascere pecore profondamente ferite? Non avevo nessuna esperienza personale della morte devastante di un figlio, del tradimento di un coniuge, dello shock di una diagnosi di cancro o dell’estenuante guerra con la depressione. Come avrei potuto avere qualcosa di sensato o autentico da dire? Di conseguenza, tendevo ad evitare le persone ferite. Quando cercavo di consolare qualcuno, le mie parole sembravano forzate e vuote davanti al loro dolore schiacciante. La mia giovane età e tre anni di formazione teologica non bastavano per affrontare le crisi pastorali. Avevo bisogno di un’autorità che andasse oltre me stesso.

Per fortuna, questo è precisamente quello che la parola di Dio offre. Nelle storie, nei lamenti e nelle promesse della Scrittura, ho trovato parole profondamente autentiche e divinamente autorevoli. La parola di Dio è gloriosamente sufficiente per badare al gregge (2 Tim. 3:16). Essa ha tutta l’autorità che ci manca!

Di conseguenza, possiamo pascere il gregge di Dio con una vera autorità. Questo dà al pastore molta libertà e franchezza nel pascere le pecore. Noi pastori possiamo, con vera umiltà e ferma fiducia, esortare le persone a ravvedersi quando peccano, assicurare loro la cura di Dio quando soffrono, promettere loro le ricchezze eterne quando si trovano sul letto di morte—tutto questo con l’autorità della preziosissima parola di Dio.

Note:

  1. Chaves, Mark, Shawna L. Anderson e Alison Eagle. 2014. National Congregations Study. Durham, North Carolina: Duke University, Dipartimento di Sociologia.

  2. Paul David Tripp, Dangerous Calling, 94

  3. James Stalker, The Preacher and His Models, citato da Murray Capill, The Heart is the Target, 94


Hayden Hefner è il pastore del discepolato della Bridgeway Church a Oklahoma City. Ha conseguito un master in studi teologici presso il Southwestern Baptist Theological Seminary e sta studiando per ottenere un Master of Divinity.

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