Cinque miti sul digiuno

Mito n°1: Gesù comanda ai suoi seguaci di digiunare.

Gesù si aspetta che i suoi seguaci digiunino, e promette che essi digiuneranno, ma né lui né i suoi apostoli impongono il digiuno. Mentre molti testi biblici citano il digiuno, i due più importanti si trovano soltanto in un paio di capitoli del Vangelo di Matteo.

Il primo è Matteo 6:16–18, che segue strettamente gli insegnamenti di Gesù sulla generosità e sulla preghiera. Per il cristianesimo, il digiuno è fondamentale come chiedere con insistenza a Dio e dare agli altri generosamente. La chiave, a questo proposito, è che Gesù non dice “se digiunate”, ma “quando digiunate”.

Il secondo è Matteo 9:14–15, che può essere considerato il brano biblico più importante sul digiuno cristiano:

Allora si avvicinarono a lui i discepoli di Giovanni e gli dissero: «Perché noi e i farisei digiuniamo, e i tuoi discepoli non digiunano?» Gesù disse loro: «Possono gli amici dello sposo fare cordoglio finché lo sposo è con loro? Ma verranno i giorni che lo sposo sarà loro tolto, e allora digiuneranno». (Matteo 9:14–15)

Quando Gesù, il nostro Sposo, visse sulla terra tra i suoi discepoli, fu per loro l’occasione di banchettare insieme. Ma ora che egli è stato “tolto” ai suoi discepoli, essi “digiuneranno”. Non dice: “potrebbero digiunare, se lo ritenessero opportuno”, ma “lo faranno”. Il che viene confermato dal modello del digiuno emerso fin da subito nella chiesa delle origini (Atti 9:9; 13:2; 14:23).

Gesù pertanto non dice che dobbiamo digiunare, ma dice che lo faremo. In questo senso, il digiuno non è un obbligo, ma un'opportunità troppo potente da lasciarsi sfuggire.

Mito n°2: Il digiuno deve essere mantenuto privato.

Alcuni cristiani potrebbero supporre che il digiuno vada sempre tenuto segreto a causa del famoso ammonimento che Gesù fece nel Sermone sul Monte: “Ma tu, quando digiuni, ungiti il capo e lavati la faccia, affinché non appaia agli uomini che tu digiuni, ma al Padre tuo che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto” (Matteo. 6:17–18). Qui, Gesù ci mette in guardia dal digiunare per “essere visti dagli altri”. Dopotutto, ciò è coerente con il suo insegnamento di non “praticare la vostra giustizia davanti agli uomini, per essere osservati da loro” (Matteo 6:1). E di sicuro, quando digiuniamo, il nostro digiuno dovrebbe essere rivolto a Dio, non agli occhi e alle orecchie degli altri. Questo è l’ammonimento.

Tuttavia, Gesù qui non sta parlando di ogni tipo di digiuno. Le Scritture includono molte forme di digiuno: personale e comunitario, pubblico e  privato, congregazionale e nazionale, regolare e occasionale, parziale e assoluto. Le generazioni passate conoscevano i digiuni comunitari molto meglio di noi— una realtà che oggi potrebbe offrire alle chiese una nuova opportunità per riscoprire questa forma di digiuno. 

Inoltre, quando digiuniamo privatamente e individualmente, faremmo bene a considerare in che modo il fatto di saltare un pasto (o più di uno) potrebbe influenzare le altre persone con cui solitamente mangiamo. Se fai pranzi regolari con i colleghi di lavoro, cene con la famiglia o con i compagni di stanza, valuta come la tua astensione possa riguardarli, e fai loro sapere prima del tempo la tua intenzione di digiunare, invece di essere soltanto un assente o uno che incombe su di loro nei momenti in cui ti astieni dal mangiare. Amare il prossimo quando digiuniamo non equivale a digiunare “per essere visti”.

Mito n°3: Il digiuno si riferisce soltanto al cibo.

Digiunare in genere significa astenersi (temporaneamente) dal cibo per uno scopo spirituale. Questo è il significato normale. Tuttavia, il digiuno non si limita all’astensione dal cibo. Può includere l’astensione temporanea da altre cose, anche se con un obiettivo spirituale.

Il digiuno dal cibo non è necessariamente per tutti. Alcune condizioni di salute impediscono anche ai più devoti di seguire rigorosamente determinate pratiche. Come Martyn Lloyd-Jones disse: “Il digiuno dovrebbe davvero essere concepito per includere l’astinenza da tutto ciò che è lecito in sé e per sé, in vista di un determinato scopo spirituale”.

Se ritieni che non sia saggio per te digiunare a causa del tuo stato di salute, prendi in considerazione il digiuno dalla televisione, dallo smartphone, dai social media, o da qualche altro godimento regolare che impedisce al tuo cuore una maggiore comunione con Gesù. Paolo parla ad esempio di coppie sposate che si astengono dal sesso “di comune accordo, per un tempo, per dedicarvi alla preghiera” (1 Cor. 7:5).

Mito n°4: Il digiuno fa ottenere la benedizione di Dio.

Isaia 58:3–5 è un importante avvertimento su cosa il digiuno non è e su come può essere praticato nel modo sbagliato. Ai tempi di Isaia, la nazione era in rapido declino spirituale, e i cuori delle persone erano divisi. Per molti, la devozione a Dio era diventata un manto, uno spettacolo esteriore. Essi digiunavano per manipolare Dio invece di esprimere un cuore umile. E Dio non onorava un tale digiuno. Isaia dice che essi chiedevano a Dio: “Perché, quando abbiamo digiunato, non ci hai visti? Quando ci siamo umiliati, non lo hai notato?” (Isaia 58:3). Dio risponde in questo modo:

Ecco, nel giorno del vostro digiuno voi fate i vostri affari. . . . oggi, voi non digiunate in modo da far ascoltare la vostra voce in alto. È forse questo il digiuno di cui mi compiaccio, il giorno in cui l'uomo si umilia? (Isaia 58:3–5)

In altre parole, il vostro digiuno è solo uno spettacolo per servire le vostre voglie, non l’espressione sincera di un cuore umile. Le sole azioni esterne del digiuno, senza l’umiltà, sono vane. Dio non si fa commuovere da tali sforzi. Egli guarda al cuore—come faceva ai giorni di Gesù, quando i farisei cercarono di trasformare il digiuno in auto-esaltazione (Matteo 6:16–18). Lo stesso accade ancora oggi.

Mito n°5: Il digiuno non serve a niente

Infine, dalla parte opposta di chi suppone che il digiuno faccia ottenere la benedizione divina, alcuni potrebbero pensare che il digiuno in realtà non serva a “nulla”. Se il digiuno non può costringere Dio a concedere il suo favore, non è allora solo un altro vuoto desiderio? Vero, il digiuno non forza la mano di Dio, ma ci permette di cercare il suo volto, ed è il mezzo della grazia da lui scelto per essere uno strumento per benedire un cuore umile.

Ciò che rende il digiuno un dono è la sua capacità, con l’aiuto dello Spirito Santo, di mettere a fuoco i nostri sentimenti e le nostre espressioni nei confronti di Dio attraverso la preghiera. Il digiuno va a braccetto con la preghiera. Quella morsa allo stomaco, quasi a farti male, quel desiderio insopprimibile di cibo sono il segnale che è ora di mettere in atto il digiuno come mezzo di grazia. Soltanto quando accettiamo volontariamente i morsi della fame capiremo quanto abbiamo permesso al nostro ventre di essere il nostro dio (Filippesi 3:19).

E quella sorta di tarlo, dovuto al disagio per la fame crescente, è il motore che ci ricorda di piegare il nostro desiderio di cibo verso Dio, e alimentare una passione più intensa per Gesù. Il digiuno, osserva John Piper, è il punto esclamativo alla fine della frase: “Tanto così, o Dio, ti desidero!”.

David Mathis è l’autore di Le abitudini della grazia.


David Mathis è insegnante e direttore esecutivo di desiringGod.org, pastore della Cities Church a Saint Paul, Minnesota, e professore aggiunto presso il Bethlehem College & Seminary a Minneapolis. Lui e sua moglie, Megan, hanno quattro figli. Ha scritto diversi libri, tra cui Le abitudini della grazia.

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