Anno vecchio, anno nuovo (seconda parte)
11 ragioni per cui non preghiamo durante una pandemia
Se non impariamo a pregare durante una pandemia globale, credo che non lo impareremo mai! “Siate sempre gioiosi; non cessate mai di pregare; in ogni cosa rendete grazie, perché questa è la volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi.” (1 Tessalonicesi 5:16-18) “Tutta l’infelicità dell’uomo deriva dalla sua incapacità di starsene nella sua stanza da solo”[1]
Ma detto tutto ciò, anche quando siamo obbligati a stare da soli nelle nostre stanze, la realtà per molti di noi è che facciamo fatica a pregare. Come mai? Ecco 11 ragioni per cui non preghiamo.[2]
Siamo pigri – È mille volte più facile dedicare 2 ore a guardare un film o la partita che pregare per 15 minuti. Perché? Perché “lo spirito è pronto, la carne è debole.” (Matt 26:41). Manchiamo di autocontrollo e forza di volontà di inginocchiarci davanti al Signore. Siamo pigri.
Siamo insicuri – Non sappiamo cosa dire, non abbiamo le parole giuste, non abbiamo il vocabolario teologico per esprimerci nella preghiera. O almeno così pensiamo. Come una persona che non si è preparata bene per un’interrogazione a scuola, è ovvio che non vogliamo presentarci in preghiera. Siamo insicuri.
Siamo sopraffatti – Pregare sì, ma dove iniziare? Ci sono così tante paure, tanti problemi e preoccupazioni che spesso ci troviamo paralizzati dalla enormità di cose per cui pregare. Solo nel 2020 c’è stata abbastanza sofferenza e dolore da renderci completamente muti. Il lutto e le lacrime ci hanno rubato le parole. Siamo sopraffatti.
Siamo delusi – Forse abbiamo pregato, ma non abbiamo ricevuto le risposte che volevamo. Le sfide di questa vita ci circondano sempre e sembra che le nostre richieste ritornino a vuoto. Meglio mantenere le distanze sociali dal Signore. O forse non preghiamo proprio per paura di essere scoraggiati. Siamo delusi.
Siamo increduli – Facciamo fatica, se siamo onesti, a credere nelle promesse di Dio. A credere che abbiamo veramente un Padre celeste che si prende cura dei suoi figli e che fa tutto tutto per il loro bene. È troppo difficile credere che abbiamo un Padre che si commuove nell’intimo quando lo approcciamo in preghiera. Siamo increduli.
Siamo indegni – È ovvio che non possiamo pregare dopo tutto quello che abbiamo fatto, detto e pensato. La nostra voce interna ci urla contro “Come ti permetti, uomo peccaminoso, di approcciare il Signore in preghiera. Quanto sei ipocrita!” Prima dobbiamo migliorarci, dobbiamo smettere di fare solo finta di credere, dobbiamo conquistare il peccato e poi, solo poi, possiamo pregare. Nel frattempo siamo indegni.
Siamo distratti – Dal momento che ci svegliamo fino al momento che posiamo la testa sul cuscino siamo bombardati da messaggi, immagini, post e chiamate. Rimanere aggiornati sugli ultimi DPCM e le ordinanze, fare i compiti, gestire gli incontri al lavoro, comprare quel vestito, preparare la cena e cambiare l’ennesimo pannolino… impossibile pregare. Siamo distratti.
Siamo autosufficienti – Pensiamo di poter controllare e gestire da soli le situazioni in cui ci troviamo. Siamo pragmatici, capaci di arrangiarci. Siamo convinti di essere noi stessi i capitani del nostro destino e pensiamo di poter navigare gli alti e bassi della nostra esistenza. Non abbiamo bisogno della preghiera. Siamo autosufficienti.
Siamo sofisticati – Viviamo in una società altamente sviluppata e privilegiata. Diamo per scontato il cibo che mangiamo, la casa in cui viviamo e la salute (almeno prima del covid-19) di cui godiamo. Non ci preoccupiamo per il prossimo raccolto se piove o meno. Tanto, non cambia nulla. Non abbiamo nessuna idea su cosa significa dipendere dal Signore per il nostro pane quotidiano. Siamo sofisticati.
Siamo imperfetti – “Se non me la sento, meglio non farlo.” Così almeno ci ha insegnato la nostra cultura. Il problema è che non siamo perfetti e quindi è raro che sentiamo il desiderio di pregare. Siamo cresciuti con una mancanza totale del senso del dovere e “il dovere esiste perché siamo imperfetti.”[3]. Siamo imperfetti.
Siamo fatalisti – Forse abbiamo una visione non biblica della sovranità di Dio. Essendo convinti della predestinazione, dell’elezione, e del sovrano piano di salvezza del Signore facciamo fatica a capire come le nostre preghiera possano cambiare o contribuire a questo disegno. Concludiamo che le nostre preghiere non possano influenzare un Dio sovrano e quindi perché pregare? Siamo fatalisti.
La realtà è che il Padre ha mandato suo Figlio per salvare uomini e donne pigri, insicuri, sopraffatti, delusi, increduli, indegni, distratti, autosufficienti, sofisticati, imperfetti e fatalisti come noi. Sapendo che eravamo proprio così, il Figlio è venuto per cercarci e per salvarci. E uno dei suoi desideri più profondi è che veniamo costantemente a lui in preghiera.
Queste 11 ragioni sono per me una forma di confessione. Nel 2020 sono caduto in ognuna di queste trappole. Spero che possano servire per valutare e capire meglio le ragioni per cui come individui facciamo fatica a pregare. Perché non usarle adesso per confessare la tua mancanza di preghiera per poi iniziare da capo questo anno in preghiera?
[1] da ‘Se questo è un uomo’, di Primo Levi
[2] da ‘I Promessi Sposi’ di Alessandro Manzoni (Mondadori, 1992)
[3] da ‘Il Mistero della Provvidenza’ di John Flavel citato nel libro ‘The Glory of Grace? di Lewis Allen & Tim Chester (The Banner of Truth Trust, 2018) p.142
[4] da ‘I Promessi Sposi’ di Alessandro Manzoni (Mondadori, 1992)
Mark Oden è pastore della Chiesa Evangelica Neapolis a Napoli. Si è laureato in teologia a Oak Hill Theological College, Londra. Lui e la sua moglie Jane hanno 4 figli.
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