7 Principi Chiave per Fondatori di Chiese

Principio chiave numero 1: Pensa al Vangelo

Cominciamo da due domande importanti ed essenziali: (1) Quanto perduti sono i perduti? (2) In che modo vanno cercati i perduti?

Se è vero che la dottrina si dimostrata più dalla pratica che da ciò che si professa, dobbiamo allora riconoscere che la risposta di molti alla prima domanda è: “Non del tutto perduti”. Il che forse spiega perché non ci tormentiamo spesso sulla seconda domanda.

Ma il vangelo ci dice che i perduti sono realmente perduti, e che essere perduti è una cosa veramente terribile. Questo spiega perché la domanda numero 2 è così pressante. I perduti sono perduti e devono essere trovati per la gloria di Dio e l’onore del suo nome. Sia l’esperienza sia il materiale biblico dimostrano che uno degli strumenti più efficaci per fare questo è fondare chiese.

Esaminiamo brevemente Marco 1:15, ove il vangelo è descritto come “il vangelo del regno”, cioè è la buona notizia che Cristo, il Re promesso da Dio, è venuto per cominciare a regnare. L’unica risposta adeguata a questa dichiarazione divina è “fede e ravvedimento”, vale a dire convertirsi a Cristo dalla propria ribellione e affidarsi al sua cura benevola e regale (Marco 1:15b). Implicito in questo c’è l’invito a vivere la vita com’essa andrebbe vissuta, ossia come un’opportunità di scoprire cosa significa essere veramente umani dal momento che le nostre relazioni sia con Dio sia con gli altri sono state ripristinate. Senza Cristo siamo veramente e completamente perduti. A causa dell’amore per noi stessi e del culto del nostro io, siamo alienati da Dio, dal prossimo, da noi stessi e dal mondo in cui viviamo. In Cristo e per mezzo del vangelo siamo riconciliati in ciascuno di questi quattro ambiti.

Pensare il vangelo in questi termini estesi mette in prima linea tutta la questione della chiesa e dell’impresa missionaria alla quale siamo tutti chiamati. Fondare chiese non è nient’altro che formare nuove comunità di uomini e donne che hanno risposto a questo comando/invito. Al cuore di queste chiese c’è la riconciliazione, perché attraverso il vangelo le quattro aree di alienazione sono state ricompattate e una profonda inversione di rotta è cominciata.

La fondazione di chiese è fondamentalmente un’iniziativa del vangelo perché significa prendere sul serio la nostra responsabilità per il “vangelo del regno”.

Il che ci porta al principio numero 2.

Principio chiave numero 2: Pensa alla Chiesa

C’è un rapporto intimo tra vangelo e chiesa.

1. Il vangelo è la vita della chiesa, sia nel darla che nel sostenerla. Una chiesa locale non può mai crescere al di fuori del vangelo. Non appena il vangelo è tolto dal suo posto centrale, lentamente ma inesorabilmente la vita della chiesa inizia a declinare. Il Padre non è molto soddisfatto quando il Figlio non è onorato nel modo giusto, e lo Spirito non rimane per molto tempo dove il Re è disprezzato.

2. La chiesa così formata è quella che indichiamo mentre predichiamo Cristo. Questo è un modo fondamentale per aiutare le persone a capire la dinamica del vangelo. La chiesa è il vangelo in vetrina nel senso che mostra quello che significa rispondere al comando/invito di vivere sotto le cure amorevoli e regali di Gesù.

Mentre ti stai preparando a fondare chiese, prenditi del tempo per rispondere alla domanda: “Cos’è la chiesa?”. Questa non è una distrazione di tipo teologico. La nostra visione di chiesa (e tutti noi abbiamo idee e convinzioni ecclesiologiche) si ripercuoterà sul nostro approccio alla fondazione di chiese. Una visione della chiesa come quella che è creata e sorretta dal vangelo per il vangelo ci fornirà la struttura per inserirci adeguatamente in ogni cultura e contesto specifico.

Fondare chiese non significa clonare chiese. Vuol dire formare un gruppo di credenti che vivono in modo radicale delle vite devote dovendosi relazionare, sia a livello di corpo di Cristo sia di singoli individui, con un mondo che ci guarda e che è scettico. Ciò assumerà sempre un aspetto diverso da un contesto all’altro. Se una chiesa situata in un quartiere residenziale ricco e immerso nel verde è identica a una chiesa in un quartiere di edilizia popolare, allora almeno una di esse non sta prendendo seriamente il vangelo.

Principio chiave numero 3: Pensa a formare leaders

Sebbene il termine “fondazione di chiese” non fu coniato se non prima della metà degli anni sessanta del secolo scorso, la sua pratica ha una nobile e lunga storia alle spalle. I Battisti fondarono chiese nel diciassettesimo secolo, così pure i Metodisti nel diciottesimo secolo e C.H. Spurgeon, tra gli altri, nel diciannovesimo secolo. In tutti questi esempi, qualunque siano le distinzioni storiche, le differenze teologiche e le varianti culturali, un tema continua ad emergere, ossia quello della leadership. Qualche volta le guide sono state chiamate “messaggeri”, altre volte “evangelisti”, ma al di là di come venissero chiamate, sono state dei catalizzatori fondamentali per aiutare a formare nuove chiese.

La Bibbia e l’esperienza ci insegnano che le guide spirituali sono importanti, ed entrambe insegnano anche che il loro carattere è l’aspetto cruciale. La preoccupazione principale quando si aspira ad essere un fondatore di chiese o quando si cercano fondatori di chiese, deve essere il carattere prima del carisma e la grazia prima dei doni. Non che il carisma e i doni siano irrilevanti. Assolutamente no! Abbiamo bisogno di più guide trascinanti, visionarie e ricche di talenti. Ma se queste caratteristiche non si trovano in un carattere devoto, sono di per sé pericolose. Saulo e Barnaba sono due buoni esempi di guide che avevano sia una cosa che l’altra. Lo Spirito Santo li scelse quando voleva portare il vangelo in territori ancora inesplorati. Erano guide con una buona reputazione e di elevato spessore, le quali furono responsabili della salute e della vitalità dell’ancora giovane chiesa di Antiochia. Tuttavia, nel mondo d’oggi, pare che la fondazione di chiese sia di dominio quasi esclusivo di giovani. Uomini che di sicuro hanno energia, grinta e passione, ma uomini che spesso non sono stati provati “nel campo”. Se una leadership capace di fare da catalizzatore è un principio importante nel processo di fondazione, allora dovemmo anche incoraggiare uomini più anziani a raccogliere la sfida. Uomini che sono stati provati e collaudati sia nella vita sia nel ministero, che sono passati per il fuoco delle avversità, del fallimento e del successo e sono stati perciò forgiati nell’incudine della provvidenza. Ma quello che accade di solito è che queste guide si trasferiscono in chiese importanti e in piattaforme missionali più grandi. La causa della fondazione di chiese in Europa (che è “semplicemente” un mezzo ai fini del progresso del vangelo) sarà servita in modo migliore quando tali guide metteranno da parte la relativa sicurezza del loro già consolidato ministero per varcare nuovi orizzonti. Questa potrebbe rivelarsi un’importantissima opportunità di formazione. Pensiamo alle opportunità e ai vantaggi che ne deriverebbero se la guida con più anni alle spalle dovesse essere mandata a fondare una nuova chiesa in un nuovo contesto e avesse con sé un’aspirante fondatore di chiese più giovane. Questa situazione ci permetterebbe di avere entrambi i vantaggi: esperienza e vigore. Assomiglia molto anche al metodo Paolino di formare ed equipaggiare ministeri del vangelo pionieristici. Per troppo tempo l’addestramento formale è stato pensato per collocare uomini in chiese già stabilite. Ma la fondazione di chiese offre una grande opportunità di formare le guide in situ, le quali poi avranno gli strumenti per assumere nuove iniziative, perché sono già abituate a pensare oltre il mantenimento delle realtà già esistenti, e in vista della missione.

Principio chiave numero 4: Pensa a una Squadra

A molti di noi dispiace che nel Nuovo Testamento manchi una descrizione dettagliata di un fondatore di chiesa. Gran parte di ciò che supponiamo è frutto di deduzioni. Questa percezione di “vuoto” ha creato il mito del fondatore di chiese, un cane sciolto che spazza via tutto quello che ha davanti a lui nella sua furia di fondare chiese! Per inciso, mi piacerebbe molto vedere qualcuno di più di questi fondatori in stile Rambo, ma se consideriamo attentamente la descrizione di Paolo fornitaci da Luca troviamo un uomo che aveva assunto l’impegno a lavorare a contatto con gli altri. Prendiamo brevemente in esame un po’ del materiale.

Quando Paolo cominciò il suo ministero di espansione del vangelo, lo fece attraverso una squadra e fu inviato come una squadra (Atti 13:1-2). Ad un certo punto tra Antiochia e Salamina, Giovanni detto Marco si unì al gruppo come “aiutante” (13:3-5). Quando comincia il secondo viaggio (15:36), e si verifica la lite tra Barnaba e Paolo su Marco, Paolo prende con sé Sila, un inviato della chiesa di Gerusalemme. Quando essi giungono a Listra, fanno la conoscenza di Timoteo, ed egli li accompagna nel loro viaggio (16:1-3). Il modello è dunque stabilito. Ad un punto nel racconto, Luca ci fornisce abbastanza informazioni per ritenere che la squadra di Paolo fosse formata da molti membri (cf. 20:4). Naturalmente queste erano per lo più squadre che si spostavano da un posto all’altro della regione, ma le loro erano tutt’altro che brevi incursioni nelle città principali. A volte ci restavano per anni (19:8-10).

Questo ci offre un modello potenzialmente proficuo. Paolo e la sua squadra, nella loro opera e nelle loro relazioni, fungevano da “chiesa”. Mentre essi erano impegnati a evangelizzare Ebrei e Gentili, e alcuni di loro diventavano cristiani, una nuova “chiesa locale” cresceva intorno a loro. La conoscenza di questi nuovi credenti si sarebbe plasmata non soltanto per mezzo del messaggio apostolico, ma anche attraverso il metodo apostolico. Essi capirono che cosa significasse essere chiesa sperimentando la chiesa di prima mano. Ascoltavano il vangelo spiegato e lo vedevano concretizzato nelle vite della squadra missionaria. Il concetto di chiesa come corpo era tangibile, e la realtà della chiesa come corpo missionario era ovvia. Come un bambino nasce idealmente in una famiglia, così anche i nuovi credenti nascono idealmente all’interno di una famiglia di fede. In quel contesto, ascoltano la verità detta con le parole, osservano la vita vissuta e assorbono valori e regole culturali. Se questo contesto è rappresentato da una squadra che fonda chiese o da una chiesa appena fondata, il vantaggio è che ci sarà una freschezza e una vitalità che spesso mancano quando una chiesa ha superato la fase di fondazione e si è “normalizzata”.

Siamo persone che hanno spesso la tendenza ad esagerare. Troppo spesso e troppo facilmente per noi o è una cosa o è l’altra. Ma non dovremmo dare più enfasi alla leadership che alla squadra, e una squadra non ha bisogno di una democrazia radicale. Le guide hanno bisogno di squadre da dirigere al ministero e alle opportunità per il vangelo, e le squadre hanno bisogno di essere guidate da conduttori stimati e fondati nella verità in modo che abbiano una giusta ottica e chiarezza nel vangelo. Le due cose messe insieme sono una potente combinazione nelle mani dello Spirito Santo.

Principio chiave numero 5: Pensa in modo strategico

In Atti, Luca ci mostra quella che potremmo chiamare la strategia pragmatica di Paolo. Esaminiamo il suo primo viaggio missionario. Lui e Barnaba viaggiano da Antiochia fino al porto di Seleucia, dal quale salpano per l’isola di Cipro. Lì predicano il vangelo nella città principale di Salamina, prima di attraversare tutta l’isola fino a Pafo, sede del governo della Provincia. Sbarcano poi sulla costa dell’Asia Minore e visitano Pergamo, la città più importante della Panfilia. Da lì si recarono ad Antiochia di Pisidia, un presidio militare del territorio circostante.

Paolo aveva parlato di Cristo a quelli che lo ascoltavano, Ebrei e Gentili, e aveva fondato chiese in zone strategiche lungo le coste del Mediterraneo orientale, con il presupposto che il vangelo si sarebbe diffuso da questi centri alle regioni periferiche. Questo tipo di strategia si rivelò talmente efficace che Paolo poté dire che “da Gerusalemme e dintorni fino all’Illiria ho predicato dappertutto il vangelo di Cristo” (Rom 15:19).

Paolo era anche animato da una “strategia di principio”, che era la sua ambizione “di predicare il vangelo là dove non era ancora stato portato il nome di Cristo” (Rom 15:20). Era interessato solo al territorio ancora vergine. Non era propenso a vivere alle spalle degli altri. La sua passione era quella di raggiungere i perduti a qualsiasi costo, e le scelte strategiche del vangelo che egli fece erano rivolte a quel fine.

Ora, se la fondazione di chiese è vista prima di tutto come un’iniziativa del vangelo, faremo bene a concentrarci su zone di grande influenza e in cui c’è grande bisogno del vangelo. La strategia pragmatica di Paolo dovrebbe dimostrarsi utile al riguardo. Fondare chiese nelle città, benché non sia l’unica cosa da fare, è di certo un’attività sensata perché è più probabile che gli abitanti della città si mobilitino e portino il vangelo con loro, e insieme con esso una visione per fondare chiese e diffondere il vangelo!

E per quelli che sono ai margini, che hanno per la gran parte rifiutato la chiesa tradizionale perché considerata irrilevante e anacronistica, si potrebbe applicare la “strategia di principio”. Fondare chiese offre l’opportunità di partecipare nella chiesa in un modo nuovo e pertinente. Certamente dev’essere fatto in modo fedele alla Bibbia, ma deve anche essere culturalmente rilevante. L’atteggiamento di molti verso il vangelo è quello di considerarlo irrilevante per la loro vita e riguardo alla chiesa pensano che essa non abbia assolutamente nulla da offrire loro. Fondare chiese in modo strategico ci fornisce l’opportunità di studiare la nostra zona e di pensare a come possiamo farci “ogni cosa a tutti, per salvarne ad ogni modo alcuni” (cf. 1 Cor 9:22).

Principio chiave numero 6: Pensa in modo creativo

Se abbiamo l’intenzione di fondare chiese tra coloro che hanno già rifiutato la chiesa e il cristianesimo, allora è necessario riflettere in modo creativo sul nostro modo di fare chiesa. Il nostro mondo sta cambiando il modo in cui pensiamo, recepiamo nuove informazioni ed elaboriamo nuove idee. I social media hanno talmente rivoluzionato la nostra visione del mondo che molti dei nostri metodi collaudati e fidati per comunicare la verità del vangelo non hanno nessuna attrattiva o rilevanza per il pubblico contemporaneo.

Il sermone è un tipico esempio. Ci sono poche situazioni oggi nelle quali le persone si siedono e ascoltano un lungo monologo. Oggi i modelli preferiti di apprendimento sono l’interazione, il dialogo e la scoperta di sé. Eppure ci aspettiamo che i nostri vicini dimentichino tutto ciò e stiano seduti ad ascoltare in silenzio con attenzione un sermone di quaranta minuti (più o meno) il cui contenuto è probabilmente del tutto alieno per loro. Dobbiamo pensare in modo creativo a come presentare la verità del vangelo a quelli intorno a noi.

Cosa significa questo? Significa che rifiutiamo l’idea del sermone? I gruppi di discussione devono essere il modo principale per “scoprire la verità”? No di certo! Ma non dobbiamo nemmeno ignorare il fatto che più del 60% della Bibbia è formata da racconti, e solo per una percentuale sorprendentemente bassa è fatta di proposizioni. Questa non è un riflessione a favore dell’abolizione della proclamazione, ma una richiesta affinché ci prepariamo a fare più attenzione al modo in cui proclamiamo la verità. Dobbiamo imparare di nuovo cosa voglia dire raccontare una grande storia–la più grande  storia.

Un’altra area in cui dobbiamo pensare in modo creativo è quella della nostra leadership. Le relazioni sono forse l’aspetto più importante della nostra cultura, e la generazione attuale è alla ricerca di rapporti genuini e persone oneste. La sfida della nostra generazione è come essere aperti e accessibili e allo stesso tempo mantenere una posizione dalla quale il vangelo può essere applicato nella vita di qualcuno con autorità e credibilità. Stare a contatto con le persone non è un’opzione, è una necessità assoluta. Occorre però farlo con umiltà e intenzionalità del vangelo.

Tante convinzioni che diamo per scontate devono essere sfidate. Il contenuto degli incontri, il posto del canto comunitario, le riunioni di preghiera settimanali, l’appartenenza alla chiesa, le prese di posizione di tipo confessionale, le questioni sul battesimo, sono tutte convinzioni che possono essere legittimamente vagliate e riconsiderate. Pensa in modo creativo.

Principio chiave numero 7: Pensa a lungo termine

Non ci sono risposte facili nel campo della fondazione di chiese. Non è una panacea per i mali della chiesa moderna, e non offre alcuna garanzia di successo. Fondare chiese richiede determinazione, visione e disponibilità a pagare il prezzo del ministero. La fondazione di chiese è un’iniziativa di lungo termine, e questa cosa andrebbe scritta nel contratto.

A livello umano, ciò è particolarmente vero quando si cerca di fondare chiese tra coloro che non hanno alcun tipo di interesse nella religione organizzata. Possono volerci anni per sviluppare una relazione con tali persone prima che ci sia solamente la disponibilità ad ascoltare una spiegazione del vangelo. Da quel momento ci possono volere fino a due anni prima che ci sia la prontezza a rispondere, soprattutto perché essi sono molto ignoranti su ciò che la Bibbia insegna, e quindi su ciò che il vangelo effettivamente è.

Quest’ignoranza non è una semplice eco della situazione nella quale si ritrovò la chiesa primitiva durante la sua espansione in territorio Gentile, essa è in realtà piuttosto diversa. Oggi l’ignoranza è mischiata al pregiudizio. Il cristianesimo allora era nuovo. Oggi è antiquato. La gente pensa di sapere cos’è e di solito ti respinge prima di avere capito veramente. In un senso, si sono vaccinati contro la parola del vangelo. Ciò non rappresenta un problema insormontabile, ma lo si potrà contrastare efficacemente solo per mezzo di una devozione paziente e di un impegno ad adottare uno stile di vita autenticamente cristiano.


Steve Timmis è co-fondatore di “The Crowded House” (La Casa Affollata), un gruppo internazionale di reti che fondano chiese. E’ inoltre Direttore Esecutivo di Acts 29 e co-autore del testo “Total Church”(disponibile in italiano: Tim Chester e Steve Timmis “Chiesa totale: intorno al vangelo e alla comunità”- Chieti, GBU-2014).