La chiamata al lavoro di ogni donna

Che cosa ha il potere di far innervosire una donna e di farle provare ogni sensazione possibile, dalla vergogna all’orgoglio, all’imbarazzo, al giudizio, al senso di superiorità e a tutto ciò che sta in mezzo? Chiedile che cosa fa per guadagnarsi da vivere.

Tra cristiani questo non dovrebbe avvenire, ma ahimè, molte donne possono testimoniare che è così. Le donne nubili potrebbero avere la sensazione che in qualche modo si stanno lasciando scappare l’opportunità di diventare madri e vorrebbero non dover lavorare. Altre potrebbero essere felici all’idea di rinunciare a marito e figli e di trovare appagamento in una carriera lavorativa. Se una mamma lavora fuori di casa, potrebbe avere paura del giudizio (reale o immaginario che sia) da parte dell’esercito di mamme che restano a casa. Se una mamma ha scelto di fare la casalinga a tempo pieno, tende ugualmente a sentirsi giudicata (in modo reale o solo immaginario) dalle donne che lavorano. O per dirla meglio, il giudizio è reale e immaginario, in entrambi i casi.

Le donne e il lavoro

Prima di addentrarci in un terreno così difficile, proviamo per un momento a mettere da parte le nostre supposizioni. Potremmo ritenere che poiché una donna ha come priorità la sua casa e per questo non riceve alcuna retribuzione, lei sia assolutamente contraria a qualunque lavoro al di fuori della casa, e potremmo anche pensare che perché una donna ha un proprio stipendio, disprezzi il lavoro domestico. Queste sono supposizioni scorrette e pericolose che creano divisioni esagerate nel corpo di Cristo.

Dobbiamo inoltre riconoscere qual è il nostro scopo come donne cristiane: non la libertà di fare tutto quello che vogliamo, ma la libertà di fare la volontà di Dio. Vogliamo che questo sia il nostro scopo, per noi stesse e per le nostre sorelle in Cristo.

Quali sono allora i principi che la Bibbia ci dà sulle donne e il lavoro?

Create per lavorare

In primo luogo, il lavoro non è facoltativo. Dio mise l’uomo e la donna nel giardino per lavorarlo. Dio diede il dominio a entrambi.

Nelle Scritture osserviamo molto chiaramente che uomini e donne non sono uguali. Dobbiamo sapere che cosa vuol dire essere una donna se vogliamo capire che cosa significa lavorare come una donna. Per quanto ciò sia fondamentale, spesso non ci si fa caso. Essere una donna significa essere fatta a immagine di Dio. Questa immagine è stata deturpata e guastata dal peccato. Essere una donna cristiana vuol dire però essere stata ristabilita e santificata da Cristo, che è l’immagine perfetta del Dio invisibile, e che vive perfettamente in conformità alla parola di Dio. Egli è la Parola di Dio.

La parola di Dio non tace riguardo alle priorità che le donne in particolare dovrebbero avere. Dio ci ha create per essere aiutanti, collaboratrici (Genesi 2:18), e la casa è una priorità (Tito 2:5) e un luogo di laboriosità, ospitalità e riposo (Proverbi 31:10-31). Le donne non devono lasciarsi turbare da nessuna paura e devono essere sottomesse ai loro mariti e coltivare la bellezza interiore più di quella esteriore (1 Pietro 3:1-6). Dobbiamo essere esempi di cura generosa e di servizio nei confronti del prossimo, e fare da madri spirituali (Romani 16:1-13). Le donne sono chiamate a gestire circostanze difficili che richiedono azione e prudenza, come Abigail, Iael e Debora. Alla base di tutti questi principi c’è la consapevolezza che tutto quello che la donna fa, lo fa per mezzo di Cristo, per Cristo e in Cristo (Colossesi 1:16-17).

Soddisfare bisogni concreti

La domanda che le donne lavoratrici, o che fanno le mamme o che mettono su casa si devono fare è questa: Sto ubbidendo fedelmente a Dio come sua figlia? Sto provvedendo ai veri bisogni di altre persone, o sto ricercando la mia realizzazione, il mio appagamento o la mia ambizione all’infuori di lui?

La nostra fedeltà richiede prima di tutto una specie di morte, cioè la morte all’io e all’ambizione personale. Ma la morte conduce alla vita, alla vita in Cristo, per mezzo di lui e per lui. La forma che assume tale morte cambia da persona a persona, ma in ogni caso sarà una rappresentazione del vangelo, una scena di crocifissione con Cristo.

Per una mamma single che deve guadagnarsi da vivere, dare la priorità a Cristo e alla casa potrebbe significare dover fare tutto il possibile per provvedere ai bisogni dei suoi figli e spendersi prima nel posto di lavoro, poi a casa, con grande sacrificio di sé — per la gloria di Dio e per il bene dei suoi figli.

Per una donna nubile senza figli, potrebbe significare prendere in considerazione la missione interculturale o buttarsi senza timore nel suo lavoro, mettendo da parte dei risparmi per donarli alla chiesa, o per investirli nel suo vicinato o per aprire la sua casa (che sia un appartamento, una villa o una stanza) in modo che possa condividere ciò che ha, soprattutto Cristo in lei.

Per una mamma sposata con dei bambini piccoli che fa la casalinga, potrebbe significare dover svolgere mansioni fisiche che sembrano interminabili e pensare all’educazione dei figli, rinunciando a vedersi riconosciute le competenze che aveva prima di diventare madre, perché ora non può più ricevere un bel voto per il suo duro lavoro o ottenere una promozione.

Per una mamma che lavora part-time per aiutare con il bilancio familiare pur potendo anche non lavorare, potrebbe voler dire rinunciare a quel lavoro e alle entrate extra in modo da poter piantare intenzionalmente i semi del vangelo nelle vite dei suoi figli. Potrebbe anche voler dire mantenere quel lavoro e usare i suoi doni per servire gli altri.

Per la donna che ha un marito disoccupato da molto tempo o disabile, potrebbe significare diventare il capofamiglia o il tutore, assumendosi una responsabilità maggiore di quella che forse avrebbe voluto.

Per una mamma che ha figli già grandi e indipendenti, potrebbe significare un cambiamento nel tipo di lavoro che svolge, valutando coraggiosamente le alternative e mettersi a fare cose che non ha fatto per molto tempo, o cercare qualcosa di completamente nuovo.

Molte forme diverse

A volte le nostre circostanze non sono quelle ideali. Spesso non sono ideali. Questo non è il paradiso, e la chiamata a deporre le nostre vite assumerà forme diverse. Ma questa è la nostra chiamata, con tutte le sue innumerevoli manifestazioni. Non che saremo noi alla fine a salvare i nostri figli, la nostra famiglia, i nostri vicini o noi stesse. Non siamo Cristo, ma siamo donne cristiane che seguono con gioia il Dio-uomo che ha deposto la sua vita per soddisfare i nostri bisogni più autentici. Ripetiamo gioiosamente il suo grande sacrificio nelle nostre piccole morti a noi stesse.

                                                                                                                                                                  Noi cerchiamo di vivere fedelmente la vita reale che Dio ci ha dato, non quella che avevamo sperato di vivere o che avremmo voluto vivere. Prendiamo i principi che Dio stesso ci ha dato — del lavoro e del dominio, della priorità della casa, della generosità e dell’ospitalità, della cura dei figli (e degli adulti) che Dio ci ha affidato (sia dei loro corpi sia delle loro anime) — e li applichiamo alla vita reale che ci sta davanti. Non alla vita ideale, né a quella immaginaria, ma alla vita reale che Dio ci ha dato.

Le vite quotidiane delle donne cristiane non sono uguali. Tuttavia, poiché tutte insieme ci stiamo aggrappando a Cristo, i nostri cuori sono uniti più intimamente di quanto potrebbe fare l’appartenere solo a un gruppo di donne che lavorano, o che fanno le casalinghe, o che lavorano da casa, o qualunque altra categoria.

Tenere in grande considerazione Gesù

Comprendiamo come essere fedeli nella nostra situazione specifica mediante la guida che Dio ci dà nella sua parola, per mezzo del suo Spirito, e con il consiglio della nostra chiesa locale. La nostra comunità del patto, con le relazioni che si trovano al suo interno, è il contesto dove poter capire come applicare i principi biblici alle nostre vite specifiche. La parola di Dio, lo Spirito di Dio e il popolo di Dio sono le fonti a cui attingiamo per ricevere sapienza.

Il nostro lavoro non riguarda noi. Non lavoriamo per farci un nome con una straordinaria carriera o per sentirci superiori perché le cose ci sono andate bene e ce la stiamo cavando alla grande o perché stiamo cercando di tenere in equilibrio la famiglia e il lavoro. Se desideriamo farci un nome (attribuendo la gloria a noi stesse) dovremmo ricordare che serviamo colui il cui nome è al di sopra di ogni altro nome. Egli non ci permetterà di essere suoi rivali. Molto di più che farci un nome per noi stesse, egli ha scritto i nostri nomi nel suo libro, non perché abbiamo un bel lavoro, ma perché siamo le sue figlie.

Lavora veramente sodo. Fai bene il tuo lavoro. Cerca di eccellere in tutti i modi che puoi, in ogni ambito dove ti è possibile, con la gioia del dimenticare te stessa che si ha solo quando deponi la tua vita e confidi nel nome di un Salvatore che serve senza mai stancarsi. Riponi la tua fiducia nell’autore del libro della vita dell’Agnello, affinché egli ti guidi in ogni circostanza a compiere ogni opera buona che egli ha preparato per te.


Abigail Dodds (@abigaildodds) è una moglie, una mamma di cinque figli e una laureanda al Bethlehem College & Seminary. E’ l’autrice di (A)Typical Woman: Free, Whole, and Called in Christ (2019).


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