Sei Regole per il Coinvolgimento Culturale
Cosa s’intende quando si parla di “coinvolgimento culturale?” Spesso questa espressione è rifiutata, come se stesse a indicare un insensato sincretismo tra la chiesa e la cultura. Da quanto ho letto io, raramente questo è il suo significato, e di certo non è quello che intendo io. Sono un sostenitore del triplice approccio al coinvolgimento culturale: rifiutare ciò che è male, ritenere ciò che è bene, e redimere ciò che è rovinato/perduto. Credo che questo sia un modo sano per riflettere su come dovremmo rispondere alla nostra cultura, perché la nostra cultura non è monolitica. Essa è costituita da centinaia di cose, buone e cattive, che richiedono la nostra attenzione. Di recente ho passato del tempo a esaminare questo triplice approccio con membri della Redeemer Church, ma voglio sottolineare che, anche se siamo d’accordo nel rispondere con questo triplice approccio, esso richiede in realtà molto impegno da parte nostra. Prima di approfondire la questione, voglio riassumere il mio punto di vista su queste tre risposte.
Rifiutare ciò che è male significa disapprovare ogni forma di ingiustizia, immoralità e idolatria. Tuttavia, rifiutare cose come il genocidio, l’aborto e il materialismo non è sufficiente. Rifiutare cose della nostra cultura consiste, in parte, nel far notare il modo in cui le cose dovrebbero essere, e anche a come ce le mostra il vangelo. Pensiamo,ad esempio,alla restaurazione di tutte le cose tramite lo stabilimento del regno di Dio al ritorno di Gesù Cristo. Far notare ciò che è sbagliato non è sufficiente. Dobbiamo anche indicare qual è il piano di Dio affinché regni la giustizia.
Ritenere ciò che è buono sembra essere più problematico per molti cristiani. Spesso le persone pensano che una cosa sia buona solo se è totalmente buona. Ovviamente il problema è che niente è totalmente buono su questa terra, però molte cose riflettono ancora la legge scritta nei cuori dell’uomo peccatore. L’«imago dei» è ancora visibile, e spesso le persone creano o fanno cose che rispecchiano ciò che è vero, bello, nobile, eccellente. Ritenere ciò che è buono significa che ci sono delle volte in cui il cristiano, o la chiesa, può camminare a fianco del mondo e dichiarare la bontà di un valore comune o di un artefatto culturale. Quando la nostra comunità decide di prendere sul serio la tutela dell’ambiente, l’educazione dei figli, o la salute degli ammalati possiamo dire “amen.” Ma anche in quel caso dobbiamo mostrare loro che tale bontà non è una costruzione sociale, ma che rispecchia la verità e il piano di Dio.
Redimere ciò che è rovinato/perduto è l’applicazione diretta del vangelo alla cultura nella quale viviamo. Risponde alla domanda: “Che cosa dice il vangelo ai nostri matrimoni falliti e alle nostre case divise; al nostro egoismo e materialismo, al nostro pregiudizio e razzismo? Che cosa dice il vangelo sull’insignificanza della religione individuale e sulla piatta spiritualità professata dalle masse?” Quando cominciamo a rispondere a queste domande, non in teoria, ma in modo diretto quando hanno attinenza alla nostra comunità, stiamo vedendo Dio che in Cristo redime ciò che è rovinato e perduto. Tecnicamente, noi non “redimiamo” nulla, ma è Dio che lo compie in Cristo e attraverso Cristo. Vediamo questo accadere ora, in parte, attraverso il ministero della riconciliazione, e più avanti lo vedremo nella sua pienezza quando Gesù ritornerà per giudicare i vivi e i morti e creare nuovi cieli e una nuova terra.
Mi piace molto questo modello, e accettarlo come il modello migliore mette gran parte di noi nelle condizioni di fare meglio di quanto abbiamo fatto in passato nel rapportarci alla nostra cultura. Tuttavia, richiede da parte nostra un impegno maggiore. In effetti, se crediamo che il coinvolgimento culturale debba rispecchiare fondamentalmente il modello di cui sopra, esso richiede almeno sei cose da parte nostra.
6 Regole per il Coinvolgimento Culturale
1. Sii presente.
Sembra piuttosto facile, ma essere presenti nel mondo, in questi tempi, è reso difficile dalla sotto-cultura cristiana che la chiesa ha creato intorno a sé. Essere presente significa fare parte della comunità nella quale Dio ti ha mandato, non solo della comunità che egli vuole aiutarti a formare. Conosci le persone, i problemi e le difficoltà del posto, i valori, le abitudini e gli interessi del tuo vicinato? Non ci potrà essere nessun coinvolgimento culturale a meno che tu non sia lì presente a frequentare le persone e a interagire con il mondo fuori dalla chiesa. Da dove iniziare? Presentati ai tuoi vicini e invitali a cena, leggi il quotidiano locale, partecipa agli eventi locali, fai sentire la tua voce quando è il caso, frequenta abitualmente i contesti locali (bar, negozi, ecc.).
2. Pratica il discernimento.
Il tuo coinvolgimento dev’essere ben ponderato. La cosa X è da rifiutare completamente (non c’è niente di buono in essa), è qualcosa da ritenere poiché mostra la verità o la bellezza, o è un’opportunità per mostrare la redenzione che noi, e tutte le cose, abbiamo in Gesù? Non è sempre il momento di mettersi a fare i guerrieri che combattono contro la cultura, né Gesù ci chiama a essere dei pacifisti spirituali. A volte dobbiamo combattere, a volte abbiamo delle cose in comune, ma in ogni occasione cerchiamo di portare guarigione.
3. Sviluppa la tua teologia.
Non puoi confrontarti con la cultura se non sei un teologo. Non sto dicendo che tutti debbano essere un Turrettini, un Owen o un Edwards riportato in vita, e non sto suggerendo nemmeno che Dio non possa sopperire alla nostra inadeguatezza teologica. Ma per parlare alla cultura di peccato, del vangelo e del carattere di Dio dobbiamo capire queste cose. Da dove iniziare? Leggi buoni libri che si concentrano sulla teologia e sulle sue applicazioni alla vita e alla comunità. Dialoga su questo stesso compito con altre persone che hanno come te una passione crescente sia per la chiesa riunita sia per la chiesa mandata.
4. Prendi coraggio.
Confrontare la cultura in questo modo richiede una grande convinzione a livello personale. Come Gesù e gli apostoli, predicare il vangelo in parole e opere ti farà avere simpatie della gente per l’aiuto che fornisci e ti farà essere odiato come un impiccione. Dipende tutto dalla questione affrontata. Tutti quelli che si affaticano in quest’opera si imbatteranno nella paura. Conforto e coraggio giungeranno solo da Dio, che ha promesso che siamo beati se siamo perseguitati, e che le porte dell’inferno non potranno vincere la sua chiesa.
5. Parla in modo chiaro.
Per poterti relazionare correttamente con la tua cultura, sia per rifiutare ciò che è male o ritenere ciò che è buono, devi parlare il linguaggio della cultura. Per la maggior parte di noi questo dovrebbe essere più facile di quanto si pensi. Con ogni probabilità capisci il linguaggio della tua comunità, ma forse non lo parli – specialmente quando si tratta di spiegare il vangelo alle persone. Non è sufficiente dire che l’omicidio dell’innocente è un’abominazione, o che tutti gli uomini sono morti nel peccato e devono essere rigenerati e giustificati. Dobbiamo spiegare quanto diciamo, o meglio, spiegare il vangelo in parole a loro comprensibili. Molti di noi devono imparare a fare meno affidamento su argomenti di conversazione e presentazioni preconfezionate che sono sempre meno connesse alla cultura post-cristiana, e cominciare a sviluppare un metodo dialogico serio per essere coinvolti con la cultura con le nostre parole. Non c’è nessun manuale di istruzioni che ti spieghi come farlo, se non semplicemente provare, sbagliare, e provare di nuovo.
6. Ama.
Questa è forse la regola di coinvolgimento culturale più importante di tutte, perché la maggioranza del tuo tempo non la passerai a confrontarti con concetti, ma con persone; persone create all’immagine di Dio, persone con dei sentimenti, persone che Cristo ci chiama ad amare e a servire. Non è il caso di affermare di amare i nostri vicini senza una vera dimostrazione di quell’amore. Che si tratti di rifiutare, ritenere o redimere, l’amore per Dio e per gli altri deve essere la nostra motivazione a parlare e ad agire.
Joe Thorn è pastore fondatore Redeemer Fellowship. Si è laureato al Moody Bible Institute, e ha conseguito un Master in teologia al Southern Baptist Theological Seminary.
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