Pastori e cultura

Ho lavorato per un po’ di tempo come responsabile di una libreria cristiana. Un giorno, parlando con un cliente nel nostro reparto dedicato alla musica cristiana e facendo dei paragoni tra gli artisti cristiani e i loro omologhi secolari, mi resi conto che molto di ciò che stavamo vendendo non era buono. Il problema era la qualità derivativa del contenuto. Molti artisti non erano concentrati sul creare della buona musica; cercavano invece di emulare lo stile di un certo artista secolare. 

Nel resto della giornata, notai che io e i miei colleghi facevamo affermazioni del tipo: “Se ti piace Youtube, allora ti piacerà anche Godtube”, o: “Se ti piace Stephen King, allora ti piacerà leggere a casa l’ultimo romanzo di Frank Peretti”. Era irritante. Improvvisamente dovetti fare i conti con la dura realtà che i cristiani passano fin troppo tempo a fruire della cultura secolare o di una sottocultura cristiana a buon mercato invece di produrre una cultura di qualità. Facciamo il verso alla cultura intorno a noi. Assomigliamo a loro e sembriamo come loro, ma affermiamo che c’è qualcosa in noi che ci rende diversi: Gesù. Ma dove sta la differenza?

Entrando nel ministero pastorale, questa tendenza cominciò ad apparirmi sempre più evidente. Non era buona. Iniziai a domandarmi com’è possibile che predichiamo un vangelo che redime il mondo e non riusciamo a produrre una buona cultura. I cristiani si approcciano alla cultura in uno o due modi: si nascondono dalla cultura prevalente o sfornano imitazioni della cultura prevalente (applicandoci sopra il simbolo del pesce-Gesù). 

Studiando la storia della chiesa, iniziai a capire che i primi cristiani non avevano una sotto-cultura; avevano una contro-cultura. La loro cultura non era derivata, ma genuinamente creativa. Producevano una buona cultura che influenzò la cultura più estesa.

I primi cristiani non abbandonarono il coinvolgimento culturale. Tuttavia, dopo aver creduto in Gesù, si consideravano cittadini di un altro regno, fedeli a un altro re. I primi credenti continuarono a considerarsi un avamposto di questo regno che non è di questo mondo, e che un giorno avrebbe preso il posto di tutti i regni della terra. Questi cristiani erano persone contro culturali e culturalmente creative che producevano della buona cultura che rifletteva il rispetto della dignità umana, la cura dei poveri, e il timore di Dio.

La cultura secolare odierna è molto influenzata da uno dei primi libri cristiani, La città di Dio. In esso Agostino prende in esame le principali visioni Romane della politica, della filosofia, della teologia e della cultura. Elogia ciò che è buono e che è in accordo con la Scrittura. Per esempio, sottolinea che la triplice filosofia di Platone rispecchia la verità divina. Critica anche la cultura predominante e le espressioni artistiche dei suoi giorni. Sostiene, per esempio, che Roma era perdurata fino allora per volontà di Dio, non per il pantheon Romano. Infine, Agostino illustra il giudizio finale di Dio confrontando la città del mondo con la città celeste. Ciò nonostante, La città di Dio è uno dei pilastri di una cultura occidentale sempre più mondana, perché ha creato le fondamenta sulle quali il nostro modo di vivere è stato costruito.

Abraham Kuyper (1837–1920), uno dei teologi cristiani più influenti, riportò alla ribalta l’idea che dovremmo redimere la cultura e produrre cultura. Kuyper fu influenzato molto da Calvino, in particolare dalla sua enfasi sulla sovranità di Gesù su tutte le cose e dalla sua visione del mondo quale teatro di Dio. Lo fece come pastore, che guidò la sua chiesa e la sua nazione nel ruolo di creatore di cultura. Kuyper insisteva sul fatto che i credenti dovrebbero cercare il bene di quelli che li circondano vivendo i valori propri del cristianesimo in ogni vocazione e sfera della vita. Essere un cristiano non è marginale alla nostra identità, è essenziale.

Kuyper cercò di generare buona cultura scrivendo libri, con l’azione politica e l’istruzione dei cristiani. Nel valutare l’eredità di Kuyper, Bruce Ashford sottolinea come possiamo imitare il suo esempio: Potremmo non trovare un’università: “ma possiamo educare i nostri figli affinché diventino simili a Cristo;”1 potremmo non candidarci mai a presidente, “ma possiamo votare e agire politicamente in modi che onorino Cristo”. Kuyper credeva che la chiesa, specie i pastori, dovrebbe fare da guida nel produrre una cultura positiva, convincente, che onora Cristo a beneficio di tutta la società. La Scrittura ci dice che Dio ha ordinato agli esseri umani di esercitare dominio su tutta la creazione (Gen. 1:26). Gli esseri umani sono lo specchio del loro Creatore, che fece ordine dal caos (Gen. 1:2). Per Kuyper, questo mandato ha bisogno di un’istruzione che rispecchi una visione del mondo cristiana e di un’azione politica fondata sull’etica biblica. Molti cristiani in occidente hanno ignorato questo mandato.

Gli evangelici nell’occidente hanno sostanzialmente fallito nel confrontarsi con la cultura, nel riformarla e nel crearla. Francis Schaeffer predisse che le conseguenze della nostra incuria sarebbero state disastrose. Egli avvertì che la ricerca della pace e della prosperità personale, senza il freno dell’amore cristiano per Dio e per il prossimo, avrebbe avuto come conseguenza crisi economiche, aumento della violenza, attacchi terroristici, minacce alle risorse naturali e all’ambiente, e infine l’insistenza che  tutti devono sottostare ai valori morali della cultura dominante.2 La chiesa è rimasta dentro i bunker per troppo tempo. Non dobbiamo supporre che la chiesa sarà in qualche modo preservata dalle conseguenze di un crollo o di una riforma della cultura.

I cristiani che nel corso della storia hanno influenzato di più la cultura erano pastori: Agostino, Giovanni Calvino, Martin Lutero, Abraham Kuyper e Francis Schaeffer (per fare solo alcuni nomi). I pastori sono fondamentali per fare passi in avanti nel redimere e produrre cultura. E’ necessario capire la cultura che ci circonda, impegnarsi per rinnovarla, e stimolare quelli che ci sono stati affidati affinché creino cultura.

I pastori devono essere degli esegeti culturali

E’ nostro dovere comprendere la cultura e i suoi valori. Mi sorprende vedere quanto facilmente attribuiamo questa responsabilità ai missionari, mentre la trascuriamo nel ministero di un pastore. I missionari sono addestrati per conoscere a fondo la società nella quale servono, e ci si aspetta che continuino a migliorare questa conoscenza. Inviamo missionari sapendo che dedicheranno molto del loro tempo a imparare una lingua e una cultura straniera. Quest’onere spetta anche ai pastori. Per molti versi, la cultura nella quale vivono i cristiani oggi è al tempo stesso familiare ed estranea. Come Agostino, noi pastori dobbiamo studiare, spiegare, e reagire alla cultura prevalente per elaborare una visione che la riformi.

I pastori devono essere creatori di cultura

Un secolo fa, i pastori erano apprezzati scrittori, artisti, ed esperti della società. Quando la gente cercava di capire una particolare filosofia politica o il messaggio che sta dietro una specifica opera d’arte, sapeva di potersi rivolgere ai loro pastori. I pastori fornivano l’esegesi della cultura e guidavano intenzionalmente nel produrre cultura. Oggi, siamo sempre di più denigrati da caricature che ci fanno sembrare tutti (credenti e pastori in particolare) gli equivalenti moderni di Boss Hogg di Hazzard (serie televisiva anni ’80, N.d.T.). Cambia questa percezione cambiando le tue azioni. Leggi molto e attentamente, scrivi con chiarezza, e parla con l’autorità di una persona ben informata sulle questioni attinenti alla cultura.

I pastori devono essere visionari culturali

Presenta una visione persuasiva alla tua congregazione, esponendo la necessità che i cristiani producano arte cristiana. Incoraggia i membri della tua chiesa a utilizzare i talenti che Dio ha dato loro per produrre una cultura (pittura, fotografia, musica, scrittura e social media) che rifletta una visione del mondo biblica. Per decenni, la chiesa non ha incoraggiato l’espressione artistica. Di conseguenza, molte delle espressioni artistiche della nostra società riflettono una visione del mondo non biblica. Questo non vuol dire che dobbiamo dipingere solo quadri con storie della Bibbia, o che produciamo pellicole cinematografiche strappalacrime per portare alla fede in Gesù. Piuttosto, dobbiamo produrre arte di qualità perché la nostra visione del mondo biblica ci permette di celebrare la bellezza in maniera unica. Possiamo inoltre dimostrare la nostra capacità di realizzare espressioni artistiche significative e edificanti basandoci sul fatto che siamo creati all’immagine di un Dio artistico. Poiché portiamo l’immagine di Dio, abbiamo il desiderio naturale di rispecchiare (in modo limitato) la sua maestria.

Prima di fondare

Prima di metterti a fondare una chiesa, devi rifiutare l’idea di un cristianesimo da bunker e metterti in prima linea nel coinvolgimento culturale. Le chiese da fondare non possono essere rifugi sicuri dal mondo che ci circonda nei quali ci isoliamo dalla creazione caduta. Dobbiamo invece considerare le chiese da fondare come avamposti di un regno che sta per venire, che hanno lo scopo di stabilire, in misura sempre più crescente, la cultura del regno di Cristo. Non ci nascondiamo dal mondo perché stiamo annunciando la vittoria e la venuta di un Re migliore e di un regno migliore. Le chiese vivono questa realtà redimendo la cultura decaduta e creando buona cultura. Quando il tuo nucleo di base s’incontra, elabora una visione per creare una cultura in grado di rispecchiare il regno e benedire il mondo che ti circonda. 

Dopo aver fondato

Hai fondato una chiesa da poco e hai capito che non stai costruendo cultura, stai costruendo dei bunker. Che cosa fare adesso? Per prima cosa, sfrutta le risorse che ti aiuteranno a comprendere meglio l’approccio cristiano per redimere e creare cultura: i libri di Bruce Ashford Every Square Inch, di Walter Strickland e Benjamin Quinn Every Waking Moment, e Every Good Thing di David Jones. Secondo, elabora una visione di quello che la tua città potrebbe diventare se una cultura del regno cominciasse a invadere le scuole, le attività sportive ricreative, l’amministrazione locale, il commercio e gli eventi sociali della comunità. Terzo, spingi la tua chiesa un po’ alla volta a essere un popolo nella città per la città. Puoi compiere quest’ultimo passo celebrando, negli incontri di adorazione, i modi nei quali il vangelo sta trasformando la cultura della tua città, redimendo la cultura decaduta o producendo una cultura del regno tramite la tua gente.

I cristiani, le chiese e i pastori non devono diffondere imitazioni a buon mercato di sotto culture. Apparteniamo a un regno migliore, con una cultura migliore, sotto un Re migliore. Che possiamo vivere in questo modo mentre fondiamo avamposti del suo regno.


1 Bruce Riley Ashford, Every Square Inch: An Introduction to Cultural Engagement for Christians (Bellingham, WA: Lexham Press, 2015), 53.

2 Francis A. Schaeffer, How Should We Then Live?: The Rise and Decline of Western Thought and Culture (Wheaton, IL: Crossway, 2005), 245–52

Dayton Hartman è pastore guida nella chiesa Redeemer Church a Rocky Mount (Carolina del Nord). E’ professore aggiunto di Storia della Chiesa nel Seminario Teologico Southeastern Baptist. Ha frequentato la Liberty University, dove ha ottenuto una laurea specialistica in Apologetica Globale, e ha un dottorato di ricerca in Storia della Chiesa e del Dogma dalla North-West University.

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