L’unico finale che soddisfa: Perché le belle storie lasciano sempre l’amaro in bocca

La fine è arrivata. L’ultimo capitolo è stato scritto. Il tassello mancante è stato collocato. Una saga lunga decenni è giunta alla conclusione. Siamo arrivati alle battute finali (Endgame).

Partendo nel 2008 con Iron Man, la serie si è evoluta, film dopo film, fino ad arrivare a questo punto: una squadra ridotta di supereroi, per i quali abbiamo fatto il tifo e con cui abbiamo riso per anni, ora combatte contro Thanos, un nemico che appare indomabile. I ventidue film e le anteprime dopo i titoli di coda ci hanno fatto girovagare nel suo universo fino alla resa dei conti finale.

Il nostro apprezzamento di ogni singolo film è stato indubbiamente diverso, e alcuni di noi potrebbero non essere altrettanto ottimisti sui prossimi dieci anni dei film Marvel. Resta il fatto che questa serie di film di supereroi, analogamente ad altre saghe come Harry Potter e il Signore degli Anelli, è cresciuta con noi. La nostalgia che proviamo per questi film è un segno degli anni che passano. Forse siamo andati a vederli nei primi appuntamenti con la persona che poi abbiamo sposato; forse abbiamo portato i nostri figli al cinema per il loro compleanno per guardarli con loro; forse li abbiamo visti in compagnia di un familiare che non è più con noi.

Tutto questo rende l’anticipazione di uno dei temi dell’ultima pellicola, il sacrificio, un po’ inquietante. Prima dell’uscita del film, il tema è trapelato dagli attori in scadenza di contratto e dallo slogan del trailer “Ad ogni costo”. Come in ogni guerra, non tutti resteranno in vita. E come accade con tutte le storie più belle, l’attesa è che non tutti sopravvivono fino alla fine. Alcuni devono perire all’ombra affinché altri vedano sorgere il sole. E qualora il finale fosse “vissero per sempre felici e contenti” sarà segnato con un asterisco. La serie, inevitabilmente, finirà con l’armonia di una nota alta e di una corrispondente nota bassa. La pace non sarà ottenuta a buon mercato. Molto probabilmente, per almeno uno di questi guerrieri costerà tutto.

Perché le storie migliori lasciano l’amaro in bocca

Il tema del sacrificio di sé ci tocca profondamente. Dare la propria vita affinché un’altra sbocci è un’esperienza bella ma spiacevole. L’orrore della morte, con la fragranza dell’amore supremo: “Nessuno ha amore più grande di quello di dare la sua vita per i suoi amici” (Giovanni 15:13). Nell’ultimo atto della saga che ha fatto registrare il record d’incassi, la pace sarà conquistata attraverso la forma suprema di amore: il sacrificio.

Questa è una cosa che suscita davvero meraviglia (in inglese, marvel). Che il finale del film preveda un sacrificio o meno, perché questo richiamo che tanto fa riflettere è un ingrediente costante delle storie migliori, quelle che ci tengono in sospeso con una sceneggiatura che sembra nata fuori da Hollywood?

I cristiani sanno che gli elementi del bene e del male, del sacrificio e del valore, della protezione e del tradimento rappresentano tutti la Storia con la “S” maiuscola all’interno della quale ci troviamo. Le nostre opere migliori riecheggiano le Sue. Prendiamo in prestito, per quanto inconsapevolmente, da un Autore eterno. E la sua Storia racconta della Deità stessa che viene da una terra lontana per combattere contro il male, per morire per i suoi, e per pagare il prezzo più alto per il suo popolo. La storia della storia dell’uomo è di una gloria tale che, quando andiamo al cinema per godere le storie migliori che gli uomini hanno da raccontare, dobbiamo chinarci, e non elevarci, dalla nostra realtà presente.

Nel prepararmi per assistere alla conclusione della saga Marvel— o per qualunque spettacolo molto atteso — cerco di ricordare a me stesso la Storia nella quale mi trovo, così quando ascolto l’eco delle note della sua suprema musica, posso risalire all’Origine.

Il finale di Dio 

Stasera andrò al cinema per assistere all’ultima proiezione serale di Endgame, e ci andrò ricordando che questa è solo un’ombra della sua Storia. Non ci vado per fuggire da una realtà noiosa alla ricerca di una migliore di quella che sto vivendo, ma per essere nuovamente risvegliato alla realtà dell’universo migliore in cui già vivo. Le grandi realtà rappresentate in Endgame (qualunque sia il loro livello di sacrificio e trionfo) possono essermi utili a ricordare che la morte di Dio sulla croce duemila anni fa continua a essere ineguagliabile.

Ineguagliabile in bontà

Colui che è venuto per essere il nostro eroe era colui che in principio ha creato ogni cosa. Colui che “è diventato carne e ha abitato per un tempo fra di noi” (Giovanni 1:14) era colui di cui è scritto: “Ogni cosa è stata fatta per mezzo di lei; e senza di lei neppure una delle cose fatte è stata fatta” (Giovanni 1:3). Tutte le cose sono state create per lui, le visibili e le invisibili: “Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui” (Colossesi 1:16).

Egli, diversamente da ogni personaggio dell’universo Marvel, è Dio con la “D” maiuscola. Thanos vive per mezzo della sua parola (Colossesi 1:17). La pazzia di Dio è più saggia degli uomini; la sua debolezza è più forte degli uomini (1 Corinzi 1:25). Le sue scene di combattimento non prevedono controfigure. La sua saggezza non ha bisogno di sceneggiatori. La sua gloria non ha bisogno di effetti speciali. Il bambino nella mangiatoia cullava il mondo con la potenza della sua parola. “A chi dunque mi vorreste assomigliare, a chi sarei io uguale?” dice il Santo (Isaia 40:25). La realtà è che Dio non ha uguali.

Ineguagliabile in sacrificio

L’agonia e l’infamia dell’uomo-Dio non possono essere replicate.

La sua tortura fisica, se trasposta sul grande schermo, andrebbe vietata ai minori di 13 anni (il film di Mel Gibson La passione di Cristo era stato opportunamente vietato ai minori di 18 anni). “Tanto disfatto era il suo sembiante al punto da non sembrare più un uomo, e il suo aspetto al punto da non sembrare più un figlio d’uomo” (Isaia 52:14). I Romani lo flagellarono a tal punto che a malapena poteva essere considerato un uomo e non una maschera di sangue.

E dovette affrontare molto più di questo perché aveva di fronte nemici ben peggiori di Thanos. La giusta ira di colui che lo ha “stroncato” (Isaia 53:10) trafisse più che le sue mani e i suoi piedi, frustò più della sua schiena: I suoi colpi raggiunsero l’anima. Il Figlio espose volontariamente la sua anima alla morte; egli fu sfigurato sia nel corpo sia nell’anima mentre beveva fino in fondo il calice del nostro giudizio al posto nostro.

Oltretutto, la sua non fu una morte rispettabile. Egli non morì gloriosamente sul campo di battaglia sul suo cavallo bianco né andò incontro alla sua fine fiondandosi valorosamente in un edificio in fiamme. Egli morì come un criminale. Lo spogliarono e lo fecero sfilare dalla città fino a quel cumulo di rifiuti chiamato Golgota. La sua fu una morte infame e maledetta tra due ladroni. Nessuno spettatore applaudì il suo eroismo. Nessuno combatté al suo fianco. Era appeso al legno da solo, portando su di sé la giusta ira del Padre contro il peccato. Nessun eroe è mai morto in modo così ignobile.

Ineguagliabile in amore

Sappiamo poco su chi questi Avengers proteggono. Diamo per scontato che la popolazione della terra sia composta da persone innocenti invase da forze malvagie esterne. Diamo un volto buono alle moltitudini anonime protette da Capitan America, Thor, Iron Man e dal resto della banda. Ma Gesù non morì per brave persone che pensano agli affari loro, ma per piccoli criminali i cui cuori concepivano soltanto disegni malvagi in ogni tempo (Genesi 6:5). Ci piaceva infilarci nelle fessure. Noi abitanti di questa terra blu, e non i semi-dèi invasori blu, siamo diventati la rovina della creazione. Gli Avengers muoiono per un’umanità buona; Dio muore per i suoi nemici. 

Infatti, mentre noi eravamo ancora senza forza, Cristo, a suo tempo, è morto per gli empi. Difficilmente uno morirebbe per un giusto; ma forse per una persona buona qualcuno avrebbe il coraggio di morire; Dio invece mostra la grandezza del proprio amore per noi in questo: che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi. (Romani 5:6-8)

Gesù non è morto involontariamente. Nessuno è prevalso su di lui, nessuno ha avuto la meglio su di lui o lo ha sopraffatto contro la sua volontà. La sua morte non è stata forzata. L’uomo non ha invaso il cielo e lo ha portato giù. Egli depose la sua spada e trattenne le sue legioni. “Io depongo la mia vita per riprenderla poi. Nessuno me la toglie, ma io la depongo da me. Ho il potere di deporla e ho il potere di riprenderla” (Giovanni 10:17-18). Egli diede la sua vita come prezzo di riscatto per molti. Questo eroe ha manifestato l’amore supremo.

Ineguagliabile in vittoria

La sua morte è incomparabile in ciò che essa ha conquistato. Per prima cosa, la sua morte ha sconfitto la morte stessa. La tomba, quel mostro ripugnante con la bocca spalancata, ha divorato tutti gli uomini perché tutti hanno peccato dopo il loro padre Adamo (Romani 5:12). Ma con il suo sacrificio, egli ha acquistato qualcosa di valore inestimabile e altrimenti irraggiungibile per la razza umana: la grazia. Il dono gratuito della sua misericordia per il suo popolo trionfa sulla tomba.

Secondo, il suo sangue non ci ha liberato dall’ingiusta tirannia di un superpotere; semmai ha evitato che ricevessimo la giusta ricompensa per le nostre opere. La sua morte ci ha salvato dall’ira di Dio (Romani 5:9). In senso positivo, la sua salvezza non ci ha dato qualche anno in più da vivere sulla terra: essa ci ha assegnato un posto nei nuovi cieli e nella nuova terra, per sempre.

Oltre ad averci risparmiato l’inferno e averci portato in cielo, “Cristo ha sofferto una volta per i peccati, lui giusto per gli ingiusti, per condurci a Dio” (1 Pietro 3:18). Egli ha trasformato i suoi ex nemici in figli amati, e ci ha riportato alla comunione con Dio, per la quale eravamo stati creati. Lui stesso, non l’assenza di dolore o le strade d’oro, è diventato il nostro grande tesoro, per sempre.

Pensiamo agli angeli si sporgono dal cielo, bramando di osservare ciò che si è realizzato, e che continua a realizzarsi, qui (1 Pietro 1:12). Dopo l’epilogo della scena della sua morte per i peccatori, le legioni angeliche non hanno smesso di prorompere in lode eterna, che continuerà a incantare i suoi redenti per sempre. Nessun titolo di coda è necessario. Nessun nuovo eroe da adorare. Degno è l’Agnello che è stato immolato di ricevere la gloria, l’onore e la lode.

L’invidia degli dèi

Il cristiano sa che tutte le storie più belle non sono una fuga dalla realtà, ma un approfondimento della realtà. Come ha magnificamente scritto Chesterton sulle fiabe:

Le fiabe dicono che le mele erano d’oro solo per risvegliare il momento dimenticato in cui abbiamo scoperto che erano verdi. Nei fiumi scorre vino solo per farci ricordare, per un meraviglioso istante, che in essi scorre l’acqua. (Ortodossia, 32)

Noi viviamo nella storia più grande. L’epopea di Dio si dipana intorno a noi. Se i personaggi della Marvel fossero così gloriosi da esistere realmente, sarebbero loro a invidiare noi e la nostra Storia, non noi la loro. E’ giusto lasciare che le belle storie risveglino il momento dimenticato in cui abbiamo scoperto di vivere l’epopea del cosmo. Facciamo un viaggio in un altro universo per vedere dèi ed eroi sacrificarsi per le vite degli uomini per ricordare, per un meraviglioso istante, che Gesù è morto e risorto per salvare il suo popolo per l’eternità. Sì, la nostra Storia è l’invidia degli dèi.


Greg Morse scrive per desiringGod.org e si è laureato al Bethlehem College & Seminary. Lui e sua moglie, Abigail, vivono a St. Paul (Minnesota).

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