L’obbedienza ti renderà miserabile

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La vecchia bugia che Satana ama raccontare 

Ci sono almeno due modi per compiacere il diavolo quando si parla della ricerca della santità. Il primo modo, naturalmente, è cercare di eludere completamente la santità: fuggire, come fece il figlio prodigo, al paese lontano che è questo mondo, lontano dalla casa del Padre (Luca 15:11-13). Il secondo modo, forse ancora più insidioso del primo, è ricercare la santità (o quello che pensiamo che essa sia) e tuttavia non essere felici di farlo.

Potremmo chiamare questo secondo modo il cristianesimo del fratello maggiore. Come il fratello maggiore nella parabola di Gesù, queste persone seguono le regole del Padre sospirando (Luca 15:29). La loro santità consiste in labbra serrate e sguardo serioso. “Questo è il costo di essere giusti” ricordano a se stessi. “Si deve rinunciare al piacere nel cammino verso il cielo. La santità, non la felicità, è il vero bene”.

“Quale virtù!” qualcuno potrebbe dire. “Quale rettitudine! Quale rinuncia a sé!”

Quale farsa. I fratelli maggiori, malgrado tutta la loro purezza esteriore, sono ancora vittime della vecchia bugia del serpente. Sono stati ingannati, insieme ai nostri progenitori, per vivere in un mondo creato dal diavolo: un mondo in cui il nostro Padre ha il broncio, in cui in cielo la risata è assente, e in cui la santità è fondamentalmente un sacrificio. Fino a quando viviamo in un mondo simile, non prendiamo parte al banchetto che il Padre ha preparato (Luca 15:22-28).

Se vogliamo sbarazzarci degli istinti del fratello maggiore, e ricercare la santità in un modo che disonora il diavolo, sarà bene ritornare al giardino e ascoltare di nuovo quella prima bugia.

Il canto delle stelle del mattino 

Quando il serpente si avvicinò ad Adamo ed Eva nel giardino, egli sapeva che soltanto una bugia poteva mettere il frutto proibito nelle loro mani. Soltanto una bugia poteva in qualche modo convincerli che erano gli schiavi di un Dio avaro. Soltanto una bugia poteva servire allo scopo perché la realtà, come sempre, non era dalla parte di Satana.

Perché quando Dio all’inizio chiamò all’esistenza gli oceani, e accese le stelle come candele, e riempì i campi delle montagne di fiori selvatici, nessun lamento si udiva in tutto il cielo e in tutta la terra. Anzi, tutta la creazione lodava il glorioso Creatore. Dagli eccelsi palchi del cielo, le stelle del mattino elevavano il loro canto, i figli di Dio alzavano grida di gioia e la Saggezza si dilettava nell’opera di Dio (Giobbe 38:7; Proverbi 8:30-31).

Da “Sia luce!” in poi, i cieli hanno dichiarato la sua gloria (Salmo 19:1). E come ascolteremo ciò che essi annunciano? Come un espirare svogliato? Come una lezione monotona? Come una recita distratta? No, come il tono stesso del diletto: “Tu fai sgorgare canti di gioia dall'oriente all'occidente” (Salmo 65:8).

Adamo ed Eva, dopo aver ascoltato la melodia della creazione, non potevano fare a meno di unirsi al canto. Mentre contemplavano l’opera di Dio, avevano fiducia nella bontà del loro Padre. Ammiravano la bellezza del loro Creatore. Godevano la comunione del loro Amico. Obbedivano al consiglio del loro Re. Non avevano una felicità superiore.

La vita nel mondo del serpente

No, il diavolo sapeva che Adamo ed Eva non avrebbero mai mangiato il frutto finchè adoravano il Dio glorioso nel suo mondo meraviglioso. Che cosa fece allora?

Egli invitò la coppia a immaginare un mondo diverso e un dio diverso. Egli chiuse i loro occhi a tramonti e tulipani, ostruì le loro orecchie al cinguettio dei pettirossi, e rese insensibile la loro pelle alle brezze primaverili. In breve, egli ridusse la creazione alle dimensioni di una mela, e diede loro occhi soltanto per l’unico “No” dell’Eden. Nel mondo del serpente, le stelle del mattino intonano un canto funebre, gli eserciti celesti mormoravano e la creazione geme e basta sotto la dittatura del Sovrano Onnipotente.

In un mondo del genere, Adamo ed Eva avevano soltanto due opzioni. Essi potevano, come il figlio prodigo, disobbedire al loro Dio e fuggire dal giardino del Padre loro. Oppure potevano, come il figlio maggiore, sacrificare il loro piacere sul nobile altare dell’obbedienza. “O vi ribellate e sarete felici, o obbedite e sarete miserabili”. Questa era l'offerta del serpente (Genesi 3:4-5).

Adamo ed Eva presero il frutto e fuggirono nel paese lontano. Molti oggi fanno la stessa cosa. Molti altri, tuttavia, rifiutano il frutto; ma solo secondo i termini del serpente. Come fratelli maggiori, intendiamo osservare le regole del Padre, ma lo facciamo non perché le sue regole soddisfano il nostro cuore, ma soltanto perché sono giuste; non perché la santità è gloriosa, ma solo perché è obbediente; non perché la comunione con Dio è felicitante (come Jonathan Edwards era solito dire), ma solo perché egli ci dice di fare così.

Quale fratello dei due diventiamo ha poca importanza per il diavolo. Finché viviamo nel suo mondo in cui i doni scarseggiano e Dio è avaro, egli è felice sia che ci ribelliamo sia che “obbediamo”. Fintanto che cessiamo di ascoltare e intonare il canto di lode della creazione, il serpente è soddisfatto.

Più a fondo della rinuncia a sé

Se il primo peccato dell’umanità nacque quando abbiamo creduto alla bugia del serpente, allora il nostro ravvedimento deve andare più a fondo dell’osservanza delle regole o della rinuncia a sé. Dopotutto, alcuni dei più mirabili osservatori delle regole che questo mondo conosca sono ancora inquilini del mondo del serpente. No, il nostro ravvedimento richiede di più: dobbiamo liberarci interamente dal suo incantesimo, e tornare al vero Dio nel mondo reale.

Dobbiamo rivolgere di nuovo le nostre orecchie verso l’alto per ascoltare i cieli cantare: “Gloria!” Dobbiamo sentire di nuovo che il cielo e la terra, sebbene ora decaduti, pulsano ancora con il piacere di Dio (Salmo 104:31). Dobbiamo guadare di nuovo questo incantevole ruscello chiamato creazione, ricordando che Dio stesso è la fonte (Giacomo 1:17). In altre parole, dobbiamo lasciarci alle spalle l’antica bugia e credere di nuovo che Dio ci ha creati per essere felici in lui.

Non appena proviamo e vediamo quanto il Signore è buono (Salmo 34:8), e che egli stesso è la nostra “esultanza” (Salmo 43:4), ogni aspetto della nostra ricerca della santità cambierà. Di certo rinunceremo ancora a noi stessi, praticheremo l’obbedienza e metteremo a morte il nostro peccato. Ma non oseremo pensare per un solo momento che stiamo scambiando la felicità per la santità.

Venderemo il nostro peccato perché abbiamo scoperto il tesoro nascosto nel campo (Matteo 13:44). Abbandoneremo le concupiscenze della nostra carne perché, come Gesù ha promesso, “chi avrà perduto la sua vita per amor mio, la troverà” (Matteo 16:25). E anche quando dovremo sacrificare qualcosa di prezioso per seguire Cristo, avremo la fiducia che riceveremo “in questo tempo, cento volte tanto . . . e, nel secolo a venire, la vita eterna” (Marco 10:30).

Lo Spirito Santo ci insegna non solo ad obbedire a Dio, ma a godere di lui; anzi, ad obbedire a lui godendo di lui. Egli ci insegna non solo a resistere alle tentazioni del diavolo, ma come disse Martin Lutero, a farci beffe del nostro avversario. Egli ci insegna non solo a meravigliarci per la misericordia di Cristo, ma a tirare un gran sospiro di sollievo, stupiti del fatto che la gioia è sempre stata così a portata di mano per tutto questo tempo. La disciplina non sconfigge il diavolo: la felicità lo fa.

Unisciti al banchetto del Padre

Da dove ci troviamo adesso, possiamo certamente guardare a qualcosa di più della creazione per vedere la felicità di Dio e accrescere la nostra felicità in lui. Abbiamo visto meraviglie che le stelle del mattino non avrebbero mai potuto immaginare.

Abbiamo visto un Dio talmente felice da poter resistere sotto il peso dei dolori dell’umanità senza esserne schiacciato (Isaia 53:3). Un Dio che ha riconosciuto la gioia posta dinanzi a lui in modo così chiaro da poter sopportare l’infamia più cupa (Ebrei 12:2). Un Dio che corre incontro al suo figlio prodigo, troppo felice per badare alla sua dignità (Luca 15:20). Un Dio che ancora oggi offre la sua gioia ad ogni fratello maggiore che esce dal suo isolamento per unirsi alla celebrazione (Luca 15:31-32).

Coraggio, fratello maggiore, metti il tuo orecchio alla porta. Non senti le risate dei santi? Riesci ad udire le lodi degli angeli? Senti il Padre cantare sui suoi figli che sono ritornati?

Qualunque cosa dobbiamo abbandonare per entrare per questa porta, davanti a noi c’è sempre di più di quello che ci lasciamo alle spalle. Quindi, vai avanti: Voltati di nuovo verso quel serpente che si nasconde nell’oscurità, e fatti beffe del suo capo schiacciato. E poi spalanca la porta, e unisciti alla festa del Padre tuo.


Scott Hubbard si è laureato al Bethlehem College & Seminary ed è redattore di desiringGod.org. Vive a Minneapolis con sua moglie Bethany e il loro figlio.

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