La solitudine della diversità

Essere diversi spesso porta alla solitudine più profonda. Questo è vero specialmente quando la diversità di una persona offende la sensibilità degli altri. Per alcuni, la diversità è dovuta a una malattia. Altri sono nati con una deformità o sono rimasti sfigurati in un incidente. Per molti di loro, non ci sarà alcun rimedio in questa vita. Dov’è Dio in questo?

Anche se non possiamo conoscere tutti i suoi propositi in questi casi, la sua Parola ne rivela alcuni, e per mezzo di una donna sofferente nel Vangelo di Marco ci viene mostrato il suo proposito principale. La storia di questa donna si trova in Marco 5:25-34. La donna aveva una malattia ginecologica che la affliggeva da 12 lunghi anni. Aveva cercato ogni aiuto possibile da parte dei medici, ma senza alcun risultato. Le sue condizioni erano peggiorate, e la sua sofferenza era aumentata.

Forse la cosa peggiore di tutte le altre era il disagio sociale. La sua malattia le provocava un interminabile flusso di sangue, che a quel tempo la rendeva inadatta alla normale vita sociale. Gli altri la consideravano impura, e la legge le comandava di riconoscersi tale. Per aggiungere al danno la beffa, secondo la legge anche chi aveva contatti con lei era reso impuro (Levitico 15:25-28; Numeri 5:2).

La sua condizione non favoriva sicuramente una vita sociale attiva. Di fatto, essenzialmente le impedì di avere qualunque tipo di vita sociale per oltre un decennio. Senza dubbio questo era uno degli aspetti peggiori della sua malattia.

La benedizione della disperazione

Nonostante l’isolamento in cui viveva, venne a sapere di Gesù, un uomo che a quanto si diceva poteva guarire le malattie semplicemente con una parola e un tocco. Così un giorno si infilò tra la folla che lo stava attendendo. Disperata e senza altra scelta, raccolse il coraggio di allungare la mano e toccarlo mentre egli passava di lì, sperando che nessuno—men che meno Gesù—lo avrebbe notato.

“Se riesco a toccare almeno le sue vesti, sarò salva”, disse (Marco 5:28). A volte la disperazione è la porta attraverso la quale entra la fede. “In quell'istante la sua emorragia ristagnò; ed ella sentì nel suo corpo di essere guarita da quella malattia” (v. 29).

Gesù era conscio che una potenza di guarigione era uscita da lui, così si fermò e chiese: “Chi mi ha toccato le vesti?” (v. 30). Non lo sapeva? Molto probabilmente egli lo sapeva, ma voleva che la donna si facesse avanti. Egli stava lanciando un invito e preparando non solo la donna ma anche l’intera folla a imparare qualcosa sulla fede.

Spaventata fino al punto di gettarsi ai suoi piedi, nonostante tutto si fece avanti. Dopotutto, se un semplice tocco della sua veste l’aveva guarita, certamente avvicinarsi a lui sarebbe stato sicuro! Così lei gli disse chi era e raccontò la sua storia.

Quando Gesù sentì ciò che era successo, egli disse: “Figliola, la tua fede ti ha salvata; va' in pace e sii guarita dal tuo male” (v. 34). Questa è l’ultima cosa che leggiamo su di lei, ma considerate le usanze Ebraiche dell’epoca, possiamo tranquillamente immaginare che in seguito lei compì i riti di purificazione richiesti e che poi fu ristabilita nella piena comunione all’interno della sua comunità.

Era stata guarita. Era stata purificata. Era stata ristabilita.

Io credo a questo, potresti pensare, ma le cose non vanno così per la maggioranza delle persone che soffrono. Quindi, in che modo questa storia mi mostra dov’è Dio nelle cose che mi isolano? Ma in realtà, le cose vanno così. Questo è esattamente ciò che Dio fa per tutti coloro che vanno a lui con fede: egli guarisce, purifica e ristabilisce.

Guariti, purificati e ristabiliti

Il nostro problema non è l’incapacità di Dio di guarire, è la nostra aspettativa di come la guarigione dovrebbe essere. Spesso egli non dona la guarigione fisica, anche se egli potrebbe. Ma provvede sempre la guarigione spirituale.

Ed è precisamente a questo punto che impariamo lo scopo principale di Dio nel permettere che la donna nel Vangelo di Marco fosse afflitta da quella malattia. Egli voleva guarirla dal peccato e dalla separazione eterna da Dio, e usò la sua malattia e l’isolamento sociale che ne conseguiva per realizzare la guarigione.

La guarigione fisica che lei ricevette fu temporanea, solo per questa vita, ma la sua guarigione spirituale le fu data per l’eternità. Il flusso di sangue cessò, eliminando la vergogna di essere socialmente impura, ma anche questa era una cosa temporanea, perché in quei giorni prima della morte e della risurrezione di Cristo, la purificazione rituale era una necessità continua per il popolo di Dio. Ecco perché la guarigione che lei ricevette da Gesù indica qualcosa di molto più grande, cioè la purificazione che viene dall’essere lavati dal suo sangue (Tito 3:4-7).

Il quadro generale della guarigione spirituale per l’eternità tende a sfuggirci perché desideriamo ardentemente il quadro più piccolo—il sollievo immediato dalla sofferenza. E se invece i propositi del quadro generale di Dio saranno meglio realizzati senza eliminare la cosa odiata che tende a isolarci dagli altri? La nostra risposta rivela quale dei due quadri desideriamo di più.

“Voglio entrambe le cose”, diciamo. “Perché deve essere o l’una o l’altra?”

È qui che rimaniamo bloccati, e siccome siamo bloccati, concentriamo tutte le nostre energie per trovare una soluzione che ci renda normali e ci faccia uscire dalla solitudine causata dalla diversità. Ma quando nessun rimedio funziona, alla nostra solitudine si aggiungono frustrazione e scoraggiamento.

Esiste solo una via d’uscita da questo stallo, ma una via d’uscita c’è, come ci dimostra la donna nel Vangelo di Marco. È avvicinarsi a Gesù. Egli è l’unico che può darci ciò che desideriamo veramente. Egli può certamente cambiare le nostre circostanze se vuole. E potrebbe farlo.

Ma anche se non dovesse farlo, egli non ci lascerà soli a noi stessi. Egli ci darà se stesso, e se siamo disposti a permettergli di agire come egli vuole con noi e con i nostri problemi, scopriremo che egli è esattamente chi dice di essere: Colui che riempie ciò che manca. Egli vuole che lo conosciamo così, e a volte lasciarci dove non vogliamo stare è l’unico modo in cui possiamo conoscerlo così. Come qualcuno ha detto bene, a volte non sappiamo che Dio è tutto ciò di cui abbiamo bisogno finché Dio non è tutto ciò che abbiamo.


Lydia Brownback (MAR, Westminster Theological Seminary) è autrice di diversi libri e oratrice in conferenze per donne in tutto il mondo. Tra i suoi libri ricordiamo Finding God in My Loneliness, Sing a New Song, e la serie Flourish Bible Study. Lydia è membro della Christ Presbyterian Church (PCA) a Roselle, Illinois.

Il presente articolo è un’opera di elaborazione di traduzione di IMPATTO ITALIA. Il suo utilizzo totale o parziale è proibito in ogni forma previa richiesta e autorizzazione di Impatto Italia (impattoitalia@gmail.com). Il contenuto del presente articolo non è alterabile o vendibile in alcun forma.

L’uso del presente articolo è autorizzato dall’editore originale ©TGC. La risorsa originale può essere consultata al seguente link: https://www.thegospelcoalition.org/article/loneliness-different/

© IMPATTO ITALIA