La mia confessione: verso un vangelo più equilibrato
Scrivo oggi, il giorno dopo il cinquantesimo anniversario dell’assassinio di Martin Luther King Jr., perché ho una umiliante confessione da fare.
Nonostante tutta la mia passione nel predicare in modo quanto più accurato e fedele il vangelo di Gesù Cristo al meglio delle mie capacità, il vangelo a me tanto caro è stato in realtà un vangelo monco e incompleto.
Se mi conosci, sai che ho dedicato la mia vita e il mio ministero a insegnare, predicare e scrivere sul vangelo. Ho insegnato che il vangelo non si occupa solo del nostro perdono passato e della nostra speranza futura, ma anche di ogni circostanza che affrontiamo oggi. Ho parlato e scritto continuamente sull’“immediatezza” del vangelo – ossia, dei benefici della vita, morte e risurrezione di Gesù qui e ora.
Ho cercato di considerare il vangelo come le lenti attraverso cui vediamo e comprendiamo tutto quello che ci troviamo ad affrontare tra il “già” della nostra conversione al “non ancora” del nostro ritorno a casa. Mi sono inoltre sforzato di aiutare la gente a capire che il vangelo influisce su ogni aspetto della vita quotidiana, sul modo in cui vedono se stessi, sul modo in cui vedono gli altri e si relazionano con loro, su come prendono decisioni, e su come vivono nel luogo dove Dio li ha messi.
Mentre mi prendevo del tempo per esaminare ancora una volta la croce di Gesù Cristo, sono stato messo a confronto con un ambito di cecità personale non indifferente. Sono triste per averci messo così tanto per accorgermene, ma allo stesso tempo sono pieno di gioia perché il mio paziente e fedele Salvatore non mi ha abbandonato, ma ha continuato a operare per aprire i miei occhi, ammorbidire il mio cuore, e dare equilibrio alla mia voce evangelica.
Forse adesso stai pensando: “Paul, fin qui ti seguo, ma non ho la minima idea di ciò di cui stai parlando!”
Lasciate che vi spieghi, iniziando dalla fine per poi mostrarvi che cosa voglio dire.
IL VANGELO DELLA GIUSTIZIA
Per la grazia di Dio, sono giunto alla profonda convinzione che non possiamo celebrare il vangelo della grazia di Dio senza essere anche ambasciatori convinti dal suo vangelo di giustizia.
Sin dal suo primo respiro, Gesù era incamminato verso la croce perché Dio non è disposto a compromettere la sua giustizia per offrire il suo perdono. Sulla croce del perdono, dove ha rivolto persino parole di perdono mentre subiva il supplizio, Dio non avrebbe chiuso gli occhi davanti alle incalcolabili trasgressioni dell’umanità dei suoi santi comandamenti per concederci la grazia del suo perdono e della sua accettazione.
Gesù non disse mai al Padre: “Sai, ho vissuto con queste persone e posso dirti che hanno buone intenzioni, soltanto non sanno chi tu sei, non sanno chi sono loro, e non conoscono il senso della vita. Perché non chiudiamo un occhio davanti a tutta la loro ribellione, egoismo, orgoglio, idolatria e disumanità, e non facciamo come se tutto fosse a posto, e li accogliamo nella nostra famiglia?”
Certamente Dio non avrebbe mai preso parte a una trattativa di questo tipo, perché egli è un Dio perfettamente santo! E se lo avesse fatto, non ci sarebbe stato nessun bisogno del sacrificio di Gesù sulla croce per portare la nostra condanna, darci il perdono e renderci accettati da Dio.
Riflettiamo insieme per un momento. La grazia non è mai permissiva. La grazia non chiama mai bene il male. Se il male non fosse male, non ci sarebbe nessun bisogno della grazia. Il perdono presume sempre qualche offesa alla legge morale.
Non si deve perdonare un bambino per essere immaturo, perché l’immaturità è un periodo normale della crescita e non un peccato. Non si deve perdonare una persona anziana per aver dimenticato qualcosa, perché la smemoratezza è una condizione dell’età anziana e non un peccato. Non devi chiedere perdono per essere debole, perché la debolezza non è un peccato ma un segno della nostra umanità.
Ma quando qualcuno viene da te per confessare un torto nei tuoi confronti, non dovresti rispondergli: “Va tutto bene, non preoccuparti”. Il peccato non va mai bene. La persona ha bisogno che tu le dica: “Ti perdono”, perché comunicare il perdono non compromette i giusti principi di Dio e porterà sollievo alla sua coscienza turbata.
Se non c’è trasgressione dei giusti comandamenti di Dio, non c’è bisogno di perdono. E’ importante capire e ricordare che la croce non esprime solo il perdono di Dio, ma dichiara anche la sua giustizia. Sulla croce di Gesù Cristo, la grazia e la giustizia si baciano. Questo significa che non possiamo celebrare e proclamare il messaggio della grazia di Dio mentre facciamo quello che Dio non farebbe mai, cioè chiudere gli occhi davanti all’ingiustizia che ci circonda. Non possiamo starcene tranquilli a fare l’esegesi della sua misericordia per tutte le persone senza essere sostenitori della sua giustizia per tutte le persone.
MANTENERE IL VANGELO IN EQUILIBRIO
Mediante la grazia e la pazienza di Dio, ora sono convinto che non posso essere una voce per la misericordia senza esserlo per la giustizia. Ahimè, ho predicato la grazia e sono stato in silenzio davanti all’ingiustizia. La croce mi proibisce di chiudere gli occhi davanti ad ogni forma di ingiustizia, sia essa di tipo personale, sociale, governativa, ecclesiastica, sistemica.
Non dovrebbe esserci nessuna comunità più presente, più attiva e più fervente nel sostenere la giustizia della comunità che predica il vangelo della croce di Gesù Cristo. Ma come possiamo difendere la causa di coloro con cui non abbiamo nessuna relazione concreta? Come possiamo fare fronte comune quando abbiamo permesso al colore della pelle, alla sottocultura, agli stili di leadership e di adorazione di separarci? Come possiamo schierarci a favore della giustizia quando abbiamo permesso al pregiudizio di separarci? Come possiamo capire il travaglio di persone che non frequentiamo mai, che non vediamo mai e che non ascoltiamo mai? Come possiamo combattere per la giustizia quando, a causa del pregiudizio, siamo disposti a servire certe persone ma non a sottometterci alla loro leadership, per nessuna ragione apparente se non la razza? Come possiamo difendere la famiglia quando noi stessi siamo una famiglia spirituale spaccata e divisa?
Sapete, il perdono ha un costo elevato, ma anche la giustizia. E’ giusto dire che il perdono di Dio portò Gesù alla croce, ma dobbiamo aggiungere che fu anche la giustizia di Dio a condurlo lì. E’ importante che questo binomio (pagato a caro prezzo da Gesù) sia tenuto insieme e che non sia separato nei nostri cuori e nelle nostre vite quotidiane. Il perdono senza la santa giustizia di Dio non avrebbe senso, e diventa perciò un perdono a buon mercato, non biblico. E la giustizia che non è tinta nel perdono degenera presto in legalismo distruttivo, odio funzionale, e in diverse forme di vendetta.
Permettetemi di darvi un po’ del contesto di come Dio ha aperto i miei occhi e ha convinto il mio cuore. Circa cinque anni fa, io e Luella iniziammo a frequentare la chiesa Epiphany Fellowship di Filadelfia. Epiphany è una congregazione multi-culturale, composta in gran parte da afroamericani. Siamo stati benedetti dal ministero del Dr. Eric Mason e dei giovani neri che egli ha discepolato. Ogni domenica, il vangelo Gesù Cristo rivolta le nostre vite come un calzino.
Ma c’è dell’altro per cui siamo grati. Mentre iniziavamo a conoscere e amare i nostri fratelli e sorelle neri, i nostri occhi sono stati aperti e i nostri cuori sono stati spezzati udendo quello che essi devono costantemente sopportare e che noi invece non dovremo mai sopportare solo a causa del colore della nostra pelle. Un caro giovane fratello mi confessò che aveva paura di me perché era cresciuto con la paura di tutti gli uomini bianchi più anziani. Ho ascoltato parecchie storie di pregiudizi a scuola e nel posto di lavoro, oltre a toccanti storie di eccessi, abusi e umiliazioni da parte della polizia.
Non ho nessun ruolo a Epiphany, né esercito alcuna autorità. Andiamo lì per immergerci nel vangelo e per servire come possiamo, ma siamo davvero molto grati che Dio, nella sua pazienza, ci abbia portati a Epiphany per aprire i nostri occhi, per convincere e arricchire i nostri cuori, e per motivarci a vivere il vangelo in modi a noi in precedenza sconosciuti.
La scorsa settimana mi sono sentito spinto a scrivere questa confessione perché sono sicuro di non essere da solo. La segregazione razziale non si trova solo nei nostri quartieri e nelle nostre scuole, ma anche nelle nostre chiese. Non si tratta solo di essere venuti meno nel parlare e nell’agire. Siamo venuti meno nel parlare e nell’agire perché siamo stati incapaci di amarci gli uni gli altri con lo stesso tipo di amore che si sacrifica che Dio ha riversato su di noi. Siamo rimasti in silenzio mentre altri erano trattati in modi in cui noi non avremmo mai voluto essere trattati e hanno sopportato quello che noi non saremmo mai stati disposti a sopportare. Ci piace parlare del sacrificio di Cristo per noi senza però essere disposti a sacrificarci seriamente per quelli che sono diversi da noi.
Verrà il giorno in cui la giustizia perfetta di Dio finalmente scenderà dal cielo e ogni forma di ingiustizia sarà ammucchiata nelle ceneri della sua misericordia. Ma quel giorno non è ancora arrivato. E così, fino a quel giorno, siamo stati scelti per essere suoi ambasciatori, non solo del suo perdono, ma in ugual modo della giustizia che egli non è stato disposto a compromettere per donarci la sua grazia.
Questo è il piano di Dio per i suoi figli ambasciatori: Tra il “già” e il “non ancora” Dio rende visibile la sua giustizia invisibile mandando persone che amano la giustizia per sostenere la giustizia in favore di persone hanno bisogno di giustizia, allo stesso modo in cui egli rende visibile la sua grazia invisibile mandando persone che hanno ricevuto grazia per offrire la grazia a persone che hanno bisogno della grazia.
Sono addolorato per essere stato un ambasciatore fervente e attivo dell’una ma non dell’altra. Nonostante questo, sono grato per il ministero dello Spirito Santo che illumina i cuori e li convince di peccato. Inoltre, sono grato per il perdono di Dio e per aver potuto iniziare a fare scelte di vita per mettermi nelle condizioni di fare meglio.
E tu? Quanto è equilibrato il tuo vangelo? Sei stato un portavoce della grazia, ma sei rimasto in silenzio davanti all’ingiustizia? Ti sei sentito a tuo agio con la segregazione della comunità cristiana o con un sottile pregiudizio personale? Per quali cose Dio ti sta chiamando alla confessione, al ravvedimento, e a un nuovo modo di vivere?
E’ davvero meraviglioso e liberatorio sapere che non dobbiamo nasconderci per la vergogna o essere paralizzati dal rammarico, perché Gesù ha preso la nostra vergogna e ha portato il nostro castigo. Colui che ci perdona è con noi ora per darci la forza di vivere in un modo nuovo. Egli non è indifferente e crudele da chiamarci a un compito senza venire con noi e darci tutto quello che è necessario per compierlo.
Prego affinché Dio ci conceda il desiderio e la capacità di parlare e agire fedelmente per questa santa giustizia come abbiamo fatto con la sua grazia che perdona, fino al giorno in cui l’ultimo nemico sarà sotto i piedi del nostro Salvatore e non ci sarà più bisogno del nostro sostegno e della nostra azione.
Paul David Tripp (DMin, Westminster Theological Seminary) è un pastore, scrittore e conferenziere. E’ anche il presidente di Paul Tripp Ministries. Ha scritto alcuni libri di successo sulla vita cristiana, tra cui What Did You Expect?, Dangerous Calling, Genitori cristiani: 14 principi biblici che possono cambiare radicalmente la tua famiglia (ADI-Media, 2018) e New Morning Mercies. Vive a Philadelphia con la moglie Luella e ha quattro figli adulti. Per altre informazioni e risorse, visita paultrippministries.org.
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