La grazia di Dio nella mia anoressia
Se mi avreste conosciuta 13 anni fa, ecco quello che avreste visto: Una cristiana “di successo”, sposata da poco con un pastore in formazione. La responsabile di un vivace ministero per bambini con un futuro brillante davanti. Una persona che sembrava avere tutto sotto controllo.
Ma c’è una parte di me che forse ti sarebbe sfuggita: una giovane donna attanagliata da un disturbo alimentare che le avrebbe quasi tolto la vita.
Come sono arrivata a quel punto, e cosa è cambiato?
Una storia nascosta
Tutto è iniziato quando avevo 13 anni. Fino ad allora avevo trascorso un’infanzia splendida. Sapevo chi ero e qual era il mio posto. Ma quasi dall’oggi al domani, la mia vita iniziò a cambiare. Mio nonno morì. Cambiai diverse scuole. Il mio corpo sembrava fuori controllo—come un'autobotte che sversava carne e ormoni. Alla ricerca di risposte, iniziai persino ad andare in chiesa.
Il Dio di cui avevo sentito parlare era reale e personale, e decisi di seguirlo. Ma col senno di poi, non ci eravamo mai presentati per bene. Nel mio cristianesimo c’era posto per Dio, ma non per Gesù. C’era posto per il peccato e le regole, ma meno per la grazia. Certo, a parole credevo nell’opera che Dio aveva compiuto al posto mio, ma nella pratica stava a me dimostrare il mio valore.
Dunque questo è ciò che feci. Lavorai sodo e ottenni dei premi. Decisi di essere intelligente e carina e, soprattutto, “buona”. Ma niente—che si trattasse di vestiti, amici o denaro—era mai abbastanza. Invece di trovare soddisfazione, ero piena di brame. Non sapevo come chiamarle né dove metterle. Sapevo soltanto questo: erano troppe.
Io ero troppo—troppo bisognosa, troppo intensa, troppo complicata, troppo grassa.
Lotta mortale
Presi dunque una decisione. Invece di lasciare che i miei desideri mi uccidessero, sarei stata io a uccidere loro. Avrei messo a tacere le mie brame e avrei risolto i miei problemi. Sarei diventata magra. L’anoressia appariva come un modo per negoziare con il mondo e renderlo sicuro.
In realtà, l’anoressia mi ha quasi ucciso, per ben due volte.
La prima volta, ero un’adolescente e alcuni specialisti mi costrinsero a mangiare. Misi su peso, ma anche se all’esterno mi sentivo meglio, dentro mi sentivo uguale. Dieci anni dopo, le mie vecchie abitudini si rifecero vive. Io e mio marito stavamo terminando la scuola biblica, e io mi sentivo sopraffatta dalla prospettiva di dovermi inserire in una chiesa nuova e dal mio ruolo di moglie del pastore. Incapace di affrontare la situazione, smisi di mangiare. Alla fine riuscivo a malapena a camminare. Questa volta ero adulta, e sembrava che niente e nessuno potesse aiutarmi.
Poi ricevetti una telefonata dai miei genitori. La mia amata nonna era morta, e io ero troppo debole per andare al suo funerale. Quella sera, davanti alla realtà delle mie scelte, qualcosa in me alla fine cedette. In preda alla disperazione, gridai al Dio da cui avevo cercato di scappare: Ho esaurito le mie risorse, ma se mi vuoi, puoi avere ciò che è rimasto.
Avevo sempre immaginato Dio come un preside che incute timore, un po’ critico e distante. Qualcuno con diritti sulla mia anima, ma non sul mio corpo. Qualcuno che voleva che io facessi certe cose e osservassi le sue regole. Questo Dio mi avrebbe sicuramente punito o voltato le spalle.
Ma non ci fu nessun lampo di luce accecante. Niente fumo o fulmini. Invece, scoprii qualcosa di molto più entusiasmante.
Quello stesso giorno stavo cercando alcune letture per il funerale della nonna e la mia Bibbia era rimasta aperta. Vi lessi queste parole: “Non piangere; ecco, il leone della tribù di Giuda, la radice di Davide, ha vinto” (Apocalisse 5:5).
Le mie dita afferrarono la pagina mentre mi preparavo a incontrare questo leone: un conquistatore glorioso e ruggente. Ma non è così che il brano continua: “In mezzo al trono e alle quattro creature viventi e in mezzo agli anziani, [vidi] un Agnello in piedi, come immolato” (Apocalisse 5:6).
Una nuova consapevolezza
Mentre leggevo, mi sembrava di conoscere Gesù per la prima volta. Invece del sorvegliante severo e distante che mi ero immaginata, ho incontrato una persona completamente diversa. Forte e potente, ma anche spezzata e amorevole. Signore dell’universo, eppure uno che sa cosa vuol dire essere deboli.
Invece del Dio che pensavo di conoscere, in Gesù ho conosciuto colui che conosce me. Questo Gesù si è confrontato con me, non come un tiranno o un aguzzino celeste, ma come un dono. Egli è venuto offrendo se stesso. Sulla croce, la mia cattiveria e i miei tentativi di essere un brava persona sono stati portati via, resi irrilevanti dal suo sacrificio.
Qui c’era un Agnello che mi ha trovato nella mia fragilità. Un Leone che ha sconfitto tutti i miei nemici. Un Dio che si è voltato verso me e mi ha chiamato sua figlia. Basta lottare, sforzarsi, nascondersi e scappare. Basta morire di fame. Non una domanda. Non una richiesta. Un fatto inalterabile.
Questo era il Vangelo che finalmente mi aveva portato sulle mie ginocchia. Mi aspettavo l’ira di Dio, ma sono rimasta sbalordita dalla sua grazia. Qui finalmente c’era qualcuno che poteva soddisfare tutti i miei desideri e tutte le mie brame. Gesù non voleva scuse, buoni propositi o garanzie che sarei stata più brava.
Egli voleva me.
Invece di chiedermi di fare delle opere, mi ha tirato fuori dall’arena. In cambio, egli mi ha fatto solo una domanda: Avrei ricevuto lui? Ero la ragazza che aveva sempre detto “no”. “No” a relazioni e cibo. “No” al rischio, al desiderio, alla vulnerabilità e al bisogno. Ma mentre guardavo lui —il Salvatore che mi conosceva e nonostante questo mi amava—risposi “sì”.
La guarigione è un processo lungo. Impariamo non solo come mangiare, ma anche come vivere. La mia guarigione è iniziata quando ho incontrato Gesù, il Signore che è più bello dell’anoressia. Qualunque sfida affrontiamo, egli è l’Agnello che ci capisce e il Leone che vince.
Emma Scrivener è nata a Belfast, Irlanda del Nord. Ora vive a Eastbourne (Inghilterra) con suo marito Glen e i loro due figli. Emma scrive sul suo blog emmascrivener.net sui temi dell’identità, della fede e della salute mentale. E’ autrice di diversi libri, tra cui A New Name e A New Day.
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