La disabilità è normale?
Quando mio figlio Tim aveva 11 anni, gli dissi che l'avrei iscritto ai Giochi Olimpici Speciali. “Lì ci saranno bambini che hanno la sindrome di Down, proprio come te”. “Non ho la sindrome di Down!” Tim rispose con indignazione. Al che io replicai: “Sì . . . l'hai. Ricordi? Come i tuoi amici Annie, Jonathan e Bradley?” Inclinando la testa, Tim rispose: “Oh! Me ne ero dimenticato! Hai ragione. Capisco quello che vuoi dire!”
Come Tim, anche noi a volte siamo confusi su come la disabilità impatti la vita in questo mondo. Ma è solo quando capiamo come la società occidentale vede la disabilità, e come questa visione è in contrasto con la visione della Bibbia, che possiamo iniziare a comprendere meglio l’esperienza della disabilità e includere in modo più efficace le persone disabili nella chiesa.
Le due dimensioni della disabilità
La disabilità ha due dimensioni. La dimensione funzionale della disabilità riguarda le parti del corpo che non funzionano come ci si aspetta di solito. La dimensione sociale della disabilità riguarda il modo in cui gli altri trattano coloro che soffrono di una condizione invalidante, che spesso rende disabile la persona più della limitazione funzionale di cui soffre. Queste due componenti creano l’esperienza che noi chiamiamo “disabilità”.
Modernismo e disabilità
Quando il modernismo dominava il pensiero occidentale del 20° secolo, la disabilità era vista come un’aberrazione. Nel modernismo, ciò che conta è migliorare l’umanità risolvendo i problemi che possiamo osservare affidandoci alla scienza e alla ragione. In tale contesto, la disabilità—vista come un'aberrazione osservabile —è un “problema” che va eliminato, sistemato o perfezionato per perseguire una visione utopica.
Anche se un approccio modernista può offrire un contributo positivo in termini di terapie utili per le patologie invalidanti, purtroppo è stato anche alla base degli abusi commessi dalla società contro i disabili, tra cui l’eutanasia, l’internamento, la sterilizzazione e l’aborto di bambini a cui erano state diagnosticate patologie invalidanti durante la gestazione. Il modernismo si concentra, quasi esclusivamente, sulla dimensione funzionale della disabilità, sull’invalidità di per sé. Il modernismo vede la disabilità come un aspetto anormale della vita in un mondo normale.
Postmodernismo e disabilità
Il postmodernismo, invece, si concentra quasi esclusivamente sulla dimensione sociale della disabilità. Reagendo ai fallimenti del modernismo, il postmodernismo considera la verità come un’entità personale, fluida anziché come una realtà osservabile, scientifica. Esso mette in evidenza i modi in cui la scienza e la ragione da sole hanno fallito e attribuisce questi fallimenti sociali alla lotta umana per il potere. Secondo la prospettiva postmoderna, ciò che va sistemato non è il corpo umano disabile ma i sistemi all’opera nella cultura.
Gli attivisti per i diritti dei disabili nell’era postmoderna pongono alcune domande molto importanti, come:
Chi decide cosa è o non è una disabilità?
Se il contesto sociale sostenesse pienamente e fosse totalmente premuroso nei confronti delle persone disabili, la disabilità in sé sarebbe importante, in concreto?
Nel pensiero postmoderno, le condizioni invalidanti sono in sé caratteristiche umane neutrali che vanno accolte e addirittura celebrate. Alcuni attivisti postmoderni per i diritti dei disabili descrivono l’invalidità funzionale come non diversa da una variazione del colore dei capelli. Nella visione postmoderna, la disabilità è un aspetto normale della vita in un mondo normale. Abbatti le barriere sociali, e l’essenza della disabilità scompare.
Le due visioni (modernista e postmoderna) sbagliano entrambe. Il modernismo è onesto sulla difficoltà associata alla disabilità. Tuttavia, concentrandosi sulla disabilità e sull’importanza di correggerla, il modernismo fa sentire diverse e inferiori le persone che hanno disabilità diagnosticabili.
Il postmodernismo è onesto riguardo la realtà delle barriere sociali che si traducono nell’oppressione sia passiva che attiva delle persone disabili. Tuttavia, concentrandosi su soluzioni radicate nell’acquisizione e nell’esercizio del potere sociale, il postmodernismo spesso sminuisce il dolore e la sofferenza che accompagnano l’aspetto funzionale della disabilità per le persone disabili e le loro famiglie.
La prospettiva biblica sulla disabilità
Dove sta la verità? La visione biblica della disabilità abbraccia la dignità e la diversità umana pur riconoscendo in modo onesto le reali difficoltà laddove esse sono presenti, sia di tipo funzionale sia sociale. Mantenendo questi elementi nella giusta tensione, la prospettiva biblica afferma che la disabilità è un normale aspetto della vita in un mondo anormale.
La disabilità è normale in quanto è da aspettarsi. Quando ci imbattiamo nella disabilità, essa non dovrebbe sorprenderci o scioccarci. Viviamo in un mondo devastato dagli effetti della caduta sull’umanità e sulla creazione stessa. La disabilità, vista con le lenti della Scrittura, è una forma evidente della fragilità e dei problemi che sono comuni all’esperienza umana. In un mondo distorto, le difficoltà della disabilità derivano legittimamente sia dalla menomazione sia dai modi peccaminosi in cui gli esseri umani si comportano nei confronti di persone che considerano fondamentalmente diverse da loro.
La risposta iniziale di Tim—“Non ho la sindrome di Down!”—potrebbe suonare come una negazione della realtà. Ma ancora oggi all’età di 30 anni, Tim sa che la sua identità non è incentrata sulla sua disabilità, anche se avere la sindrome di Down influenza sia il modo in cui egli sperimenta il mondo sia il modo in cui il mondo si relaziona a lui.
Tim si rende conto, prima di tutto, di essere una persona creata a immagine di Dio. Vivere con lui e prendermi cura di lui per tutti questi anni mi ha insegnato che la chiesa può onorare meglio le persone disabili quando ci ricordiamo questa verità. Le persone disabili, come tutti gli altri uomini, hanno una dignità e uno scopo e hanno bisogno di conoscere Cristo e la sua grazia salvifica.
Prego che, con una prospettiva biblica della dimensione funzionale della disabilità, le nostre chiese potranno entrare nelle difficoltà pratiche che possono sorgere dal vivere con condizioni di disabilità. Inoltre, prego che con una prospettiva biblica della dimensione sociale della disabilità, le nostre chiese si opporranno con forza all’ingiustizia nei confronti delle persone disabili, ovunque essa si trovi. Quando celebriamo le persone disabili come doni meravigliosi di Dio, le amiamo come persone create a immagine di Dio come noi e accogliamo le loro prospettive uniche sulla vita, l’intero corpo di Cristo è benedetto.
Stephanie Hubach è una ricercatrice in ministeri per la disabilità presso il Covenant Theological Seminary ed è l’autrice di Same Lake, Different Boat: Coming Alongside People Touched by Disability (P&R, 2006, 2020) e Parenting & Disabilities: Abiding in God’s Presence (P&R, 2021). Steph e Fred sono sposati da 38 anni e il Signore li ha benedetti con due figli adulti, il più giovane dei quali ha la sindrome di Down. Sono membri della Reformed Presbyterian Church a Ephrata, Pennsylvania. Stephanie è raggiungibile su www.stephaniehubach.com.
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