Cinque miti sul Calvinismo
Mito n°1: Non abbiamo il libero arbitrio.
La Confessione di Fede di Westminster, la dichiarazione confessionale della teologia Riformata predominante nel mondo di lingua inglese, contiene un intero capitolo intitolato “Del libero arbitrio.” Riporto il primo paragrafo di quel capitolo, nella sua interezza:
(9.1) Iddio ha dotato la volontà dell’uomo di una [tale] libertà naturale che non è né costretta [forzata] né determinata da alcuna necessità assoluta di natura al bene o al male.
Analogamente, il capitolo sulla provvidenza di Dio afferma che quando Dio ha ordinato le cose che sarebbero avvenute, “ciò non implica affatto che Dio sia autore del peccato; né che in questo modo Egli forzi la volontà delle creature, o che sia tolta la libertà o la contingenza delle cause secondarie [categoria che comprende la volontà dell’uomo]. Tutto ciò, al contrario, viene stabilito” (3.1).
Questo mito nasce da un cambio di linguaggio che si è verificato nel corso della storia. Oggi, la frase “libero arbitrio” si riferisce alla responsabilità morale. Significa che gli uomini non sono soltanto delle marionette mosse da forze esterne naturali come la loro ereditarietà e il contesto in cui vivono. Ma nel sedicesimo secolo, agli inizi della Riforma, uno dei principali dibattiti verteva sul “libero arbitrio” in un senso completamente diverso. A quei tempi la domanda era se la volontà fosse, per natura, schiava del peccato e prigioniera di Satana. Credere nel “libero arbitrio” voleva dire credere che gli esseri umani non sono nati schiavi di Satana. Negare il “libero arbitrio” voleva dire credere che lo sono. Calvino arrivò a definire la schiavitù della volontà a Satana come “schiavitù volontaria”.
Mito n°2: Siamo salvati contro la nostra volontà.
Così come nella visione Calvinista il controllo di Dio su tutti gli avvenimenti non nega la libera volontà degli esseri umani in generale, l’opera particolare dello Spirito Santo nei cuori dei credenti non nega il loro libero arbitrio. La sezione 10.1 della Confessione di Westminster, che descrive l’opera dello Spirito Santo nella conversione dei peccatori, insiste nel dire che quando lo Spirito “li attira a Gesù Cristo” essi vanno a lui “in modo liberissimo”. Il ruolo dello Spirito è rimuovere il potere del peccato e infondere i nuovi poteri della fede e della fiducia, che conducono inevitabilmente alla fede salvifica. Tuttavia questo accade senza violare la libertà della volontà.
In realtà, l’opera dello Spirito accresce la nostra libertà. La vita naturale dell’uomo è dominata dall’ignoranza, dall’impotenza, dalla frustrazione, dalla costrizione, dall’egocentrismo, dall’individualismo esasperato, dall’illusione e (nel migliore dei casi) dalla rassegnazione. La vita di Cristo che lo Spirito infonde in noi produce una sempre più abbondante conoscenza, forza, autocontrollo, altruismo, diletto, appagamento e gioia. In un certo senso, siamo più liberi di quanto non siamo mai stati – liberi di vivere la vita che abbiamo. In un altro senso, però, chi non sarebbe d’accordo nel dire che la libertà di vivere come uno schiavo è una libertà inferiore a quella di vivere come un dio? (Salmo 82:6, Giovanni 10:34-36)
Mito n°3: Siamo totalmente depravati.
Ok, i famosi “cinque punti del Calvinismo”, almeno nella forma eccessivamente semplificata e molto fuorviante assunta nel ventesimo secolo, iniziano affermando che gli esseri umani nella loro condizione naturale sono “totalmente depravati”. Ma proprio come la frase “libero arbitrio” indicava qualcosa di completamente diverso nel dibattito della Riforma del sedicesimo secolo rispetto ad oggi, la frase “totalmente depravati” nei cinque punti non aveva lo stesso significato di adesso quando la si usa in una normale conversazione.
Quando la gente sente dire che senza la rigenerazione dello Spirito Santo siamo “totalmente depravati”, ovviamente per loro significa che non c’è assolutamente nulla di buono in noi. Oltre a essere falsa nell’esperienza, tale visione è facilmente confutabile con la Scrittura. Paolo dichiara che “gli stranieri, che non hanno legge, adempiono per natura le cose richieste dalla legge” (Romani 2:14). In un senso probabilmente ancora più profondo, siamo ammoniti a non uccidere nessuno perché tutti gli uomini sono creati a immagine di Dio (Genesi 9:6).
Calvino scrisse nelle Istituzioni (Libro II, capitolo 3, paragrafo 3):
In ogni secolo vi sono stati uomini che, ispirati dalla propria natura, hanno ricercato la virtù durante tutta la loro vita, e quand’anche ci sia molto da ridire sui loro costumi, tuttavia hanno mostrato, con quel desiderio di onestà, che una qualche purezza sussisteva nella loro natura ... Questi esempi dunque ci ricordano che non dobbiamo ritenere completamente viziata la natura dell’uomo, dato che, seguendone gli impulsi, alcuni hanno compiuto numerosi atti eccellenti e si sono condotti onestamente per tutto il corso della loro vita. Ma dobbiamo considerare che nella corruzione universale di cui abbiamo parlato, la grazia di Dio si manifesta in qualche modo, non per correggere la perversità della natura, ma per reprimerla e per frenarne la manifestazione.
Numerosi altri esempi dalle Istituzioni e da altri scritti di Calvino confermano questo. Si vedano anche le dichiarazioni della Confessione di Westminster formulate con precisione e accuratezza (16.7), che pure confermano questa visione.
Mito n°4: Dio non ama i perduti.
In ciascuno dei tre casi precedenti, la gente crede che il Calvinismo asserisca X quando in realtà il Calvinismo nega strenuamente X. Tuttavia, la questione se Dio ama i perduti è diversa. Il Calvinismo non prende posizione in merito, né da una parte né dall’altra. Calvino stesso non trattò la questione perché l’interrogativo non era ancora stato sollevato durante la sua vita. Furono le generazioni successive di Calvinisti, meditando sulla dottrina Calvinista, che iniziarono a chiedersi se Dio ama coloro che non ha scelto di salvare. Chiedi a cento Calvinisti se Dio ama i perduti e riceverai cento risposte diverse.
La questione fu discussa durante la stesura della Confessione di Westminster. Alla fine i suoi autori preferirono non prendere posizione su questa questione, tuttavia scelsero un linguaggio che quantomeno propende verso la posizione che Dio ama i perduti (per esempio, descrive il dono della legge morale all’umanità come una benedizione gratuita, immeritata; si veda 7.1 e 7.2). Altre confessioni storiche Calviniste, come i Canoni di Dort, appoggiano apertamente la visione che Dio ama i perduti, mentre nessuna confessione Calvinista ha mai appoggiato in modo esplicito la visione opposta.
Mito n°5: Il Calvinismo si preoccupa soprattutto della sovranità di Dio e della predestinazione.
Naturalmente non c’è nessuna prova assoluta e incontestabile di quella che è o non è la “preoccupazione principale” di una tradizione teologica. E’ una valutazione soggettiva, tuttavia penso che la questione sia piuttosto chiara se si studia seriamente il Calvinismo.
Il Calvinismo ha una particolare visione—una visione particolarmente “alta”, come si usa dire—della sovranità di Dio e della predestinazione. Ma questa visione non era l’unico contributo teologico a caratterizzare il Calvinismo; né era la questione che Calvino o i suoi seguaci (da allora fino ad oggi) ritenevano fosse la più importante. L’“alta” considerazione della sovranità e della predestinazione era già stata ben elaborata da Agostino agli inizi del quinto secolo. Generazioni successive di Agostiniani avrebbero elaborato e discusso le diverse applicazioni di questa dottrina in altri campi della teologia. Il più illustre tra questi fu Martin Lutero, non Calvino.
Ciò che davvero distingue Calvino come teologo, e il Calvinismo come tradizione teologica, è la sua peculiare “alta” dottrina dell’opera dello Spirito Santo. In tutti i campi della teologia in cui Calvino apportò i suoi contributi più brillanti, come la sua dottrina della scrittura o la sua dottrina della chiesa e dei sacramenti, è possibile notare che la sua analisi è guidata dall’esaltazione dell’opera dello Spirito. Anche limitandoci ad osservare la sua concezione della salvezza, ciò che rende il Calvinismo inconfondibilmente Calvinistico non è principalmente la sua dottrina dell’opera del Padre nell’elezione, ma la sua dottrina dell’opera dello Spirito nella rigenerazione. Questo era il giudizio dato da B. B. Warfield nel suo trattato “Giovanni Calvino il teologo”. E questa predominanza dello Spirito nel pensiero di Calvino è rispecchiata in tutta la Confessione di Westminster e in altri documenti e confessioni Calviniste.
Greg Forster (PhD, Yale University) è il direttore di Oikonomia Network al Center for Transformational Churches alla Trinity International University. E’ un Membro Anziano della Friedman Foundation for Educational Choice, il curatore del blog Hang Together, e un apprezzato conferenziere.
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