Cinque lezioni dal ministero di Spurgeon durante un'epidemia di colera
Mentre le notizie sul coronavirus si diffondono in tutto il mondo, pastori e leader di chiesa stanno discutendo su come reagire all’epidemia/pandemia. Nel corso della storia della chiesa, molti pastori hanno affrontato sfide simili. Come giovane predicatore di villaggio, Charles Spurgeon nutriva una particolare ammirazione per i ministri puritani che restarono nelle retroguardie per prendersi cura dei malati e dei moribondi durante la grande peste di Londra del 1665.
Nell’autunno del 1854, il neo pastore della New Park Street Chapel di Londra guidò la congregazione nel mezzo di una grave epidemia di colera scoppiata nel quartiere di Broad Street, appena oltre il fiume Tamigi.
Come reagì Spurgeon?
1. Diede la precedenza al ministero locale.
Scrisse Spurgeon:
Durante quell’epidemia di colera, sebbene avessi molti impegni in giro per il paese, rinunciai ad essi per restare a Londra a visitare i malati e i moribondi. Ritenevo fosse mio dovere essere presente sul posto in un momento di malattia, di morte e di sofferenza del genere.
Per tutto il suo pastorato a Waterbeach, la popolarità di Spurgeon era cresciuta in tutti i villaggi del distretto di Fenland alla periferia di Cambridge. Anche dopo il suo arrivo a Londra, continuò a essere invitato a predicare in quei villaggi durante la settimana. Tuttavia, durante l’epidemia Spurgeon comprese la sua responsabilità di essere presente con i malati e i moribondi. Non era il momento di fare il predicatore itinerante; era il tempo di dare la precedenza alla cura della sua chiesa e della comunità in cui viveva. Non delegò questo compito ai suoi diaconi o agli altri leader della chiesa, ma rimase a Londra per compiere il suo dovere.
2. Adattò alla situazione le riunioni della sua chiesa, che continuò a riunirsi.
L'epidemia di colera di Broad Street del 1854 ebbe luogo nei mesi di agosto e settembre di quell’anno, e le sue conseguenze si fecero sentire nelle settimane e nei mesi successivi. Il quartiere in cui la chiesa di Spurgeon svolgeva le sue riunioni non era stato messo in quarantena, così la chiesa potè continuare a riunirsi durante quei mesi. Stranamente non ci è giunta alcuna documentazione dei sermoni che Spurgeon predicò durante quei giorni. Probabilmente l’epidemia costrinse la congregazione a modificare alcune delle precedenti consuetudini, inclusa la trascrizione dei sermoni. Inoltre, è probabile che Spurgeon fosse troppo occupato in quei giorni per revisionare i sermoni per la pubblicazione.
Sappiamo però che la congregazione continuò a riunirsi durante quei giorni, perché i libri dei verbali della chiesa contengono testimonianze di riunioni congregazionali per tutto l’autunno del 1854. Quei libri documentano che, in mezzo a tutte le sfide pastorali legate all’epidemia, Spurgeon e i suoi diaconi continuarono ad accogliere nuovi membri, a dedicarsi ai membri non attivi, a osservare la Cena del Signore e a svolgere tutte le altre normali attività di una chiesa. Non solo questo, ma in retrospettiva fu soprattutto durante questo periodo, quando notizie di morte imperversavano in tutta la città, che Spurgeon constatò che i londinesi erano più ricettivi al vangelo:
Se c’è un tempo in cui lo spirito dell’uomo è sensibile, è quando fuori c’è la morte. Ricordo, quando mi recai a Londra per la prima volta, con quanta preoccupata attenzione la gente ascoltava il vangelo, perché il colera stava infuriando terribilmente. Gli schernitori erano ben pochi.
In altre parole, non solo Spurgeon riunì la sua chiesa durante l’epidemia, ma vide queste riunioni come un’opportunità straordinaria per predicare il vangelo.
Considerate le nostre attuali limitazioni, le opportunità più grandi probabilmente le avremo nel periodo immediatamente successivo all’epidemia, quando (per la grazia di Dio) la chiesa potrà riunirsi di nuovo. Queste riunioni non saranno soltanto un piacevole ricongiungimento del popolo di Dio, ma anche una straordinaria opportunità di predicare il vangelo a quanti sono alla ricerca disperata di speranza.
3. Si prese cura dei malati.
Come pastore, Spurgeon non solo continuò a riunire la sua chiesa, ma si rese anche disponibile durante la settimana, lavorando instancabilmente per visitare i malati e le persone colpite dal lutto:
Nell’anno 1854, quando mi trovavo a Londra da nemmeno dodici mesi, il quartiere in cui lavoravo fu colpito dal colera asiatico, e la mia congregazione soffrì per l’avanzata di questa epidemia. Una famiglia dopo l’altra mi chiamava al capezzale delle persona colpite, e quasi ogni giorno ero chiamato a visitare la tomba di qualcuno.
Durante queste visite, Spurgeon pregava con gli ammalati e con le persone in lutto, additando loro la speranza del vangelo. Ma oltre a portare il contenuto del vangelo, la sua presenza comunicava qualcosa del conforto di Dio al suo popolo. Anche se queste visite erano spesso piene di paura e dolore, non mancarono gloriose occasioni di fede e gioia:
Tornai a casa, ma presto dovetti uscire di nuovo; questa volta per visitare una giovinetta. Anche lei era in fin di vita, ma fu una bella visione. Ella stava cantando—nonostante sapesse che stava per morire—e parlava a quelli che la circondavano, dicendo ai suoi fratelli e alle sue sorelle di seguirla in cielo, dando l’addio al padre, tutto questo mentre sorrideva come se fosse stato il giorno del suo matrimonio. Era felice e beata.
Anche se i pastori sono limitati nella loro capacità di essere fisicamente presenti con la loro gente nell’epidemia attuale, devono continuare a restare in contatto con le persone, specialmente con i più vulnerabili. Mediante l’utilizzo della tecnologia e degli altri mezzi di comunicazione, abbiamo la responsabilità di pascere il nostro gregge in questa prova.
4. Era aperto a nuove opportunità evangelistiche.
Spurgeon non si limitò semplicemente a visitare i membri della sua congregazione, ma fu disposto a visitare “persone di ogni ceto e religione”:
Tutto il giorno, e a volte anche la notte, andavo di casa in casa, e vidi uomini e donne nel loro letto di morte. Oh, quanto erano felici di vedere il mio volto! Mentre in molti avevano timore di entrare a casa loro per non venire contagiati da quella malattia mortale, noi che non avevamo questa paura sapevamo di essere ascoltati molto volentieri quando parlavamo di Cristo e delle cose di Dio.
In un’occasione, alle 3 di notte, Spurgeon fu chiamato a visitare un uomo che stava morendo. Sorprendentemente, non si trattava di un cristiano, ma di una persona che lo aveva osteggiato:
Quell’uomo, durante la sua vita, era solito schernirmi. Spesso mi aveva accusato, non senza usare parole pesanti, di essere un ipocrita. Tuttavia, non fu prima di essere colpito dai dardi della morte che egli cercò la mia presenza e il mio consiglio, sentendo indubbiamente in cuor suo che io ero un servo di Dio, anche se non si curò di ammetterlo con le sue labbra.
Spurgeon partì subito, ma quando arrivò c’era ben poco che potesse fare.
Mi misi al suo fianco e gli parlai, ma non mi rispose. Parlai di nuovo; ma l’unica consapevolezza che aveva era un presentimento di terrore, misto allo stupore per la morte imminente. Presto, anche quello se ne andò, perché i sensi lo avevano abbandonato, e rimasi lì per qualche minuto, sospirando con la povera donna che aveva vegliato su di lui, del tutto privo di speranza per la sua anima.
Non ogni opportunità evangelistica avrà come risultato conversioni sensazionali, ma in tempi di malattia potrebbero comunque presentarsi opportunità sorprendenti. Perciò, approfitta di ogni opportunità che ti capita per predicare il vangelo a chi è spaventato.
5. Affidò la sua vita a Dio.
Mentre Spurgeon si dedicava alla sua opera pastorale, cominciò presto a esaurirsi fisicamente e mentalmente. Iniziò anche a temere per la sua salute. Ma nel mezzo delle sue paure imparò ad affidarsi a Dio e alla sua fedeltà:
All’inizio, mi diedi con ardore giovanile alle visite dei malati, e venni chiamato da ogni parte del distretto per recarmi da persone di ogni ceto e religione; presto però il mio corpo si indebolì e mi demoralizzai. I miei amici sembravano cadere uno dopo l’altro, e sentivo che mi stavo ammalando come quelli intorno a me. Un pò più di lavoro e di pianto mi avrebbero gettato a terra insieme agli altri; sentivo che il mio peso era più grande di quanto potessi portare, e che stavo per soccombere sotto tutto quel peso.
Stavo tornando mestamente a casa da un funerale, quando Dio volle che la mia curiosità mi spinse a leggere un foglio che ricopriva la vetrina di un calzolaio in Great Dover Road. Non assomigliava a un annuncio commerciale, né lo era, perché in esso vi erano ben trascritte a mano in grassetto queste parole: “Poiché tu hai detto: ‘O Signore, tu sei il mio rifugio’, e hai fatto dell’Altissimo il tuo riparo, nessun male potrà colpirti, né piaga alcuna s’accosterà alla tua tenda”.
L’effetto di queste parole sul mio cuore fu immediato. La fede si appropriò di questo brano facendolo suo. Mi sentii sicuro, rinvigorito, avvolto di immortalità. Continuai le mie visite ai moribondi, con uno spirito calmo e pacifico; Non avevo nessuna paura del male, e nessun male mi colpì. Riconosco con gratitudine che fu la Provvidenza a spingere quel bottegaio a mettere quei versetti nella sua vetrina; e in rimembranza della sua mirabile potenza, io adoro il Signore mio Dio.
Spurgeon qui non promette che nessun cristiano non morirà mai di malattia. Piuttosto, il cristiano “non ha da temere [la malattia], poiché non ha niente da perdere, ma tutto da guadagnare, con la morte”.
Ancora una volta, i pastori devono esercitare saggezza e adottare le opportune precauzioni nel prendersi cura dei malati. Allo stesso tempo, la nostra sicurezza non può essere riposta in quelle precauzioni; deve essere riposta in Dio. Mentre affidiamo a lui le nostre vite e portiamo avanti fedelmente le nostre responsabilità, abbiamo l’opportunità di dimostrare che cosa vuol dire avere speranza e pace quando la morte imperversa.
Ministero ordinario in tempi straordinari
Sotto molti aspetti, l’esempio di Spurgeon durante l’epidemia di colera del 1854 segue il modello del normale ministero pastorale in qualsiasi occasione. I pastori devono essere presenti con la loro gente, prendersi cura di chi soffre, essere fedeli nell’evangelizzazione, ed essere un esempio di fiducia in Dio in tutto questo. La differenza principale è che durante un’epidemia, la realtà della sofferenza e della morte è intensificata. L’opera del pastore diventa quindi più intensa e urgente, e le opportunità per il vangelo si moltiplicano.
Il nostro obiettivo nel guardare alla storia della chiesa certamente non consiste solo nel copiare tutto quello che è stato fatto prima. L’attuale epidemia di coronavirus presenta sfide uniche che i pastori che ci hanno preceduto non hanno affrontato. Dobbiamo esercitare la saggezza necessaria per i nostri giorni. Il cuore del nostro ministero resta però lo stesso: predicare il vangelo.
Parlando nel 1866, nel mezzo di un’altra epidemia di colera, Spurgeon diede questo incarico ai pastori e a tutti gli altri cristiani:
Ministri del vangelo, questa è di nuovo la vostra ora; questo è il momento per tutti voi che amate le anime. Potreste vedere gli uomini ancora più allarmati di quanto già non lo siano; e se tali dovessero apparirvi, approfittate dell’occasione per fare loro del bene. Avete il balsamo di Galaad; quando le loro ferite bruciano, versatelo. Voi conoscete Colui che è morto per salvare; parlate di Lui. Innalzate la croce davanti ai loro occhi. Dite loro che Dio si fece uomo affinché l’uomo potesse andare a Dio. Parlate loro del Calvario, dei suoi gemiti, delle sue grida, e del sudore simile a grosse gocce di sangue. Parlate loro di Gesù appeso alla croce per salvare i peccatori. Dite loro che: “C’è vita per uno sguardo rivolto al Crocifisso”.
Dite loro che egli è in grado di salvare perfettamente quelli che per mezzo di lui si avvicinano a Dio. Dite loro che egli può salvare anche all’undicesima ora, e che può dire al ladrone morente: “Oggi sarai con me in paradiso”.
Geoff Chang è pastore associato della Hinson Baptist Church di Portland (Oregon). Si sta laureando in storia della chiesa al Midwestern Baptist Theological Seminary.
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