Cantare con l’apostolo Paolo

Nell’anno 112 d.C., Plinio il giovane (Governatore della provincia di Bitinia) scrisse una lettera all’Imperatore Romano Traiano, nella quale gli chiedeva come comportarsi con i cristiani che egli stava interrogando e torturando. In questa lettera, Plinio descrive alcune delle peculiarità della comunità cristiana. Egli osserva che i primi cristiani cantavano “a Cristo come se fosse un dio”, facendoci capire che la liturgia musicale era una parte fondamentale delle riunioni della chiesa primitiva.

Le lettere di Paolo confermano questa realtà. Paolo scrive con un ritmo e una cadenza che talora sfociano in canti (vedi Efesini 1:3-14, 3:20-21; 1 Timoteo 3:16). I suoi interludi musicali sono Cristocentrici, ecclesiologicamente accurati e condizionati dalla missione. Essi ricordano ai cristiani e ai fondatori di chiesa di oggi ciò che ci è stato acquistato da Cristo, portandoci ad apprezzare il privilegio di essere collaboratori di Dio nella sua missione.

Canti sul Figlio

Colossesi 1:15-20 e 3:15-17 usano la musica per mostrare la centralità e la supremazia di Cristo. Non c’è realtà nella quale la sua signoria non si estenda. In Colossesi 1:15-20, Paolo usa ripetutamente il pronome “lui” e l’aggettivo “tutte” per sottolineare la preminenza di Cristo. La collocazione dell’inno all’interno della lettera indica che l’apostolo utilizza questo canto Cristologico per radicare la comunità in Cristo (vedi Colossesi 2:6-7). Questa prospettiva ci aiuta a ricavare lezioni per il ministero pastorale e la fondazione di chiese.

Primo, Cristo è chiaramente la fonte della vita e il capo della chiesa (Colossesi 1:18). Perciò, la fondazione di chiese non inizia dagli sforzi di chi la fonda ma è una conseguenza di ciò che Dio ha compiuto in Cristo. Cristo edifica la sua chiesa (Matteo 16:18); il fondatore non è altro che un bimbo invitato dal Signore sovrano a collaborare in quest’opera. Secondo, Cristo sostiene tutte le cose (Colossesi 1:17). La salute delle nostre chiese e il loro radicamento nel Vangelo dipendono quindi da colui nel quale “sussistono tutte le cose”. Terzo, Paolo scrive in modo dossologico. Le sue parole scaturiscono dall’adorazione. L’apostolo, scrivendo, canta di Dio, modellando così il modo in cui anche noi dovremmo cantare le parole, le opere e le meraviglie del Signore nella nostra testimonianza del Vangelo.

Canti ispirati dallo Spirito

In Efesini 5:18-21, Paolo illustra dettagliatamente i tratti distintivi di una comunità ripiena di Spirito. Parlarsi gli uni gli altri con salmi, inni e cantici spirituali, e cantare e salmeggiare al Signore si pone in netto contrasto con una vita dissoluta. Paolo ci dice che coloro che camminano guidati dallo Spirito cantano gli uni agli altri e salmeggiano al Signore (Galati 5:25-26). Una vita ripiena di Spirito ha come evidenza relazioni salde e santificate e gratitudine a Dio.

Le tante richieste associate al fondare una chiesa possono essere un grosso peso per il cuore. Esse sono fonte di stress indicibile per le famiglie e possono mettere a dura prova amicizie di vecchia data. Come Paolo, che serviva Dio con gruppi di servitori composti da colleghi e amici, il fondatore di chiesa si affida a una rete di relazioni per fare avanzare il Vangelo nel suo contesto. Alla luce delle prove, delle tentazioni e delle tempeste che accompagnano la fondazione di una chiesa, l’apostolo Paolo ci ricorda di cantare. Dobbiamo cantare gli uni agli altri e a Dio —cantare del Vangelo con melodie e inni ispirati dallo Spirito.

Mentre cantiamo, esprimiamo la nostra gratitudine a Dio anche mentre camminiamo nella valle dell’ombra della morte. Possiamo anche incoraggiarci gli uni gli altri a rimanere saldi nella nostra fede intonando salmi e cantici spirituali.

Canti di servizio

Filippesi 2:5-11 ci parla della condiscendenza di Cristo nel prendere la forma di un servo per servire e salvare coloro che erano schiavi del peccato. La sua discesa dalla gloria mette in evidenza un atteggiamento contro-culturale: Cristo rinuncia all’onore e alla gloria per amore dell’umanità. Cristo è l’esempio del servizio, un servizio che egli assolve fino alla morte. Quando applichiamo queste parole musicalmente influenzate agli sforzi del nostro tempo nel campo della fondazione di chiese, sentiremo ritornelli di umiltà, sacrificio e reciprocità.

La tentazione ad esagerare l’importanza del nostro ruolo e della nostra influenza è pericolosa come viaggiare su un’auto con le gomme a terra. È un esercizio in vanagloria, che ci impedisce di vedere il precipizio alla fine della strada, è una catena di montaggio di idoli che focalizzano la nostra adorazione sulle cose create invece che sul Creatore. Per combattere questa tentazione, Paolo ci dice di avere lo stesso sentimento che è stato in Cristo (Filippesi 2:5). Egli canta riguardo all’avere un atteggiamento umile che ci porta a stimare gli altri superiori a noi stessi (Filippesi 2:3). Quando abbiamo un tale atteggiamento, ci ritroveremo ad essere motivati dall’umiltà del vangelo invece che da competizione, gelosia e orgoglio. L’umiltà è la regina delle virtù. Essa ci rende ben disposti a servire Dio insieme agli altri. Essa è motivata da Cristo e lo colloca al centro del quadro di redenzione divino.

Come Plinio notò quasi 2.000 anni fa, i canti di adorazione che la chiesa intona a Cristo sono notevolmente diversi dal canto delle sirene del mondo. Come Paolo, cantiamo anche noi la nostra gioia nell’umiltà e nella supremazia del nostro Salvatore mentre ci affatichiamo per farlo conoscere nel mondo.


Batanayi I. Manyika è preside di facoltà del South African Theological Seminary (SATS). Ha compiuto studi teologici presso University of Wales, Stellenbosch University e ha conseguito un dottorato in Nuovo Testamento presso SATS. È un consigliere di Acts 29 Africa Meridionale. Bat è stato leader di chiesa nel Regno Unito, Zimbabwe e Sudafrica. È sposato con Vanesha, con la quale vive nel nord della Francia.

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